Ouanit: immigrazione da paesi musulmani una grande ricchezza per Vicenza
Mercoledi 2 Marzo 2016 alle 16:27 | 0 commenti
Riceviamo da Mustapha Ouanit* e pubblichiamo
L’immigrazione da paesi musulmani sembra rappresentare una grande ricchezza destinata ad arricchire, con tutti gli effetti, non solo la nostra città , ma tutta la penisola italiana. Purtroppo, l’opinione pubblica corre spesso il rischio di avere una visione erronea del fenomeno. A ciò contribuisce l’azione dei mass-media che si occupano soprattutto di gravi e continue emergenze le quali portano a trascurare una corretta e valida percezione.
Riguardante, precisamente, la seconda generazione di musulmani nati e/o cresciuti in Italia; ove i loro padri hanno cominciato ad arrivare all’inizio degli anni 80, con l’intento ben chiaro di tornare nel paese d’origine dopo aver messo da parte un po’ di risparmi. Le loro madri sono arrivate qualche anno più tardi, per raggiungere quei poveri uomini partiti e non più tornati. Loro invece son nati e cresciuti qui, e dopo aver passato anni nelle scuole italiane a far fronte a battutine razziste, ma anche a costruire amicizie e normale quotidianità ; oggi quei ragazzi e quelle ragazze sono cresciuti ed hanno cominciato ad alzare la voce per chiedere alla società e alle istituzioni, ma anche ai loro genitori e alle loro comunità , di essere riconosciuti per quel che si sentono, cittadini italiani di fede islamica, in un'altro termine moto simplice musulmani italiani.
A differenza dei loro “cugini†nati e cresciuti in Francia, i giovani della cosiddetta “seconda generazioneâ€, non sono (ancora) confrontati alla “doppia assenzaâ€, ossia non sentirsi né del paese in cui sono cresciuti né del paese d’origine dei genitori o, detto altrimenti, sentirsi fuori luogo sia di qua che di là . Benché spesso privi della cittadinanza italiana, i giovani si sentono semplicemente italiani, senza negare le proprie origini o vergognarsi della propria religione. Il loro accento, sembra essere lì a testimoniare il loro senso d’appartenenza, così come lo sono la djellaba, la barba, il velo o quant’altro testimoni la loro fierezza d’essere musulmani.
Quando gli si domanda come si vedono nella città in cui vivono, Hind risponde col suo accento vicentino “come il peperoncino su una tavola da pranzoâ€, mentre Hamid si vede come “un essere umano come tutti gli altri†e Azzadine come “un cittadino italianoâ€.
Per i genitori, invece, è tutto un'altra sfumatura, si vedevano semplicemente come migranti in transito, preoccupati di mantenere l’identità e creare la propria comunità senza prestartroppa attenzione alla società in cui vivevano, o che, al contrario, avevano paura di esprimere apertamente la loro fede religiosa. I giovani invece non hanno nessun timore a mostrare pubblicamente la loro doppia appartenenza: “conosco sia la cultura da dove provengo che quella in cui vivo – afferma convinta Sara – la nostra doppia cultura è un valore aggiuntoâ€. La responsabilità d’esser ponte tra culture e generazioni è comunemente considerato un valore, ma anche un peso non sempre facile da sopportare, come afferma Jihane: “Mi sento investita di rappresentare tante cose: l’essere italiana, marocchina e musulmana … e a volte ci si perde come in un labirinto … perché devi mediare costantementeâ€. È proprio lo sguardo incrociato della società e dei genitori, delle istituzioni e della comunità , ad emergere come il più grande ostacolo, forse la più grande sfida, che hanno di fronte i giovani italiani musulmani. Le istituzioni sono infatti accusate d’alimentare la condizione d’emarginazione delle comunità islamiche attraverso politiche d’esclusione ed un’evidente incapacità al dialogo. Ma quel che i giovani soffrono di più è la cattiva immagine di cui l’islam e i musulmani godono in Italia, un’immagine in totale contrasto con quella che loro hanno di sé stessi all’interno delle città in cui vivono, di cui si sentono semplicemente parte integrante.
Secondo loro, le cause di un tale divario sono sì da ricercare nella cattiva informazione veicolata dai media e nel discorso prodotto dai politici, ma anche, se non soprattutto, negli errori e nelle mancanze dei musulmani stessi, “accusati†di non aver fatto niente o quasi per costruirsi un’immagine positiva nelle realtà in cui vivono. Non abbiamo fatto niente per cambiare l’immagine dell’islam in città â€. Secondo i giovani, se si vuole effettivamente far fronte alle forme di discriminazione ed esclusione che i musulmani continuano a subire quotidianamente nelle città italiane, non ci si può accontentare d’addossare tutte le responsabilità alla società , istituzioni e media, ma bisognerebbe partire da un’autocritica che metta in discussione il modo di parlare ed interagire con le realtà in cui i musulmani vivono e di cui dovrebbero sentirsi parte.
Per intraprendere la strada del cambiamento e della vera integrazione sarebbe dunque necessario che le istituzioni comincino a dare risposte più coraggiose come è il caso dell'elezione del nuovo consiglio degli stranieri a Vicenza, e che le comunità islamiche imbocchino finalmente la strada d’un effettivo ricambio generazionale che metta fine alla gestione catastrofica e deludente di coloro che continuano (con tutta forza e con tutta legittimità !) a farsi sentire, come sta faccendo la banca popolare di Vicenza, anche se sono fuorigioco. Che banca!Â
*membro del consiglio amministrativo dell'Unione degli immigrati di Vicenza, ex tesoriere del centro islamico "Ettawba" di Vicenza, ex responsabile culturale dell'associazione "Radici" dei marocchini di Vicenza, Un master in Islam d'europa con una tesi sui "finanziamenti delle associazioni islamiche in Veneto".
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