PFAS: la MITENI SpA di Trissino scarica... sugli utilizzatori. Ma non sa se tra le 507 persone sotto controllo ci siano suoi dipendenti
Sabato 23 Aprile 2016 alle 10:07 | 0 commenti
Nello scandalo PFAS, la prima ad essere finita sotto inchiesta è la Miteni SpA di Trissino, nota azienda che da oltre 40 anni produce le cosiddette PFAS, utilizzate tanto per fare un esempio, nel trattamento di pelli e tessuti per ottenere i famosi capi Goretex, per impermeabilizzare le borse, per il rivestimento di cartone per alimenti e per i fondi per le padelle in Teflon. L'azienda, dopo la conferenza a palazzo Balbi di mercoledì scorso, si è subito dichiarata estranea alle accuse mosse dalla stampa e dai movimenti ambientalisti.
La prima ad accendere i fari sulla Miteni è stata l'Arpav, che nel 2013, rilevava una quantità di sostanze inquinanti negli scarichi della stessa azienda pari a 4,5 mg/litro, precisando che gli impianti di depurazione non erano in grado di abbattere quel tipo di sostanze, in quanto, non dotati di tecnologia adeguata. I dati venivano trasmessi dall'Arpav alla Procura di Vicenza, senza che ad oggi abbiano dato alcun esito.
L'azienda di Trissino ha precisato che la stessa, già dal 2011 non produce più alcuna sostanza di tipo PFOS o PFOA, i pericolosi derivati contenuti nelle PFAS e presenti nel sangue dei 507 pazienti tenuti sotto esame dall'ottobre scorso, precisando peraltro che già prima del 2013 e anche prima del 2011 non ha mai sversato alcuna sostanza tossica nei fiumi, escludendo categoricamente che la falda sotto la Miteni possa essere la causa dell'inquinamento del fiume Agno e affermando che i residui delle lavorazioni venivano trattati come reflui e affidate a ditte esterne specializzate per lo smaltimento definitivo.
Nell'area oggetto di monitoraggio vi sono numerose aziende manifatturiere, afferma l'azienda girando a loro la palla, tra cui quelle dedite alla concia delle pelli, che, anche se non producono le sostanze imputate, le utilizzano nei processi produttivi. Questo, fa intendere la Miteni, significherebbe che le sostanze rinvenute potrebbero provenire con maggior facilità dagli utilizzatori delle sostanze tossiche piuttosto che dai produttori che, aggiunge, l'azienda trissinese, non possono più produrre in Italia quelle sostanze, che ora possono essere importate solo dall'estero e quindi utilizzate nei processi di produzione.
Tornando ai sistemi di depurazione, la Miteni ha poi riferito delle acque che escono dallo stabilimento a fine produzione, precisando che queste vengono poste sotto un controllo costante e che i dati rilevati rispondono alle indicazioni forniti dalla normativa.
Alla nostra domanda, ovvia e che prelude ad analisi future del caso, se dei 507 cittadini sottoposti a controllo sanitario, qualcuno è dipendente dell'azienda, la società ci ha detto di non esserne a conoscenza, aggiungendo anche che i controlli annuali, a cui vengono sottoposti i dipendenti della MITENI, non hanno mai evidenziato tracce delle sostanze imputate.
Nota: dopo la pubblicazione di questo articolo l'ufficio stampa della società ci ha chiamato per modificare quanto prima annotato dal nostro collaboratore asserendo di non sapere se i controlli fatti ai loro dipendenti abbiano o meno evidenziato tracce delle sostanze incriminate. Motivo in più questo per essere preoccupati...
Il direttoreÂ
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