Siamo a settembre. Tutto tace sull'amianto alla Marzotto
Sabato 8 Settembre 2012 alle 17:42 | 0 commenti
Un mese fa circa si poteva leggere la notizia dell'apertura di un'inchiesta per morti e malati dovuti all'esposizione all'amianto negli stabilimenti della Marzotto. Gli stabilimenti interessati sono quelli di Valdagno, di Schio e di Piovene. Qualche notizia per un paio di giorni. Qualche articolo "prudente". Nessuna inchiesta, solo cronaca. Si fa finta di informare per arrivare al silenzio. Un silenzio (anch'esso "prudente" ... ci mancherebbe, c'è Marzotto di mezzo) che preannuncia nulla di buono. È una storia già vista. Si prende tempo, si fanno dichiarazioni di circostanza, si dichiara che alla ripresa dell'attività in settembre si sarebbe fatto il punto della situazione ... e, intanto, è arrivato l'otto settembre e tutto tace.
Non si fa nulla di concreto. Non si "ricorda" più niente. Si alza un velo di oblio che nasconde tutto. E quanto tutto è nascosto è come se nulla fosse successo. Una storia già vissuta. Molto, troppo, simile a quella della Marlane-Marzotto. A quell'infinito processo che non riesce ad andare avanti tra cavilli, rinvii, eccezioni, scioperi degli avvocati "eccellenti" come gli imputati di omicidio colposo plurimo, lesioni gravissime e disastro ambientale.
È un paese strano il nostro. Scoppiano "improvvisamente" i "casi" (latenti da decine di anni e dei quali tanti erano a conoscenza ma tenevano prudentemente nascosti) di devastazione della salute dei lavoratori e dei cittadini. E allora si parla dell'Eternit, dell'Ilva di Taranto. E poi c'è la devastazione umana e lavorativa del Sulcis con i lavoratori costretti ad azioni eclatanti per salvare il proprio lavoro. Allora se ne parla. Si parla a sproposito di conflitto tra salute e lavoro. Si sostiene che è il mercato che impone la chiusura delle miniere e di stabilimenti come l'Alcoa. Un poco alla volta tutto si stempera, sembra che il caso si risolva e, allora, cala silenzio. Pronti ad indignarsi (ma con la dovuta prudenza) al prossimo caso. Non si approfondisce alcunché. Resta tutto in superficie, e non ha (non può avere) soluzione.
È un paese strano il nostro. Sembra che i tecnici-professori che occupano il governo e le forze politiche che siedono in Parlamento, invece di proporre soluzioni adeguate ai problemi del lavoro e dello sviluppo siano molto più interessati a scegliere chi dovrà essere il proprio "caudillo" nella prossima campagna elettorale. Tutto il dibattito politico è rivolto a questo ... si toglie un nome dal simbolo, si mettono veti, si polemizza sulle virgole, si fanno battute, si "corre per le primarie". Non ci si rende conto (non lo si vuole fare) che è il modello economico liberista (che si vuol fare apparire unico e trionfante) quello che produce i disastri. Non si è neppure sfiorati dall'idea che possa essere messo in discussione. Che il vero progresso è nel cambiamento del sistema e non nella sua amministrazione più o meno oculata.
Pensiamo a quello che sta accadendo per l'inchiesta dell'amianto alla Marzotto. Vorremmo sapere, conoscere cosa è successo e cosa può succedere. Vorremmo avere la certezza che fosse tutto sotto controllo, che non ci sia nulla che possa mettere in pericolo la salute dei lavoratori e di chi abita nei pressi degli stabilimenti. Sarebbe un normale diritto. Ma chi potrebbe aiutare, chi dovrebbe unire le proprie forze e lottare per evitare i disastri umani e ambientali che si succedono nel nostro paese, gira lo sguardo da un'altra parte. È troppo impegnato a prestare la sua attenzione alla forma per essere interessato alla sostanza. Così tutto resta uguale a prima.
Lo chiediamo per l'ennesima volta, a tutte le forze politiche e sociali che si ritengono progressiste. Partiamo dal recente caso Marzotto. Studiamo e analizziamo quanto sta succedendo nelle fabbriche della nostra provincia. Cerchiamo di conoscere la realtà . Conquistiamoci gli strumenti per costruire un progetto di sviluppo alternativo che possa fare uscire il paese dalla crisi seguendo la strada del progresso e senza distruggere ulteriormente i diritti conquistati. Non rassegniamoci.
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