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Nord del Camerun sottosopra: il documento appello di Don Maurizio

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 15 Dicembre 2013 alle 18:35 | 0 commenti

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Da VicenzaPiù n. 262 - Nicola Bernardi, giovane e affermato imprenditore vicentino nel settore immobiliare, ci ha inviato una nota che nulla ha a che fare con la sua attività ma è uno scritto di un suo compagno di scuola delle elementari, ora Missionario in Africa, che pubblichiamo con piacere e testimoniando la nostra vicinanza a  quanto da lui scritto.

Carissimi amici, qualcuno di voi è a conoscenza di quanto sta accadendo nella regione del nord del Camerun. Non certo perché i giornali italiani ne abbiano parlato (ci mancherebbe!), ma semplicemente perché domani (le lettera è del 28 novembre, ndr) una squadra di muratori da Molina di Malo doveva venire a darci una mano nella costruzione della chiesa della missione e invece, a 3 giorni dalla partenza, il viaggio è stato annullato. Ma ricostruiamo le vicende. Poi darò spazio a qualche considerazione.

La notte tra mercoledì e giovedì scorso (13/14 novembre), un gruppo di “banditi” hanno assalito la missione di Nghecewé - 100 km a nord di Maruà - e, dopo un tentativo di furto finito male (il rumore aveva destato la gente delle vicinanze), sono ripartiti sequestrando il parroco, padre Georges, un missionario francese di 42 anni. Qualche kilometro a piedi in mezzo alla savana e poi una fuga in moto fino a passare il confine con la Nigeria.

Il governatore della regione dell'Estremo Nord del Camerun e il suo staff, intervenuti immediatamente, hanno passato i successivi due giorni a organizzare le ricerche e a studiare un piano di messa in sicurezza del territorio. Infine, ieri, è arrivata la rivendicazione dell'atto da parte da parte degli estremisti di Boko Haram, la setta islamica che dal 2009 sta mettendo in ginocchio il nord-est della Nigeria.

Lo scorso febbraio la stessa setta aveva fatto un’altra incursione in Camerun settentrionale e aveva sequestrato un’intera famiglia francese (compresi i 4 bambini). La liberazione era avvenuta dopo 2 mesi e – ma solo secondo fonti non ufficiali – dietro lauto riscatto. Poi c’è stata l’uccisione dei giornalisti in Mali. Ed ora il rapimento di questo prete.

Padre Georges era arrivato in Camerun come Fidei Donum da soli due anni, unico missionario della sua diocesi in terra d’Africa. Ci si incontrava frequentemente alle riunioni a Maruà e, proprio perché lo si sapeva solo, era stato naturale dimostragli amicizia e farlo sentire ancor più “tra fratelli”. Proprio pochi giorni prima, gli avevo dato un passaggio in macchina e gli chiedevo come stesse. Era sereno, diceva di sentirsi ben voluto dalla gente e “protetto” proprio dai suoi parrocchiani che di continuo gli dicevano di stare tranquillo, che ci avrebbero pensato loro a tener lontano ogni malintenzionato (cosa che, in effetti, hanno provato a fare la notte dell’assalto: ma cosa possono dei bastoni di fronte a fucili e munizioni?).

Il passo successivo intrapreso dal governatore è stato quello di provare a mettersi in contatto con le tre province frontaliere della Nigeria, per ottenere un coordinamento tra le forze dell’ordine dei 2 Paesi. Ma quello che è emerso è stato a dir poco inquietante: dall’altra parte della frontiera camerunese non c’è più la Nigeria, ma tre province completamente nelle mani di Boko Haram. Tutte le forze dell’ordine se ne sono andate, la gente fugge dove può. Non più un funzionario a dare una parvenza di normalità. L’esercito nigeriano sta tentando di riprendere il “suo” nord-est attraverso i bombardamenti. Per ora, senza riuscirci.

I primi a pagare per questa situazione sono – come sempre! – i civili. La setta, che ha come scopo di distruggere le scuole e la cultura (diabolica manifestazione dell’oppressione occidentale, a loro avviso), assalta scuole e villaggi. La gente, dicevo, fugge dove può. Molti sono coloro che si stanno rifugiando in Camerun, dopo aver perso case, terre e raccolti. E i poveri che abitano le zone di confine stanno mostrando una solidarietà inimmaginabile, accogliendo nelle loro case e nutrendo “fratelli” che hanno bisogno di tutto.

Purtroppo, però, la tragedia non si limita a questo. L’esercito camerunese ha fatto sapere che, ben mimetizzati in mezzo a questi rifugiati, stanno entrando in Camerun anche vari membri della setta di Boko Haram.

Fino a qui i fatti.

Passiamo a ciò che in questi momenti si sta dicendo e pensando qui, sul posto.

Quando, in aprile, la famiglia francese sequestrata era stata liberata, si era tirato un sospiro, illudendosi che lo Stato avesse ripreso in mano il controllo della situazione e che quindi si stesse ritornando “alla normalità”. Ma non era così. Nella tranquillità apparente, la setta stava invece cominciando a tessere la sua tela organizzativa. Le voci che circolano parlano di cellule in formazione. E di una connivenza da parte di qualcuno che quando va bene è solo passiva, ma che talora diventa decisamente attiva (senza complici “locali”, per esempio, l’assalto alla missione di padre Georges è difficile da spiegare).

Già all’indomani del sequestro, il governatore aveva disposto che tutti i bianchi che abitano nelle vicinanze della frontiera nigeriana ripiegassero su Maruà e, meglio ancora, rientrassero in Patria.

