Nino Di Matteo sbarca all'Antimafia. Guanto di sfida dello Stato alla malavita o ennesimo specchietto per le allodole?
Venerdi 17 Marzo 2017 alle 13:49 | 0 commenti
Dopo due anni dal primo tentativo andato a vuoto, finalmente giovedì per Nino Di Matteo è arrivato il giorno che tanto sperava e desiderava. Il pm di Palermo e principale artefice della costruzione dell'impianto accusatorio per il processo sulla Trattativa Stato-Mafia in corso nel capoluogo siciliano, è infatti stato nominato dal Consiglio Superiore della Magistratura quale nuovo Procuratore Nazionale Antimafia con il massimo del punteggio, riconoscendo al magistrato le sue "ottime qualità professionali" maturate attraverso il suo "solido e vasto bagaglio di esperienza " presso la Procura di Palermo nei suoi 18 anni di servizio. Tutto è bene quel che finisce bene quindi? Prima di cantare vittoria, e la storia insegna, è bene essere cauti si da subito.
E' innegabile (e ci mancherebbe) il coraggio e l'ottimo lavoro svolto da Di Matteo in questi anni, soprattutto se commisurato agli innumerevoli ostacoli incontrati dallo stesso lungo il suo percorso. Famose sono infatti le parole pronunciate da Totò Riina nel carcere di Parma che, caaptato da una telecamera nascosta, aveva sentenziato la morte del magistrato prevedendo per lui la stessa fine di Giovanni Falcone nella strage di Capaci. E' altrettanto innegabile, però, come in questi anni la classe politica (e il governo Renzi ne è un esempio lampante), più che sull'effettivo e concreto impegno delle istituzioni atte combattere la malavita organizzata e in generale le disfunzioni nella società e nella pubblica amministrazione, si sia avvalsa di figure simbolo atte a fungere da specchietti per le allodole . Volendo fare qualche esempio si potrebbe citare Carlo Cottarelli, incaricato dall'allora primo ministro Matteo Renzi di studiare un piano strategico per tagliare i costi e i grandi sprechi di stato e poi costretto alle dimissioni in quanto troppo efficiente e troppo preparato per limitarsi al ruolo di semplice discepolo della politica governativa renziana. Ultimo, ma non ultimo, è il caso di Raffaele Cantone, attuale presidente dell'Anac (Autorità Nazionale Anti Corruzione), chiamato a capo dell'istituto a seguito degli episodi corruttivi emersi a seguito delle indagini riguardanti l'evento di Expo 2015 e gli appalti per i lavori del Mose di Venezia, il sistema di dighe mobili progettato per contrastare il fenomeno dell'acqua alta, senza dimenticare lo scandalo di Mafia Capitale. In tutti questi casi, purtroppo, la determinazione e il senso del dovere dell'uomo si è scontrato con la volontà della classe politica di preservare il proprio status quo e di autoassolversi nelle proprie malefatte, relegando dei meritevoli servitori dello stato a dei puri e semplici passacarte. Tanti auguri e un grande in bocca al lupo a Nino Di Matteo, quindi, con la speranza che riesca a esercitare la sua funzione nell'indipendenza che gli è propria.
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