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Poletti: Jobs Act, il Veneto ha aperto la strada
Martedi 24 Marzo 2015 alle 09:45 | 0 commenti
Si dice soddisfatto della partenza sprint in Veneto del Jobs Act. Ma spegne subito l’idea di un’equiparazione tra vecchi e nuovi rapporti di lavoro, applicando ai primi le norme dei secondi. Mentre invece appare favorevole ad un’iniziativa tra sindacati e imprese per accelerare la conversione delle collaborazioni verso le Tutele crescenti. Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, approda a Verona, nella giornata inaugurale del Vinitaly.
 E a chi, per scaldare l’ambiente, gli chiede quale sia il suo vino preferito, suggerendo che siamo in terra d’Amarone, lui ricorda il suo lavoro per creare il Pignoletto, il bianco dei colli intorno a Bologna divenuto da tempo un vino fresco che ha conquistato un suo spazio. Ma al di là del giro istituzionale tra gli stand, il tema resta il Jobs Act. Soprattutto nella regione che ci ha creduto più di tutte fin da subito, con assunzioni già fatte ancor prima del decreto sulle Tutele crescenti, quando c’erano solo gli sgravi inseriti nella Legge di stabilità . I primi dati elaborati dell’agenzia Veneto Lavoro parlano di un’accelerazione delle assunzioni a tempo indeterminato, rispetto ad un anno prima, del 18% a gennaio e del 45% a febbraio, cinquemila contratti in più rispetto all’anno scorso (23 mila contro 17.800), che riportano i saldi tra assunzioni e licenziamenti decisamente in positivo. Non succedeva da tempo. Ed anche di una proroga inusuale dei contratti a tempo determinato (+38% a gennaio, +47% a febbraio) che lascia presagire una loro trasformazione a tempo indeterminato, dopo il via libera alle Tutele crescenti. «Sì, sono soddisfatto dei dati che arrivano dal Veneto, e ora anche da Emilia e Lombardia - replica il ministro -. Devo esprimere un forte apprezzamento: davvero gli imprenditori veneti - dal presidente Roberto Zuccato agli altri, e sono stato di recente a Vicenza - hanno fatto questa scelta sul Jobs Act, nella convinzione di un cambiamento in arrivo per l’economia veneta. Che fosse cioé in rampa di lancio un miglioramento». Perché, aggiunge il ministro, «Un conto è lavorare sulle trasformazioni dei contratti, un conto è far nuove assunzioni, che è sempre un’assunzione di responsabilità importante. La legge da sola non risolve i problemi, se non sei convinto che le cose stanno migliorando». Certo, i primi a partire con le assunzioni, sull’onda della decontribuzione già disponibile a gennaio, speravano nella retroattività delle tutele crescenti. «Purtroppo non è possibile - risponde Poletti -. Trattandosi di una legge-delega collegata ad un decreto delegato, l’entrata in vigore avviene con la pubblicazione: è una regola che non dipende da noi». E poi tra le righe, a parlare con gli industriali veneti, emerge l’altro problema. L’attesa per un’armonizzazione tra vecchi contratti e assunzioni a Tutele crescenti, anche in chiave di parità di trattamento. Con la richiesta prima o poi di applicare anche ai vecchi assunti le regole sulle Tutele crescenti. Su questo però Poletti chiude la porta: «Il problema dal mio punto di vista non si pone - sostiene il ministro -. Abbiamo fatto una scelta precisa, dicendo che chi ha un trattamento lo mantiene mentre applichiamo il nuovo contratto a chi non ce l’ha. Pensiamo sia una scelta stabile. Poi, per carità , il tempo può sempre produrre cambiamenti. Ma non nelle nostre intenzioni». Quello che il ministro vede invece con favore è la possibilità , come chiesto dalla segretaria regionale Cisl, Franca Porto, di un’iniziativa comune con gli imprenditori per accelerare le conversioni sui posti di lavoro: «Al ministro va sempre bene, se le parti discutono e trovano intese. Il mio problema è creare lo scenario in cui questo confronto possa avvenire. Ma quando questo c’è, le parti fanno bene a discutere». Sullo sfondo la questione di Garanzia Giovani, che non sembra decollare. Anche in Veneto, dove solo 4.200 dei 33 mila che hanno aderito sono impegnati tra formazione e tirocini. Una linea che Poletti contesta decisamente: «Non è così. Garanzia Giovani sta andando meglio di come siamo abituati a raccontarla. Non si era mai visto in Italia un programma con 450 mila giovani iscritti, 250 mila die quali già presi in carico dai servizi regionali, con 40 mila giovani a cui è stata fatta una proposta di impegno». Resta che lo scarto appare ampio. «Ci vuole tempo - replica il ministro -. Siamo partiti che non c’era niente: non avevamo mai fatto programmi come questo. Abbiamo costruito una macchina, l’abbiamo messa in moto e lanciata. E guardate che se si va avanti ai ritmi attuali, con 12 mila giovani che entrano nel programma ogni settimana, noi avremo il problema opposto, quello di non aver più i soldi per svolgere i servizi ai giovani; e non a caso abbiamo già chiesto all’Ue di avere altre risorse. Con Garanzia Giovani siamo partiti anche se c’erano Regioni che dicevano di non esser pronte: se non si iniziava, non lo sarebbero state mai. Poi Regioni più forti, come Veneto e Lombardia, hanno dato risultati prima; le altre stanno arrivando. Altro che flop. Questo diventerà il modo per fare stabilmente politiche attive per i giovani».
di Federico Nicoletti dal Corriere del Veneto
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