Piccole imprese, quelle che parlano straniero
Giovedi 9 Luglio 2009 alle 08:15 | 0 commenti
Il numero di imprese gestite da migranti è in continua crescita e ormai sono al 5 per cento del totale. Edilizia e commercio i settori più gettonati. Ma la crisi li colpisce in modo particolare
Berlusconi ha sollevato un polverone, qualche settimana fa, con le sue dichiarazioni su una Milano fin troppo africana. Ma il presidente del Consiglio scopre l'acqua calda. Da anni ormai, per non dire da decenni, la presenza di migranti è una componente fissa del nostro mondo economico, e non solo nelle vesti di braccianti o operai. Anche nella piccola e periferica Vicenza, negozi e piccole imprese gestite da persone straniere sono una presenza abituale: la rivendita di kebab accanto alla pizza al taglio, il piccolo bazar etnico a lato della tabaccheria, il padroncino che viene dai Balcani impegnato fianco a fianco con l'artigiano vicentino doc. Anzi, il fatto è così consolidato che ultimamente abbiamo visto alcuni dei locali più trendy passare nelle mani di imprenditori stranieri: un destino che è toccato prima ai Nodari e poi al Circus, tutti e due acquisiti da dei cinesi. Ma a parte i casi eclatanti, in che situazione si trova l'imprenditoria immigrata?
Piccoli imprenditori
Una prima risposta può arrivare dai dati della camera di commercio. Al 31 marzo 2009, erano registrate 6450 imprese gestite da cittadini stranieri, su un totale di poco superiore alle 130 mila. Il dato va preso un po' con le pinze, perché si basa sul luogo di nascita del titolare dell'impresa: e quindi conteggia chi è nato all'estero indipendentemente dal fatto che questi abbia poi acquisito la cittadinanza italiana, mentre non conteggia i cittadini stranieri ma comunitari (come i rumeni, tanto per citare una delle comunità più numerose). Qualche indicazione la si può comunque trarre. Intanto, che le cifre sono in continua crescita: al 31 marzo del 2008, le imprese straniere registrate in camera di commercio erano infatti 6142. In un anno, quindi, sono aumentate di 300 unità , nonostante la crisi e il periodo nero dell'economia, arrivando ad essere ormai il 5 per cento del totale. Se si vanno ad osservare le nazionalità , la parte del leone spetta ai serbi, con oltre mille titolari di partite Iva; i cinesi 511, i marocchini 505, mentre albanesi, bengalesi, bosniaci e indiani si attestano attorno alle due-trecento unità . Quanto ai settori in cui gli stranieri trovano spazi, il settore delle costruzioni assorbe ben 2060 imprese, praticamente un terzo del totale. Seguono il commercio all'ingrosso e al dettaglio, con 1500 attività e le altre attività manifatturiere con poco più di 1000 imprese. Più distanti, invece, le attività immobiliari o di noleggio (685), quelle di trasporto e magazzinaggio (435), gli alberghi e la ristorazione (circa 381) e le attività di servizi e pubblicità (un centinaio).
Una fotografia confermata anche dall'Associazione Artigiani, che tra i propri iscritti stranieri ha piccoli imprenditori attivi soprattutto nel mondo dell'edilizia oppure, con numeri minori, delle pulizie e dei trasporti. Settori in cui è più semplice avere già una preparazione professionale, e in cui l'impegno finanziario iniziale non è troppo oneroso. Secondo le stime dell'Associazione, gli artigiani stranieri nel vicentino sono quasi 1400, concentrati soprattutto nei mandamenti di Vicenza, Schio, Thiene, Lonigo e Arzignano. Oltre la metà lavorano nell'edilizia (il 32 per cento sono edili veri e proprio, mentre il 26 per cento è attivo nei servizi collegati all'edilizia); gli altri si distribuiscono nel settore metalmeccanico (circa il 10 per cento), nei servizi per l'estetica e l'igiene e nei trasporti (tutti e due con percentuali attorno al 5 per cento), e in misura minore nella chimica, nella riparazione di impianti e nella lavorazione del legno. Qualcuno comincia anche a lavorare nel campo dei metalli preziosi, e uno ha aperto un'attività nella riparazione di autoveicoli. A livello di nazionalità , tra gli iscritti dell'Assoartigiani in quasi tutte le categorie dominano le persone provenienti da paesi dell'ex Jugoslavia o da nazioni dell'Est. Con una eccezione: la chimica, dove un terzo degli imprenditori stranieri è indiano.
Come si vede, una realtà estremamente composita, articolata, e in continua espansione, anche se il boom che si registrava fino a qualche anno fa è ormai un ricordo. Adesso il problema, caso mai, è far sopravvivere l'azienda. "Molti lavorano nell'edilizia e nelle attività collegate - spiega Alberto Bordignon, che segue questo settore per l'Associazione Artigiani -, e quindi risentono della forte crisi di questi mesi. Il problema principale è quello del pagamento: non riescono a farsi pagare, anche perché spesso sono l'ultimo anello della catena, lavorando per altre ditte che a loro volta sono in difficoltà . Così c'è chi tenta di allargare il proprio raggio d'azione, magari andando fuori provincia, ma la situazione è complicata, e la variabile decisiva sarà il tempo: bisognerà vedere, cioè, quanto durerà questa crisi". Poi c'è anche chi si mette in proprio per cercare di garantirsi un reddito e quindi il rinnovo del permesso di soggiorno: ma anche questa è una scommessa molto difficile. E molto spesso destinata all'insuccesso.
E i negozi?
Accanto all'edilizia, l'altro settore tradizionale per i migranti che si mettono in proprio è quello del commercio. Qui uno spaccato abbastanza attendibile è quello che si ricava dai dati in possesso del comune ed elaborati dagli uffici dei settori statistica e sviluppo economico. In città ci sono dunque 118 esercizi commerciali gestiti da stranieri, concentrati in gran parte nei settori dell'alimentare (38 negozi) e dell'abbigliamento (35). Il resto è sparpagliato tra negozietti di chincaglieria (9), prodotti tessili (5), profumerie, bigiotterie e macellerie (4 ciascuna ) e altre attività minori, spesso lontane dai classici stereotipi sui negozi stranieri: ci sono ad esempi librerie, edicole, rivendite di ricambi per veicoli e anche un distributore di benzina. Dalle tabelle, si ricava anche qualche indicazione su quali siano i settori preferiti da certe nazionalità . La Cina, che con 26 attività è la più rappresentata, domina il settore dell'abbigliamento (19 negozi); il Bangladesh e il Pakistan sono presenti soprattutto nel settore alimentare (rispettivamente 8 e 5 negozi), la Nigeria nell'abbigliamento (5), mentre il Marocco si divide equamente tra alimentari, macellerie, abbigliamento e chincaglieria.Â
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