Jobs Act: le valutazioni di Roberto Ciambetti
Venerdi 14 Marzo 2014 alle 22:24 | 0 commenti
				
		
		Riceviamo da Roberto Ciambetti e pubblichiamo
Matteo Renzi nell'era della politica spettacolo segna una nuova frontiera nella comunicazione-recitazione. Act è la vera parola chiave per capire questa nuova frontiera e il suo alfiere, appunto Matteo Renzi. Act, in Inglese, significa testo di legge, ma anche finzione: come termine legato allo spettacolo, Act sta per performance, atto teatrale, recita.
Renzi oscilla dunque tra l'azione e la messinscena, tra l'agire e il  recitare, tra il fatto e la commedia: il Job Act, come tutti gli altri  Acts promessi dal capo del governo,  potranno forse concretarsi in leggi  autentiche oppure finire in farsa. Se i mille Euro in più all'anno  promessi ai lavoratori a maggio, in concomitanza sospetta con le  elezioni europee, non troveranno copertura e dovranno pertanto essere  rimandati (ma solo dopo le elezioni) sine die sarà a causa di un Act of  God, una fatalità, e non certo perché Renzi si è comportato male, act up  in inglese.
E' chiaro, per altro, che atto-act hanno la loro radice  etimologica nel latino agere il che ci rimanda anche al greco agogos,  guida, da cui demogagogo e anche all'inquietante italico duce.  Si  oscilla tra speranze e dubbi,  forti aspettative, grandi perplessità.  Tuttavia qualche piccola certezza affiora soprattutto nel volto cupo di  mr. Padoan (pronunciato come avrebbe fatto Sordi nel doppiare Ollio: Pà -  dòan) che dovrebbe ritagliare i miliardi promessi senza alterare gli  equilibri di bilancio, come teme l'Europa. La via per rassicurare  Bruxelles e finanziare, o fingere ( anche in questo caso in inglese si  può usare il termine act: "Don't take him seriously, it's all an act")  di finanziare l'operazione passa per la svendita dei gioielli di  famiglia: l'Eni (38esima azienda tra le prime 2000 al mondo,  tra le  maggiori compagnie petrolifere a livello internazionale che porta al  Tesoro un utile annuo di oltre 1,2 miliardi di €) l'Enel insieme alla  controllata Enel green power, leader internazionale nella produzione di  energie rinnovabili, Fimeccanica, Poste italiane, Enav... cioè quanto di  meglio offre l'economia italiana in settori strategici di natura  pubblica. Le aspettative di chi da dietro le quinte sfrutta lo scenario  di profonda crisi italiana sono sempre quelle riposte dapprima in Mario  Monti, poi in Letta ed ora in Renzi: cambiano i modi di recitare (act in  inglese), ma il copione resta sempre lo stesso: il viceministro Morando  ha annunciato due giorni fa che punta a recuperare 4 miliardi  dalla  vendita del 40 per cento di Poste e 1 miliardo dalla cessione di Enav.  Sarà un caso ma già Intesa San Paolo ha detto che vuole entrare nel  business Poste e così investire parte di quei miliardi arrivati dallo  stato a tassi ridicoli che oggi servono proprio per fare un bell'affare a  spese del contribuente. Se  avessi un libretto o conto di deposito  postale  non mi sentirei  molto tranquillo.
La svendita poi verrà  estesa e imposta agli enti locali a partire dalle aziende ex  municipalizzate spiegata come ricetta di uscita dalla crisi politica ed  economica, in grado di abbattere il debito degli enti locali, attrarre  capitali privati anche esteri, magari di qualche emiro, eliminare le  poltrone  del sottobosco politico e rilanciare così  l'economia.  Il  tutto, ovviamente, senza intaccare il sancta sanctorum dei veri centri  di spesa, uno stato elefantiaco e clientelare, una burocrazia  ministeriale bulimica dalle pretese folli, intere aree del paese dove si  vive di fondi pubblici e si evadono le tasse. Lo spettacolo (act) è  sempre quello: Renzi   con i suoi act si dà arie da simpatico actor. Ma a  muoverlo è un burattinaio molto abile: mastermind,  per dirla  nell'inglese della City e Wall Street.
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