Opinone di Ciambetti sul federalismo finiano
Giovedi 9 Settembre 2010 alle 19:18 | 0 commenti
Gianfranco Fini, nel Corriere della Sera del 9 settembre precisa la sua posizione relativamente alle riforma federale lasciando più dubbi nel lettore o, meglio, confermando le perplessità di chi legge nella sua nuova avventura un ritorno al passato. Nelle parole di Fini rispunta l'ancien régime fatto di consociativismo, di un governo sotto ricatto per una manciata di voti, di uno stato unitario simulacro dietro al quale celare affari inconfessabili e inefficienze, sperperi, sprechi, clientele alimentate e sostenute dalla spesa pubblica.
Il timore per cui gli interventi perequativi sostenuti da Fini come elementi necessari per ammorbidire il federalismo fiscali siano l'attualizzazione del vecchio andazzo è evidente in chi sa bene quanto sia stato difficile difendere la politica di rigore impostata dal ministro Tremonti, notoriamente avversata dall'area di riferimento finiana.. Fini, poi, si appella alla Costituzione italiana, che ha permesso la coesione sociale e lo sviluppo economico italiano, ma non dice che a pagare il conto di questo sviluppo e coesione sono state ben poche regioni, alcune delle quali, penso al mio Veneto, partite da una base di povertà estrema .
Radici culturali e politiche e una base fidelizzata attorno alla spesa pubblica sfociano in Fini nella volontà di contrastare se non bloccare un processo di riforma che, per altri versi, è inarrestabile: il federalismo fiscale, non dimentichiamolo, ha anche la funzione di attivare all'interno del sistema italiano spinte di diminuzione della spesa pubblica imposte non tanto, o solo, dalle politiche comunitarie quanto dai mercati e dalla realtà economica internazionale. O siamo in grado di affrontare questa svolta o l'alternativa condurrà l'Italia ad un declino inarrestabile: ristagno della produttività , pressione ed evasione fiscale a livelli incredibili, inefficienza dei servizi pubblici, welfare che penalizza le generazioni future e i nuovi mestieri, diminuzione progressiva dei consumi reali e via dicendo. LA prospettiva non è solo quella di rimanere indietro rispetto ai Paesi più avanzati, ma di arretrare rispetto agli standard raggiunti dall'Italia un decennio fa. Questa prospettiva non è così remota: in gioco entrano non solo fattori economico-finanziari in senso stretto, ma anche corruzione, inefficienza, incapacità , delinquenza e via dicendo. Il declino è figlio anche di una classe dirigente incapace di affronatre le sfide della modernità , inetta, che il federalismo vuole spazzare via, ma che fa ben comodo a chi vuole un ritorno al passato o la difesa di rendite di posizione insostenibili di cui Gian Antonio Stella, richiamando uno studio del Giornale di Sicilia, ha dato l'ennesima prova: il gettone di presenza di un consigliere comunale palermitano costa per cittadino amministrato circa 3 Euro contro i 34 centesimi di € di un consigliere comunale di Padova. L'apparato comunale palermitano costa circa 20 milioni di Euro all'anno: classe dirigente? Di sicuro classe digerente in quel magna magna incredibile che sta sottraendo da anni risorse vere alle aree produttive del Paese. Possiamo ancora permetterci queste situazioni? Credo di no ed è per questo che guardo con molto sospetto alle posizioni finiane, che strizza l'occhio al suo vero elettorato assicurando che, gattopardescamente, tutto cambierà non per cambiare nulla. Il Nord e la Padania devono fare attenzione e non cadere nella trappola finiana perché bisogna essere coscienti che il cambiamento è necessario se si vuole evitare il declino. Non so se ricordate un vecchio manifesto disegnato da Umberto Bossi già tanti anni fa: c'era una gallina dalle uova d'oro...
Una gallina che torna alla mente leggendo Alessandro Vitale che chiude il suo saggio sul parassitismo politico con una citazione, per noi tutti un monito, da Vilfredo Pareto: «La spoliazione non incontra spesso una resistenza molto efficace da parte degli spogliati; ciò che finisce talvolta per arrestarla è la distruzione di ricchezza che ne consegue e che può portare la rovina del paese. La storia ci insegna che più di una volta la spoliazione ha finito con l'uccidere la gallina dalle uova d'oro».
Roberto Ciambetti, Regione VenetoÂ
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