Pfas, convegno all'Ordine dei Medici di Vicenza. Il resoconto del dott. Cordiano: "un successo"
Sabato 5 Novembre 2016 alle 16:54 | 0 commenti
Il resoconto di Vincenzo Cordiano, Presidente della sezione di Vicenza e referente per il Veneto dell’Associazione Medici per l’Ambiente – ISDE Italia Onlus, sul convengo organizzato a Vicenza da ISDE sui PFAS
Un centinaio di persone ha stipato nella mattinata di sabato 28 ottobre 2016 l'aula magna della sede dell'Ordine Provinciale dei Medici di Vicenza, che ha ospitato la prima edizione della giornata medica vicentina dedicata agli interferenti endocrini e ai composti perfluoroalchilici (PFAS). I partecipanti, anche i non addetti ai lavori, hanno apprezzato la chiarezza dell'esposizione dei relatori, l’altissimo livello scientifico delle relazioni e l’ospitalità dell’Ordine provinciale dei Medici vicentini.
La giornata è iniziata con i saluti di Enrico Ioverno a nome del Consiglio direttivo dell’Ordine provinciale dei Medici di Vicenza che, assieme alla FIMMG (Federazione Italiana dei Medici di Medicina Generale) di Vicenza ha patrocinato l'evento.
Fabio Tateo, geologo del CNR di Padova e membro ISDE Padova, ha aperto i lavori della prima sessione moderata da Titta Fazio, MMG di ISDE Vicenza, spiegando con parole semplici la complessità della conformazione geologica del suolo e delle falde acquifere venete. Grazie alla sua relazione abbiamo finalmente compreso le basi geologiche della peculiare diffusione dell'inquinamento da PFAS in un ampio territorio della regione.
Edoardo Bortolotto, avvocato di Medicina Democratica, ha illustrato brevemente il complicato quadro giuridico derivante dall'assenza di limiti di legge validi ai fini della protezione della salute umana. Nonostante questo, dalle sue parole è emersa con chiarezza la possibilità per l'autorità giudiziaria di procedere per disastro ambientale fin da subito contro gli inquinatori identificati dalle istituzioni regionali.
Massimo Fant e Alessandro Pellizzaro, di Acque del Chiampo S.p.A., hanno quindi riferito sulle principali metodiche di laboratorio per il dosaggio dei PFAS nel sangue e nelle altri matrici ambientali, e sulle sperimentazioni in atto volte alla ricerca di metodi di depurazione più efficaci di quelli attualmente disponibili.
Giuseppe Ungherese, responsabile inquinamento di Greenpeace Italia, ha poi commentato i risultati della campagna internazionale Detox di Greenpeace, che ha efficacemente portato all'eliminazione di numerosi interferenti endocrini da molti prodotti di largo consumo quotidiano. La sua relazione, apprezzatissima dall'uditorio attento e interessato, dimostra chiaramente come sia possibile produrre in modo consapevole e rispettoso per l'ambiente della salute umana senza far ricorso a PFAS o altri interferenti endocrini.
La seconda sessione, dedicata ai danni alla salute da contaminazione della catena alimentare da PFAS e altri interferenti endocrini, è stata moderata da Enrico Ioverno e Marcello Giachetti, entrambi endocrinologi vicentini. Nella sua relazione, Agostino Paoletta, presidente degli endocrinologi del Veneto e ISDE Padova, ha riassunto i risultati dei più recenti studi, in particolare di quelli che hanno dimostrato in modo inequivocabile gli effetti tossici dei PFAS sulle ghiandole endocrine e la loro associazione con l’obesità infantile, con il diabete mellito, con l’infertilità maschile e femminile e con le malattie della tiroide.
Alberto Mantovani, tossicologo dell’ISS e presidente della European Teratology Society, ha dapprima spiegato i principi di valutazione del rischio da molecole contaminanti la catena alimentare; ha quindi auspicato, alla luce dei risultati degli studi pubblicati dopo il 2008, che l’EFSA riceva il mandato di rivedere le Dosi Tollerabli Giornaliere (TDI) di PFOS e PFOA assumibili attraverso tutte le fonti, alimentari e non, anche attraverso il confronto con le agenzie degli USA che hanno definito TDI molto più basse. In ogni caso, PFOS e PFOA hanno una riconosciuta capacità di contaminare significativamente le produzioni agroalimentari; pertanto, occorrono programmi per il controllo degli alimenti e la prevenzione dell'esposizione della popolazione attraverso la dieta.Dopo la meritata pausa, i lavori sono ripresi con la terza sessione moderata da Giovanni Beghini, presidente di ISDE Verona, e da Celestino Panizza, Medico del lavoro e presidente di ISDE Lombardia. Si è iniziato con una breve revisione della letteratura medica da parte di Vincenzo Cordiano, internista ospedaliero e presidente di ISDE Veneto, che ha spiegato come i principali effetti tossici dei PFAS non siano la cancerogenicità bensì quelli sul metabolismo glicolipidico e sulla tiroide. Infatti, i distiroidismi, l’iperglicemia, l’ipercolesterolemia, l’aterosclerosi subclinica negli adolescenti sono stati incontestabilmente associati con gli elevati livelli di PFAS nel sangue materno durante la gravidanza o nel cordone ombelicale, nonché con l’aumento del rischio di malattie cronico-degenerative e aterosclerotiche tipiche dell’età adulta, quali infarto acuto del miocardio, arteriopatia obliterante degli arti inferiori, ictus cerebrale. Particolare preoccupazione desta l’associazione positiva dei PFAS con la restrizione della crescita fetale, l’obesità e il ritardo dello sviluppo neurocognitivo infantile.
