Pediatra pedofilo risarcisce le vittime: una miserevole elemosina
Mercoledi 1 Febbraio 2012 alle 00:04 | 0 commenti
 
				
		
Riceviamo dal Cav. Graziano Guerra, Presidente S.o.s. Infanzia Onlus, e pubblichiamo
Sul caso del pediatra pedofilo, si legge che alle famiglie andrà un risarcimento di 250.000 euro, calcolato tramite le tabelle ufficiali del tribunale ma, a quanto ci risulta, è un'inesattezza in quanto non esistono "tabelle ufficiali" per i risarcimenti relativi ai danni subiti dai bambini vittime di violenza sessuale. Ovviamente siamo consapevoli che nessuna cifra potrà mai quantificare un simile danno e non intendiamo entrare nel merito del caso specifico per rispetto della volontà delle famiglie, espressa con l'accettazione del risarcimento.
Comprendiamo benissimo che la quantificazione in termini  economici è di difficile applicazione ma appare evidente che la cifre  risarcite nei casi di violenza all'infanzia non tengono conto  dell'effettivo danno patito e sono a volte dei miserevoli "quattro  soldi".
Questo accade perché non tutti, e non sempre si ha  l'effettiva consapevolezza di cosa significhi questo tipo di danno, che a  volte perdura per tutta la vita.
Le conseguenze a lungo termine  della violenza sessuale sono sicuramente varie sia per tipologia, sia  per gravità, sia per la persistenza nel tempo e sono diverse da soggetto  a soggetto. Dall'indagine con focus sui reati sessuali che l'Istat ha  condotto nel 1998 su un campione di 20.064 donne di età compresa tra i  14 e i 59 anni (Sabbadini, 1998), risulta che il 69,4% di quelle che  hanno subìto violenza sessuale nel corso della vita "non ha superato  l'episodio".
Numerose sono anche le variabili che possono intervenire  nel determinare il tipo e la gravità delle conseguenze. Tra queste un  ruolo importante hanno la durata dell'abuso, la sua gravità, la  relazione tra vittima e abusatore, l'uso della violenza fisica, l'età  della vittima e dell'abusatore (Petruccelli, Scardaccione, 1998).
La  violenza all'infanzia può lasciare un segno che determina in modo  negativo il resto dell'esistenza e spesso ciò si traduce  nell'impossibilità di avere o di realizzare dei "sogni" che invece si  sarebbero potuti avere e forse si sarebbero potuti realizzare se  l'esistenza di quella persona non fosse stata "segnata" da quella  violenza. In altri termini si dovrebbe risarcire anche quello che il  soggetto avrebbe potuto essere e invece non è o non potrà essere a causa  del danno subito. Come si valuta, ad esempio, la compromissione  dell'ideazione, della percezione, del giudizio, dell'affettività, del  comportamento, dell'autosufficienza? Che valore dare alla ipotetica  possibilità del minore di vivere stati d'ansia, depressione, sentimenti  ostili e perdita del senso di realtà direttamente riconducibili  all'abuso subito? Che risarcimento dare alla diminuita capacità e  soddisfazione di interagire con i familiari, con gli amici, di vivere  piacevolmente eventi sociali e hobby, ed in futuro una vita relazionale  di coppia come se la violenza non fosse mai accaduta?
Inoltre, il  bambino che ha subito violenza, a prescindere da una eventuale lesione  della propria intergrità fisio-psichica (biologica) accertabile con una  CTU medico-legale, a prescindere dal danno morale derivante dal reato,  si troverà in una condizione di menomazione e mutamento della propria  vita e di compromissione delle proprie aspettative esistenziali.
Un  vero e proprio danno esistenziale che si estende a tutta la famiglia che  con il dramma patito vivrà di dinamismi personali e sociali che si sono  inesorabilmente alterati, un altro modo di rapportarsi col mondo  esterno, un "interfacciamento" meno ricco, una compromissione del libero  dispiegarsi delle attività umane. Insomma si tratta di una  modificazione peggiorativa della sfera personale del soggetto abusato e  di tutta la famiglia nelle attività quotidiane attraverso le quali ogni  componente realizza la sua individualità, un pregiudizio che incide in  modo durevole sull'esistenza del e dei danneggiati ledendo quei diritti  alla salute e alla qualità di vita costituzionalmente garantiti. Non si  tratta solo di sofferenza morale, abbattimento dello spirito, patema  d'animo e stato di angoscia transitivo, ma anche di un vero e proprio  sconvolgimento dell'esistenza e della quotidianità passata, presente e  futura, ben più devastante di una ferita lecero-contusa, un danno che  deve essere autonomamente risarcito. Tutto ciò è valutabile nel tempo,  negli anni, ma è sicuramente e statisticamente preventivabile. Nei  tribunali italiani, oltre a non avere alcuna tabella ufficiale di  riferimento, spesso non si tiene in debito conto di tutto questo e  sfortunatamente sono ancora scarsamente considerate queste valutazioni  per adeguare in solido e in forma congrua i risarcimenti alle vittime.
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