No euro, no ... parti
Mercoledi 15 Agosto 2012 alle 09:46 | 0 commenti
Per la festa bisogna aspettare. Niente mare ma neanche Monti: quest'anno non si pare, si resta a casa. Ferragosto da poveri cristi. Ferragosto che non è neanche una pausa. Troppi vicentini hanno già affrontato la loro personale spending review, in vista di tempi duri. Variati a ottobre inaugurerà , benedicente Giorgio Napolitano, la Basilica Palladiana restaurata con tanto di mostra milionaria prima di inaugurare l'unica grande opera (l'altra, il ristorante nel teatro comunale è saltato) - portata a termine nel suo mandato, la base Usa al Dal Molin.
Con i venti di guerra che soffiano dal Vicino Oriente c'è poco da stare allegri. Pessimismo? No, i pessimisti sono degli ottimisti bene informati. Siamo già in guerra.
Secondo l'Eurostat la contrazione del Pil rispetto al secondo trimestre 2011 è stata dello 0,4% per l'Eurozona e dello 0,2% per l'intera Ue; il dato italiano fa paura: - 0,7%, peggio della Spagna, lontani dalla Francia, lontanissimi dal +0,3% della Germania. L'Europa va da una parte. Noi stiamo affondando: il naufragio delle Concordia fu una premonizione, Schettino una epifania.
Epifania di Ferragosto: persino un giornale filogovernativo come l'Unità inizia a capire i guasti del centralismo tecnocratico che smantella lo stato sociale, prontissimo a svendere il bene pubblico, aumentare tasse e accise ma decisamente silente, e complice, di banche e sprechi come quelli siciliani scoperti in queste ore: nonostante le dimissioni, la Giunta Lombardo ha evitato la revisione della spesa promessa a Monti, e ha varato un piano di benefit e bonus per i pubblici dipendenti regionali, molto più che una sorta di argent de poche in vista delle elezioni. L'Italia non cambia mai, nemmeno se si è in guerra. Inquieta pensare all'8 settembre, l'unica festa rimasta a Vicenza, data simbolica per l'Italietta dei troppi badoglio che in ogni guerra vengono spacciati per salvatori della patria, salvo poi darsela a gambe lasciandoci soli in balia degli eventi. Che si chiamino Badoglio, Schettino o Monti a pagare sono sempre i poveri cristi.
Roberto Ciambetti
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