Omelia della Veglia di Pasqua 2017 di Mons. Beniamino Pizziol: cattedrale di Vicenza
Domenica 16 Aprile 2017 alle 18:55 | 0 commenti
 
				
		Porgo l'augurio di Santa Pasqua a tutti voi fratelli e sorelle, consacrate e consacrati, canonici, presbiteri, diaconi, amici ascoltatori di Radio Oreb. Con la straordinaria ricchezza e bellezza dei segni, della Parola di Dio, delle Preghiere e del Sacramento dell'Eucaristia, la veglia di Pasqua, "madre di tutte le veglie" (Sant'Agostino), ci introduce e ci rende partecipi dell'evento della Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. All'inizio della veglia pasquale, dopo la benedizione del fuoco, abbiamo acceso le nostre candele attingendo la luce dal Cero pasquale, simbolo di Cristo Risorto, per significare che nella fede in Cristo e attraverso i Sacramenti siamo stati illuminati da lui e anche noi siamo chiamati a diventare portatori di luce, ad essere anche noi luce per gli altri.
«Un tempo infatti eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come figli della luce; ora il frutto della luce consiste in ogni bontà , giustizia e verità » (Ef 5,8-9). In questa santa notte la Chiesa ci invita ad essere testimoni della luce del Risorto.
Il secondo grande segno di questa veglia pasquale è la Parola di Dio che  ci ha fatto ripercorrere la Storia della Salvezza, l'azione di Dio da  "in principio" fino al "compimento" delle sue promesse in Cristo: «tutto  è compiuto» - «consummatum est» (Gv 19,30).
La prima pagina che  abbiamo letto, tratta dal Libro della Genesi, ci ha narrato la creazione  del mondo, di tutte le cose, degli animali, delle piante, ma in  particolare la creazione dell'uomo e della donna, a immagine e  somiglianza di Dio. Questa sera vogliamo rendere grazie a Dio per il  dono della casa comune, che è il mondo creato per noi e del quale  dobbiamo prenderci cura, coltivandolo e custodendolo con intelligenza e  amore. Ma vogliamo ringraziare, in modo speciale, il Creatore per il  dono della vita, da rispettare sempre dal suo inizio fino al suo  tramonto, per entrare poi nella vita senza fine, la vita in Dio.
La  seconda pagina biblica, sempre dal Libro della Genesi, ci mostra una  scena drammatica, in cui Abramo, nostro padre nella Fede, si appresta a  sacrificare il suo unico figlio. È una scena insostenibile, che tuttavia  ha un altro obiettivo: mostrare la fiducia, la fede senza incrinature  di Abramo. Chiediamo al Signore di sostenere, di irrobustire la nostra  fede di fronte alle prove della vita: il dolore, il lutto, la morte, la  violenza (specie sulle donne), la guerra presente in tanti paesi del  nostro pianeta.
La pagina che narra la liberazione del popolo ebreo  dalla schiavitù in Egitto è l'asse centrale della fede in Israele.  Chiediamo a Dio la libertà da ogni dominio dell'uomo sull'uomo, dallo  sfruttamento delle persone, dalle speculazioni economiche e finanziarie,  dalla presunzione di portare la pace attraverso la forza delle armi. 
La  pagina profetica di Isaia ci invita ad andare verso Dio, come gente  assetata alla ricerca dell'acqua. È la Parola di Gesù l'acqua che  zampilla per la vita eterna, perché chi ascolta la sua Parola passa  dalla morte alla vita. Ringraziamo il Signore Dio per il dono della sua  Parola che è luce sul nostro cammino, che riscalda il nostro cuore, come  i viandanti di Emmaus; Parola che ci illumina nel discernimento dei  "segni dei tempi", anche in questo nostro mondo, spesso agitato come il  mare in tempesta.
La lettura del profeta Ezechiele ci rivela un Dio  sempre fedele al suo progetto di salvezza per gli uomini nonostante le  loro infedeltà e lo fa purificando il suo popolo con acqua pura e  domandandogli un cuore nuovo, trasformandolo dal cuore di pietra al  cuore di carne, capace di amare e di sentire - con compassione e  misericordia - il dolore del fratello. Ringraziamo il Signore per il  dono della vita nuova e del cuore nuovo ricevuto nel Sacramento del  Battesimo, il Sacramento della rigenerazione della rinascita in Cristo.
Il  Battesimo, infatti - come afferma l'apostolo Paolo nella lettera ai  cristiani di Roma - ci unisce intimamente a Cristo, ci immerge nella sua  Morte e nella sua Risurrezione.
Ma è nel Vangelo che troviamo il  culmine della prolungata e intensa Liturgia della Parola. Il brano  evangelico di Matteo ci ha raccontato il pellegrinaggio di due donne al  sepolcro di Gesù: Maria di Magdala e l'altra Maria. Queste donne si  mettono in cammino quando la notte ha ormai compiuto il suo corso e le  prime luci dell'alba cominciano a splendere. È l'aurora di un giorno  nuovo che si apre, un giorno che ha in serbo una grande novità che le  donne neppure sospettano. Può stupire il fatto che, tra tutti i  discepoli di Gesù, solo alcune donne hanno continuato a seguirlo e a  cercarlo sino alla fine, senza fermarsi neppure di fronte al muro  invalicabile della morte. La loro costante e silenziosa sequela, il loro  quotidiano servizio, la loro insonne e tenace ricerca, ne fanno figure  esemplari di autentiche discepole. Mentre tutti sono fuggiti esse sono  rimaste, continuando ad accompagnare discretamente e silenziosamente il  loro maestro fino e oltre la morte. Saranno proprio loro le prime  destinatarie dell'annuncio pasquale, saranno loro ad inaugurare quella  catena di testimoni senza dei quali la Fede non sarebbe arrivata fino a  noi.
Dopo l'inatteso incontro con l'angelo, le donne lasciano in  fretta il sepolcro e corrono ad eseguire l'incarico ricevuto: «Presto,  andate a dire ai discepoli: È risorto dai morti, ed ecco, vi precede in  Galilea; là lo vedrete» (Mt 28,7). Così il mesto pellegrinaggio si  trasforma in trepidante, gioiosa, corsa. È la gioia pasquale, la gioia  di una novità travolgente che viene a illuminare ogni cosa. È la gioia  che trasfigura e cambia lo sguardo e il cuore, gioia che non ha altra  sorgente che la fedeltà di Dio alle sue promesse.
Accogliamo, perciò,  l'invito che l'angelo ha rivolto alle donne: «Presto, andate a dire ai  discepoli: È risorto dai morti». C'è da correre, c'è da andare  dappertutto per dire - a tutti, a cominciare da chi è più vicino e amico  - "il Signore è risorto, è veramente risorto!".
Il mio augurio  pasquale è rivolto a tutti voi, fratelli e sorelle carissimi, in modo  particolare a chi sta vivendo l'ora della prova, della sofferenza e  della solitudine.
Penso specialmente a coloro che hanno perduto il  lavoro e a coloro, specie i giovani, che non trovano un'occupazione.  Porgo l'augurio pasquale alle autorità civili e militari, che hanno il  gravoso compito di sostenere, difendere promuovere il bene comune e  garantire la nostra sicurezza.
Un augurio speciale a tutti i fedeli  della nostra Chiesa diocesana, ai fratelli ortodossi ed evangelici che  celebrano anche loro in questo giorno la Santa Pasqua. Desidero, infine,  estendere l'augurio di buona Pasqua a tutti gli abitanti del nostro  territorio.  "Il Signore è veramente risorto"! Alleluia!
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