No a controriforma diritto e processo di lavoro
Lunedi 26 Aprile 2010 alle 17:57 | 0 commenti
Cgil Vicenza - Una crisi inedita ma profonda sta di fatto indebolendo lavoratrici e lavoratori, dentro i luoghi di lavoro e nel mercato del lavoro.
I provvedimenti necessari ad affrontare questa crisi sarebbero ben diversi da quelli che si stanno mettendo in campo da parte del Governo: una politica industriale che indirizzi e sostenga le nostre imprese in un momento di riposizionamento internazionale; una riforma in senso universale del regime degli ammortizzatori sociali; un intervento di alleggerimento della pressione su salari e pensioni che riavvii, anche per questa via, i consumi interni; interventi e investimenti in ricerca, innovazione, formazione che ci allineino, almeno, ai livelli europei.
Invece di intraprendere strade finalizzate a potenziare il lavoro è in corso un indebolimento dei diritti dei lavoratori, l'ultimo dei quali è rappresentato dal cosiddetto ‘collegato al lavoro', già rinviato alle Camere dal Presidente Napolitano in quanto "eterogeneo, complesso e problematico".
Esso, sommato a precedenti provvedimenti (dalla Legge 30/2003 sul mercato del lavoro all'abolizione della legge 118/07 sulle dimissioni volontarie, dalle correzioni al Testo Unico su salute e sicurezza agli accordi separati sugli assetti contrattuali), contribuisce a precarizzare i rapporti di lavoro, a scardinare il ruolo dei contratti collettivi, fino a prevedere contrattazioni di tipo individuale. Esso ha profili di incostituzionalità , ma soprattutto, esso declassa il diritto del lavoro a puro diritto commerciale e, di conseguenza, tratta il lavoro come merce qualsiasi, soggetta a transazioni arbitrarie.
Gli aspetti più critici della c.d. riforma del processo del lavoro riguardano:
- il potenziamento dell'istituto della certificazione;
- l'introduzione su vasta scala dell'arbitrato;
- la limitazione del ruolo del giudice del lavoro;
- il nuovo regime delle decadenze.
Governo e maggioranza si apprestano, a partire dal prossimo 28 aprile, ad apportare qualche modifica al testo originario, ma ciò non basta per cambiare il senso di una legge sbagliata che continua a mantenere punti evidenti di incostituzionalità .
Tra i cambiamenti previsti dagli emendamenti, giudichiamo positivamente: la ‘clausola compromissoria' che non sarà più stipulata per nessuna materia all'atto dell'assunzione; il licenziamento che dovrà continuare ad essere in forma scritta; il lodo arbitrale divenuto non più definitivo, ma impugnabile, anche se resta la pesante spada di Damocle di una possibile dichiarazione preventiva di accettazione di qualsiasi decisione arbitrale.
Permangono, invece, misure molto gravi: la certificazione in deroga ai contratti collettivi nazionali di lavoro e i vincoli al ruolo del giudice del lavoro; il ricatto sui precari per la clausola compromissoria che non è certo attenuato da un rinvio di 30 giorni; nessuna schermatura sostanziale alla derogabilità di leggi e contratti, possibile con l'arbitrato di equità che resta preventivo al manifestarsi della controversia; la previsione di un decreto ministeriale anche se fintamente attenuata; la permanenza di stretti termini di impugnazione.
Pertanto, in relazione al messaggio del Presidente della Repubblica, pare evidente l'insufficienza delle risposte sull'insieme dei 5 articoli di legge evidenziati come critici.
Per questo la Cgil, nel continuare a chiedere altri, profondi interventi a sostegno del lavoro, ritiene che il ‘collegato' vada ritirato o profondamente modificato, al fine di non infliggere ulteriori ferite al diritto e al processo del lavoro.
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