Piano faunistico veneto, Coldiretti Vicenza: pochi spiccioli agli agricoltori e tempi biblici per il rimborso
Martedi 25 Novembre 2014 alle 15:13 | 0 commenti
Coldiretti Vicenza - I danni all’agricoltura causati dalla fauna selvatica valgono una media di due milioni l’anno per un contributo erogato inferiore a 200 mila euro. Agli agricoltori non viene stornato nemmeno il 10% del valore alla luce di una proposta in assestamento di bilancio che conferma i pochi spiccioli da assegnare agli imprenditori. “Nessuna intenzione di affrontare il problema – sottolinea Martino Cerantola, presidente provinciale di Coldiretti Vicenza – che in questa annata è costato 50 mila euro agli allevatori solo a causa delle incursioni dei grandi carnivori, a cui si devono aggiungere le perdite subite a causa di lepri, cervi, cinghiali, corvidi e via dicendoâ€.
Per citare un caso emblematico, basta pensare che dopo anni di protezione sul destino della nutria interviene il legislatore nazionale, rendendola specie da eradicare, dimostrando cosi piena coscienza della tutela del territorio, Coldiretti continua a rimarcare l’assenza dal 2010 di un adeguato ristoro economico al produttore, che fa prima a vincere la burocrazia per ottenere i finanziamenti europei che farsi rimborsare un vitello divorato da un canide. “Un Piano faunistico regionale senza innovazione nella strumentazione e con l’erogazione di risorse in tempi biblici – prosegue il presidente Martino Cerantola – specie se si considera che nel 2012 il contributo ammissibile era più di un milione trecento mila euro, ma la disponibilità era meno del 20%. Il danno è sempre superiore al contributo ammissibile perché per norma non si può che erogare fino al 60%, cosi che in realtà , la disponibilità copre appena il sei per centoâ€. Coldiretti ritiene si tratti di un intervento irrisorio, per certi versi offensivo: ad esempio per valore di duemila euro, l’imprenditore si vede recapitare un bonifico di 120 euro circa. In prospettiva con il nuovo Piano faunistico si dovrebbe porre rimedio in quanto la percentuale lievita all’80% e le procedure responsabilizzano gli ambiti territoriali di caccia: ma il problema resta lo stesso da tre anni: la cassa è vuota nonostante i 5 milioni di euro versati dai cacciatori come tassa di concessione regionale.
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