Papa Francesco deciderà per il bene della chiesa al di là delle illazioni sulle dimissioni
Giovedi 6 Aprile 2017 alle 15:06 | 0 commenti
Papa Francesco deciderà per il bene della chiesa al di là delle illazioni sulle dimissioni. Fu con Concilio di Trento che la figura del Romano Pontefice perse sempre piú l'aspetto del principe mondano, del mecenate e del politico, assumendo un'immagine piú sobria e dignitosa, sempre piú caratterizzata dalla purezza dottrinale e morale, degna di colui che è il custode supremo dell'ortodossia e del Vangelo. Con la Costituzione dogmatica Pastor aeternus del 1870 si proclamò definitivamente il dogma dell'infallibilità pontificia: quando il papa proclama in modo ufficiale ex cathedra Petri su temi dottrinali o su dogmi, egli non può errare. Inoltre nell'esercizio del suo ministero egli è particolarmente assistito dallo Spirito Santo. Il papa, lo ribadisce anche il Concilio vaticano II nella Costituzione dogmatica Lumen gentium (sub 22) ha una "potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente", come afferma anche il Codice di Diritto Canonico (canoni 330-335).
Nella libertà del suo ministero il Pontefice romano è pertanto assoluta, tanto che un Concilio ecumenico non ha valore se non è o "confermato o almeno ricevuto dal Successore di Pietro." La rinuncia alla funzione di Capo della Chiesa Cattolica e Vicario di Cristo "richiede per la validità che sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si richiede invece che qualcuno la accetti." (Codice di diritto canonico, can. 332, par.2). Il Papa quindi è libero di rinunciare quando vuole al proprio ufficio e così fecero, per varie ragioni, nei secoli :Clemente I (in carica dal' 88 al 97 ), Ponziano (28 settembre 235), Silverio (11 marzo 537), Benedetto IX (1º maggio 1045), Gregorio VI (20 dicembre 1046), Celestino V e Benedetto XVI (28 febbraio 2013). L'attuale vescovo di Roma, Francesco, "capo del Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa universale" sembra che abbia intenzione di dimettersi per il bene della Chiesa quando non sarà in grado di esercitare il suo ministero nella pienezza.
La notizia non è nuova e non deve suscitare meraviglia, dato che sempre è stata possibile la rinuncia. Non si tratta di un nuovo modo di essere "papa", cioè secondo le regole che sovraintendono,ad esempio, alla elezione di un capo di Stato. Non è previsto un durata del ministero papale, Solo la mania molto italiana, di politicizzare tutto, tende a leggere le dimissioni in chiave di "gioco politico". Nella Chiesa, con buona pace dei politicanti, è un po' diverso. Lo attesta proprio l'accettazione di validità del sacramento del matrimonio da parte di fedeli seguaci di mons. Lefevbre. Infatti nel sacramento del matrimonio i celebranti sono gli sposi e il sacerdote li assiste, celebrando la S. messa e dando loro la benedizione. Così vi è valore anche giuridico alla loro decisione. Il Catechismo della Chiesa cattolica n. 1623 afferma "Secondo la tradizione latina, sono gli sposi, come ministri della grazia di Cristo, a conferirsi mutuamente il sacramento del Matrimonio esprimendo davanti alla Chiesa - rappresentata dal sacerdote - il loro consenso".) La ragione è che i seguaci di mons. Lefebvre non sono considerati "eretici", ma solo "scismatici", ossia divisi dalla Chiesa Cattolica ufficiale e dal 2009, regnante papa Benedetto XVI, non sono più "scomunicati". Papa Francesco in occasione del Giubileo straordinario della Misericordia ha concesso ai fedeli che "per diversi motivi" frequentano le chiese officiate dai sacerdoti della Fraternità di ricevere validamente e lecitamente l'assoluzione sacramentale dei loro peccati.E' un modo preciso di riconoscere la validità al sacramento della confessione impartito dai sacerdoti delle Fraternità di San Pio X (vulgus lefebvriani) riconosciuta legalmente (nota: 1º novembre 1970 a Friburgo il vescovo Marcel Lefebvre la fondò con l'accordo e l'approvazione di F.Charrière, allora vescovo di Losanna, Ginevra e Friburgo, insieme al Seminario a Econe in Svizzera, dove accolse giovani seminaristi). Certo resistenze alla "pacificazione" sono presenti anche nella Fraternità di San Pio X e soprattutto nei cosiddetti settori "ultratradizionalisti", che, ad oltranza, che sono arroccati settariamente in posizione che nemmeno la Fraternità accetta e condivide, e spesso confinano più con posizioni "politicanti" , come i ben noti cattokomunisti italiani, per i quali Lenin anticipò il giudizio, quando parlava di "utili....".
Il problema della Fraternità San Pio X ha due aspetti, uno dottrinale ed un altro giuridico (codice di diritto canonico). Gli ultimi tre pontefici (San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e l'attuale Francesco) si sono adoperati per risolvere la situazione e sembra che vi siano buone ragioni per ritenere che sia possibile un accordo,ad esempio con una Prelatura Personale, come per l'Opus Dei. Ciò perché L'unanimità e la pace sono il bene supremo della Chiesa e se vi sono divisioni queste vanno con intelligenza e fede superate. Non si tratta di novità , quando il Pontefice romano tende all'unità . Il Concilio di Trento nel Decreto di inizio del Concilio stesso afferma: "Reverendi Padri, credete opportuno, a lode e gloria della santa e indivisa Trinità , Padre, Figlio e Spirito santo, per l'incremento e l'esaltazione della fede e della religione cristiana, per l'estirpazione delle eresie, per la pace e l'unione della Chiesa, per la riforma del clero e del popolo, per la repressione e l'estinzione dei nemici del nome cristiano, decretare e dichiarare aperto il sacro, generale Concilio Tridentino? [Risposero: sÃ]." In casi delicati, come questo, l'informazione è necessaria ed è premessa ai commenti e non viceversa.
Se l'attuale Pontefice Francesco per il bene della Chiesa intendesse dimettersi, è libero di farlo e non è, ripetiamo, la stessa questione dell'avvicendamento dei capi politici degli Stati. Se l'attuale vescovo di Roma, capo supremo della Chiesa cattolica, promuove l'unità , esercita il suo ministero di unità tra tutti i vescovi, perchè, come dice il Concilio vaticano II (Lumen Gentium n.23), egli, come Romano pontefice, successore di Pietro "è il perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei vescovi sia della massa dei fedeli". Le modalità di riunione e concordia sono ancora da stabilirsi del tutto, ma passi avanti sono stati compiuti e le resistenze non sono solo da parte della santa Sede, ma anche da parte della Fraternità di San Pio X, che teme di perdere la propria identità . Ma nella Chiesa le espressioni possono sempre essere molte, ma tutte debbono mirare ad essere un cuore solo.
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