PFAS, il dr Cordiano: primi risultati confermano che la dose massima giornaliera tollerabile può essere facilmente superata
Mercoledi 11 Novembre 2015 alle 16:57 | 0 commenti
Riceviamo dal dottor Vincenzo Cordiano e pubblichiamo
I risultati del monitoraggio dei pfas nella catena alimentare veneta confermano il sospetto che noi medici dell'ISDE avevamo da molto tempo, cioè che anche gli alimenti di consumo quotidiano, oltre all'acqua potabile, sono contaminati. Il 10% circa di campioni di pesci e insalata prelevati nell'ambito del monitoraggio dei pfas nella catena alimentare veneta, come riportato dagli organi di stampa, ma non nel comunicato dell'assessore Coletto, risulterebbero pesantemente contaminate da pfas.
Soprattutto da pfos (acido perfluoroottansulfonico)  che, è noto, è stato bandito dal commercio nei primi anni 2002 a causa della sua pericolosità . La sua persistenza a distanza di tanto tempo significa che oramai le falde, la terra e la catena alimentare sono state contaminate in modo forse irreversibile. Come diceva Lorenzo Tomatis, uno dei padri nobili dell'ISDE e direttore dello IARC di Lione, l'agenzia dell'OMS che si occupa, tra l'altro, di definire la cancerogenicità delle sostanze chimiche: "..le generazioni future non ci perdoneranno il danno che gli stiamo facendo".
Per tornare a noi, se è vero che in alcuni pesci sono stati trovati 57 microgrammi per kg di PFOS, che equivalgono a 57.000 (cinquantasettemila ng/kg)  un semplice calcolo conferma che la realtà supera spesso la fantasia.
Infatti, nel caso specifico e non più teorico, si evince che lo sfortunato ipotetico bambino di 10 kg cui fanno spesso riferimento illustri ricercatori  e medici preposti alla tutela della salute pubblica nel vicentino, con solo una  una mezza porzione di quel pesce così abbondantemente intriso di pfos e altri pfas,  quello sfortunato bambino, dicevo, supera e di molto la TDI  (Dose tollerabile quotidiana) stabilita dall'EFSA (l'agenzia europea per la sicurezza sugli alimenti).
 Facciamo due conti rapidi.  Se uno mangia un etto di quel pesce, ingolla 5700 ng di pfos che equivalgono a 190 litri di acqua con 30 ng/L (che è Il limite obiettivo del pfos  nell'acqua potabile stabilito dal ministero). Sempre secondo EFSA la TDI sarebbe di 150 ng/kg di peso corporeo per il PFOS. Pertanto un bambino di 10 kg non dovrebbe superare la dose massima quotidiana di 1500 ng (150 ng x 10 kg). Quindi quel povero bambino trangugerebbe circa 4 volte la dose max quotidiana semplicemente consumando un etto di pesce.  Senza considerare la quota aggiuntiva derivante dall'acqua contaminata né quella che entra nel suo corpicino con l'aria respirata e con gli altri alimenti (merendine ecc. ecc). Non mi pare proprio che sia il caso di augurare buon appetito ai bambini che vivono nelle zone contaminate.
Pare che il pesce incriminato sia stato pescato vicino a Creazzo (VI) nelle cui falde, stando ai dati ARPAV si sono documentati valori di PFOS fino a 580 ng/L. Valori alti sì, ma non tanto rispetto a zone viciniori. Per esempio a Montecchio Maggiore (VI) sono segnalati valori fino a 1435 ng/L;  a Montagnana (PD) valori fino a 2891 ng/L; a Soave (VR) con valori fino a 6821 ng/L per non parlare di  Trissino (VI)  fino a 68667 ng/L.
Valori simili a quelli di Creazzo sono stati trovati in molti comuni del Veneto, a ulteriore dimostrazione che la contaminazione da PFAS è globale.
A margine di queste osservazioni è necessario fare alcune brevi considerazioni.Â
Come e da chi sono stati selezionati gli alimenti da monitorare?Â
Chi controlla che i prelievi e le analisi siano effettuati rispettando le procedure? A questo proposito noi medici di ISDE avevamo chiesto più volte all'assessore Coletto di inserire nella commissione tecnica regionale che si sta occupando dei PFAS esperti indipendenti, per esempio il professor Tony Fletcher della London School of Igiene & Tropical Medicine, uno dei massimi esperti mondiali di PFAS. Per i non addetti ai lavori, il professor Fletcher è uno dei coordinatori indipendenti nominati dal tribunale americano nella class action contro la Dupont, che si rese responsabile di un caso di inquinamento delle falde e dei suoli simile a quello veneto. Anche grazie al professor Fletcher e agli studi compiuti dai suoi collaboratori sulla popolazione esposta in Ohio (70,000 contro le 300.000 in Veneto) oggi sappiamo quanto pericolose possono essere queste sostanze per la salute umana.   L’assessore non si è mai degnato di rispondere in merito a questa richiesta né  me né al presidente nazionale ISDE Roberto Romizi né, infine, ai cittadini riuniti nel  coordinamento NO PFAS.
Come possono fidarsi i cittadini dei risultati del monitoraggio quando lo stesso è stato affidato a professionisti le cui affermazioni falsamente tranquillizzanti sono smentite regolarmente dai fatti e che vanno dicendo che i PFAS non sono pericolose per la salute (sono cancerogene di classe 2b e interferenti endocrini) e che non esistono studi sui danni alla salute (ce ne sono a decine)?
Perché si continua a erogare acqua destinata al consumo umano così pesantemente contaminata, oltre che dai PFAS, anche da altre molecole cancerogene, come recentemente affermato pubblicamente da un sindaco della bassa vicentina? Perché non si è sospesa la somministrazione di acqua contaminata da PFAS alle donne in età  fertile e ai bambini, come avvenne negli USA in occasione dello scandalo Dupont e in altri paesi europei?
Cosa ha da dire la Coldiretti che non molto tempo fa minacciò di querelare ISDE e altri cittadini per il solo fatto di aver chiesto che si facesse il monitoraggio degli alimenti prodotti nelle zone contaminate?
Perché non viene avviato immediatamente uno screening sanitario delle popolazioni coinvolte come noi medici e professionisti di ISDE abbiamo chiesto fino dall'estate del 2013?.Â
Nonostante quanto affermato dal ragioniere Coletto, il biomonitoraggio di un un esiguo campione di cittadini non è stato pensato per analizzare le eventuali ripercussioni sulla salute dei veneti esposti alla contaminazione pluridecennale della catena alimentare. Servirà solo a stabilire se le concentrazioni dei vari PFAS nel sangue sono influenzati da alcuni fattori genetici. Probabilmente i risultati saranno buoni per farne una pubblicazione su una qualche rivista prestigiosa e per aiutare la carriera di qualche ricercatore a spese nostre (ricordo che la regione Veneto paga 450.000 euro in tre anni all’istituto superiore di sanità per i suoi servizi) ma non apporteranno luna novità riguardo gli eventuali danni subiti dalla popolazione esposta per oltre 50 anni ai pfas con l’acqua potabile, gli alimenti e l’aria inspirata."Accedi per inserire un commento
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