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"No alle case chiuse di Milena Cecchetto, sì alle case del piacere"

Di Redazione VicenzaPiù Sabato 27 Agosto 2011 alle 15:41 | 0 commenti

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Irene Rui, Forum donne Prc Vicenza - C'è molta confusione sulla nomenclatura “case chiuse”, casini, bordelli o “case del piacere”. Spesso si tende a definire gli immobili, anche pubblici, usati per l'esercizio della professione del sesso (presenti in Italia fino ai primi anni del Novecento e in alcuni Paesi europei attualmente) solo con la definizione di “case chiuse”, anche se queste sono “case del piacere”. Forse è meglio fare un po' di chiarezza. Le “case chiuse” nascono nel periodo Giulittiano, precisamente con Crispi a fine Ottocento, ove i casini, in cui si esercitava la prostituzione furono confinati ai margini dei centri storici, lontano da luoghi pubblici e avevano l'obbligo di tenere le serrande abbassate o gli scuri chiusi.

E' per questo che furono chiamate “case chiuse”, esse dovevano dare un segnale chiaro che lì si esercitava una professione considerata degradante per la società, ma utile all'uomo. Le “case chiuse” furono delle vere e proprie zone di sfruttamento ove le lavoratrici che vi risiedevano, munite di un libretto sanitario e sociale che le marchiava a vita per la loro professione, avevano uno standard di lavoro che andava dalle 30 alle 50 marchette al giorno e per non più di 15 giorni, dopo di che la ragazza veniva cambiata, come uno strofinaccio. Le professioniste che vi esercitavano erano sottoposte a controllo statale sia dal punto di vista sanitario con visite coatte e umilianti, sia con schedatura e registrazione in un apposito libro, tanto che nei loro documenti vigeva la dicitura prostituta.  Queste 560 “case della schiavitù” furono chiuse definitivamente nel 1958 con la legge 74 detta Merlin, poiché considerate gravemente limitanti per i diritti umani e meta dello sfruttamento della malavita. Lo scopo della legislatrice era non di vietare l'esercizio della prostituzione, ma di dare dignità alle donne, anche le lavoratrici del sesso; purtroppo i legislatori maschi fecero opera di depauperamento della proposta di legge, riportandola ancora nei canoni del proibizionismo ufficiale e del permissivismo nascosto. Si pensa veramente che il loro ritorno risolva la questione della prostituzione o è meglio invece una riforma della normativa vigente e legalizzare ed aprire le cosiddette “case del piacere”? Le “case del piacere”, pur anche queste avendo le loro pecche, sono viceversa dei luoghi in cui le lavoratrici e i lavoratori del sesso, esercitano, offrono un servizio che oltre a dare un piacere sessuale, insegna al o alla cliente, a prendere coscienza delle sensazioni del proprio corpo e anche in alcuni casi a risolvere questioni di “devianza” sessuale e di problematiche con il o la partner. E' un luogo dove è assicurata alle lavoratrici e ai lavoratori, oltre al cliente, una sicurezza igienica e sanitaria. Naturalmente l'apertura delle “case del piacere” deve andare di pari passo con la legalizzazione del lavoro del sesso, con la regolamentazione di orari, parcelle e sanitaria, onde evitare situazioni di sfruttamento e schiavizzazione delle lavoratrici. I controlli devono essere fatti solo dal punto di vista del rispetto della legislazione sul lavoro. Ci dispiace vedere che anche le donne sindaco, nel particolare Milena Cecchetto (ma non è la prima), prendono posizione a favore della riapertura delle “case chiuse”, triste ricordo di un passato in cui considerava noi donne, oggetto maschile e non soggetto di diritto. Ci piace pensare che la triste posizione della sindaca di Montecchio Maggiore, sia dettata dalla sua ignoranza in materia e non da una sua volontà esplicita, altrimenti vorremmo ricordarle che oggi lei non siederebbe in quello scranno, ma sarebbe la serva del suo compagno, come lo erano le nostre nonne; non avrebbe questa libertà di movimento e civile, anche se qualcuno ce lo vorrebbe togliere, che abbiamo oggi.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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