Edoardo Bai, medico del lavoro di ISDE Milano, ha presentato i risultati dello studio ISDE-ENEA che ha osservato, nei comuni veneti a massima esposizione ai PFAS, un aumento per gli anni 1980-2010 della mortalità in entrambi i sessi, con percentuali variabili fra il 12 e il 30%, per diabete mellito, infarto acuto del miocardio, ictus cerebrale, malattia di Alzheimer e, nelle donne, anche per cancro del rene. Nella seconda parte della sua relazione il dottor Bai ha commentato i risultati dello studio effettuato dal SER Veneto che per gli anni 2007-2010 ha confermato i risultati dello studio ISDE in precedenza citato, nella zona più contaminata rispetto alla media regionale, per le stesse malattie e con le stesse percentuali di aumento. È questo secondo Bai il messaggio principale che i partecipanti devono portare a casa: nelle zone di massima esposizione ai PFAS la popolazione è ancora oggi esposta ad un aumento significativo del rischio di sviluppare malattie non neoplastiche tipicamente associate ai PFAS. E per ridurre tale rischio le autorità dovrebbero effettuare provvedimenti immediati volti a interrompere l’esposizione ai PAFS con l’acqua potabile e gli alimenti contaminati, le principali fonti di esposizione della popolazione a queste molecole.
L’altro importante messaggio da portare a casa, secondo Paolo Crosignani, epidemiologo di ISDE e già responsabile del registro tumori dell’Istituto Tumori di Milano, è che non può meravigliare come non sia stato osservato un aumento dei tumori negli esposti ai PFAS in Veneto. Infatti, di tutte le molecole di questa famiglia, solo il PFOA è stato classificato come possibilmente cancerogeno per l’uomo. E dei 21 comuni considerati dal Registro Tumori del Veneto, meno della metà sono stati in realtà esposti negli anni passati ad elevati livelli di PFOA nell’acqua potabile, mentre gli altri comuni sono stati esposti ad altri PAS non classificati come cancerogeni. Inoltre, non è corretto dare in pasto all’opinione pubblica dati del solo anno 2013 e riferiti ad una popolazione tutto sommato minuscola, definendoli come significativi e tranquillizzanti. Infatti l’AIRTUM, l’associazione dei registri tumori italiani, prima di accreditare e validare come significativi i risultati dei registri tumori italiani, richiede dati riferiti ad una popolazione di 1000000 di abitanti o, come nel caso dell’ULSS5, di 5 anni consecutivi. Il dottor Crosignani ha inoltre evidenziato come i dati forniti siano probabilmente incompleti a causa del cronico ritardo del RTV, i cui dati convalidati dall’AIRTUM si fermano al 2006, facendo dubitare che i dati relativi al 2008-2009 di tutto il Veneto, utilizzati come confronto rispetto all’area rossa, siano stati effettivamente validati dall’AIRTUM (vedi anche clicca qui).
Alla tavola rotonda conclusiva hanno partecipato Giovanni Beghini, Francesco Cavasin, MMG e presidente di ISDE Treviso, Renato Ruffini e Natalino Bianco, entrambi MMG di ISDE Vicenza. È stata avanzata la proposta di eseguire studi indipendenti sulla popolazione esposta utilizzando i dati disponibili nelle cartelle cliniche computerizzate dei medici di famiglia. È stata evidenziata anche la necessità della creazione di una rete di MMG, definibili come medici guardiani dell’ambiente, che acquisisca una particolare esperienza nell’identificare le patologie maggiormente influenzate dall’inquinamento ambientale e suggerisca efficaci
misure di prevenzione alle istituzioni locali, identificando nel contempo quelle buone pratiche attuabili negli ambulatori che siano in grado di ridurre l’esposizione agli interferenti endocrini, ai PFAS e agli altri inquinanti contenuti nell’aria, nell’acqua e negli alimenti. I relatori hanno identificato i colleghi che coordineranno un gruppo di lavoro incaricato di sviluppare operativamente la proposta, con l’auspicabile coinvolgimento dell’Ordine dei Medici.
I partecipanti alla tavola rotonda hanno anche avanzato dubbi sulla reale necessità di impiegare una somma enorme, pare fino a 1,5 miliardi di euro, nei prossimi anni per sottoporre a screening sanitario un numero imprecisato di residenti nella zona rossa. I risultati degli studi condotti da ISDE-ENEA e dal SER sono già sufficienti a costringere le istituzioni locali a prendere l’unico provvedimento di sanità pubblica ai fini della prevenzione primaria dell’esposizione ai PFAS: l’interruzione immediata dell’erogazione di acqua potabile contaminata anche da minime quantità di PFAS, garantendo nello stesso tempo l’approvvigionamento con acqua di buona qualità da destinare all’uso umano, all’alimentazione degli animali da allevamento e per l’agricoltura.
In chiusura dei lavori, il dottor Cordiano ha ringraziato i partecipanti, i relatori, gli enti patrocinanti. Un particolare ringraziamento ha rivolto ai colleghi Natalino Bianco, Gianluca Bianco e Gaetano Calcaterra, senza la cui collaborazione il convegno, completamente autofinanziato, non avrebbe avuto il successo e i riconoscimenti attribuitigli dai partecipanti. L’appuntamento è all’anno prossimo, con la seconda edizione delle Giornate Mediche Vicentine dell’Ambiente.
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