I missionari, però, si erano opposti, dicendo che non si abbandona la gente quando il bisogno si fa più grande. Ma l’autorità civile non aveva ceduto, facendo sentire il peso del suo comando.

Ieri, invece, è arrivato l’insperato contrordine: sembra che il papa stesso sia intervenuto a chiedere che sia permesso ai missionari di restare al loro posto. La missione della Chiesa è accanto a chi ha bisogno.

Prospettive.

La “crisi” attuale (e, per una volta non mi riferisco a quella economica mondiale, ma allo stato di destabilizzazione in atto nel nord del Camerun) non è di quelle destinate a passare velocemente. Se, con l’aiuto di Dio, potremo riabbracciare il nostro amico Georges, questo non significherà la fine di un bel niente. L’Islam estremista è sempre più armato e sempre più intenzionato ad allargare il suo territorio. Purtroppo qui la maggior parte della gente è troppo “semplice” per rendersi conto che aprire la porte a questo Islam non porterà a nulla di buono. Qui non c'è la possibilità di informarsi come da noi, di fare la differenza tra Islam e Islam.

Il vescovo di Maruà è da sempre un indefesso propugnatore della pace tra le religioni, del dialogo, della convivenza fraterna. Ma, si sa, con gli estremisti le vie del dialogo raramente portano da qualche parte.

Per ora, da quanto si capisce, Boko Haram vuole colpire il Camerun proprio nel suo “punto di vanto”: Paese in pace da oltre 50 anni, Paese d’integrazione religiosa, Paese aperto al mondo. E così fa di tutto per creare destabilizzazione.

Dobbiamo poi aspettarci una seconda fase? Chiese bruciate, scuole assaltate a colpi di mitragliatrice, villaggi interi dati alle fiamme: è questo ciò che sta accadendo dall'altra parte della frontiera. E tutto questo nella volontà di imporre il VERO Islam.

E la Chiesa, cosa fa? E cosa deve fare?

In queste ore, io sono colpito e toccato dal coraggio di tanti confratelli e consorelle missionari, che non vogliono fare un solo passo indietro. Nessuno è incosciente. Nessuno ha voglia di lasciarci le penne. Ma nessuno intende neanche abbandonare il campo.

Ieri sera un padre francese mi raccontava che sta ricevendo molte chiamate da giornalisti del suo Paese per avere dettagli sul sequestro. In molti casi ha dovuto “difendersi” da accuse del tipo: Perché rimanete lì? Volete proprio andarvela a cercare? E se poi vi sequestrano, chi paga? Il Vaticano? Saranno i contribuenti francesi che dovranno pagare la vostra cocciutaggine?

Qualcuno si spingeva ancora più in là: Con i soldi del vostro riscatto, voi armate i Boko Haram! E via di questo passo.

Sì, lo si sa che la Francia è un Paese ampiamente scristianizzato. Ma non ci stiamo allargando un po’ troppo?

Preti, suore, laici che la Chiesa manda in missione non partono per il gusto dell’avventura. E neanche perché sono dei disadattati nel loro Paese d’origine. Si parte perché Gesù ha detto : “Voi sarete miei testimoni fino agli estremi confini della terra”. Testimoni di Gesù attraverso l’annuncio della sua Parola, e, molto più, attraverso una vita spesa al servizio degli ultimi. Sul Suo esempio. Questo è tutto.

Come si fa a parlare di “Uno” che ha dato la vita per il mondo, se, al sopraggiungere del pericolo, si dice: “Beh, adesso io ho finito: cavatevela da soli”?!? Il Vangelo, amici miei, non è una bella storia. Bella da raccontare, bella da ascoltare. Il Vangelo è programma di vita. Che credibilità avrebbe, se coloro che sono venuti ad annunciarlo (e vi ricordo che qui la Chiesa ha solo 50 anni!) se ne andassero non appena il prezzo comincia ad alzarsi?

Francamente i missionari non lo vogliono il martirio (di sicuro, non io!), ma quando parli di Gesù in mezzo a gente che la vita ha tenuto sempre schiacciata a terra, senti tutto il peso della Parola che stai portando. E capisci che non puoi scaricarlo.

Detto questo, bisogna anche che vi tranquillizzi un po’. Onestamente non mi sembra che qui a Loulou siamo esposti più di tanto. La frontiera nigeriana in linea d’aria è a 70 km. In più, l’esercito camerunese sta davvero mobilitandosi per proteggere le missioni. Quindi, vi invito a non avere particolari preoccupazioni per noi.

Ma questa lettera andava scritta perché non può accadere che non si sappia! Il mondo deve sapere quello che accade. E la Chiesa di Vicenza ancora di più, visto che nel nord del Camerun ha 2 missioni diocesane (Loulou e Tchéré).

Vi dico fin da subito che qualora qualcuno di voi volesse scrivere in proposito a quanto vi ho raccontato, non so quanto in grado sarò di rispondere. Il periodo è pieno e, alla facciaccia di Boko Haram, la vita continua! Una preghiera intensa per padre Georges, quella, invece, ve la chiedo con tutto il cuore. Vi abbraccio. E a me si associano don Leopoldo, suor Emanuela e suor Anna. Ciao!

 

don Maurizio

 

P.S.: Devo aggiungere una riga. Questo scritto non è un pezzo giornalistico. Non sono stato lì a pesare parola per parola così come fanno "quelli del mestiere". Vi ho raccontato quello che sta accadendo, seguito da quello che in questo momento si dice e si pensa. Se volete farvi anche altre idee, vi invito a navigare in rete (digitate "Georges Vandenbeusch", magari in motori di ricerca francofoni).

Buon viaggio nell'informazione! Ancora ciao!

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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