Meno 250 infermieri solo all'Ulss 6 di Vicenza, Fanchin: carico di responsabilità sulle famiglie
Mercoledi 7 Settembre 2011 alle 16:48 | 0 commenti
Collegio Infermieri Ipasvi di Vicenza - Meno 250 infermieri solo all'Ulss 6 di Vicenza Il presidente Gianmaria Fanchin: "la progressiva riduzione di infermieri determinerà un importante carico di responsabilità sulle famiglie"
In cinque anni la consistenza degli infermieri all'Ulss 6 di Vicenza sarà ridotta di 250 unità , attraverso il mancato turnover del personale ed il blocco assoluto delle assunzioni. Questo lo scenario che potrebbe prospettarsi se il modello proposto dal segretario regionale alla Sanità , Domenico Mantoan dovesse andare in porto (qui la tabella relativa).
Forte la preoccupazione degli oltre 5500 infermieri vicentini, rappresentati dal Collegio Ipasvi e che potrebbero presto vedere drasticamente modificato il proprio ruolo, con mansioni differenti e turni di lavoro ancor più pesanti. "La nostra riflessione preventiva - spiega il presidente del Collegio Ipasvi di Vicenza, Gianmaria Fanchin - mira a far riflettere i tecnici della Regione Veneto che saranno incaricati a definire un nuovo modello organizzativo ed al contempo di condurre alla ragione i politici, chiamati a rispondere ai cittadini delle proprie scelte e, soprattutto, tenuti a farsi carico dell'importante destino della Sanità , un settore che impatta fortemente sull'intera comunità ".
Determinazione delle dotazioni organiche Per contrastare le difficoltà economiche che il nostro Paese sta attraversando e ridurre in maniera consistente e strutturale il disavanzo della Sanità veneta, la Giunta Regionale ha avviato una serie di azioni per limitare i costi. In quest'ottica è stato mutato il parametro di finanziamento del sistema sociosanitario, che dal 2013 passerà da un costo storico al costo standard delle prestazioni. Per far questo la Segreteria regionale alla Sanità ha avviato una ricognizione sull'organizzazione del lavoro delle unità operative di degenza e sulle risorse umane impiegate nell'assistenza ospedaliera.
"L'individuazione di criteri omogenei per stabilire il fabbisogno di personale - sottolinea il presidente Gianmaria Fanchin - è un obbiettivo condivisibile, ma il metodo ipotizzato per raggiungerlo è tutt'altro che accettabile. Il Segretario regionale ha dichiarato recentemente sulla stampa locale, infatti, di far riferimento: al modello utilizzato dalla Regione Lombardia nel 1998 per definire i requisiti minimi per l'accreditamento delle strutture sanitarie; ad un DM del 1988 del ministro Donat Cattin e ad un fantomatico e misconosciuto modello inglese". Criteri formulati decenni fa, quando la Sanità e l'universo sociale avevano caratteristiche ben diverse (cronicità e comorbilità inesistenti, contesto sociale e familiare molto diversi da oggi, tecnologie e complessità estremamente ridotte, standard di qualità oggi improponibili).
L'operatività dei modelli studiati dalla Regione Le fonti legislative citate suddividono i reparti in specialità di base, a media ed elevata assistenza, aree intensiva e lungodegenza.
Analizziamo il caso dei reparti di base, ma l'esempio si può estendere a tutti gli altri contesti operativi. Per le specialità di base si prevede che sia sufficiente fornire 120 minuti di assistenza al giorno per paziente (ciascun ricoverato avrebbe a disposizione un infermiere o un Operatore sociosanitario per un massimo di 5 minuti all'ora; se i due operatori sono assieme il tempo a disposizione si riduce a 2,5 minuti). Dall'analisi condotta nelle 21 Aziende Ulss e 2 Aziende Ospedaliere del Veneto emerge che le specialità di "base" presentano dotazioni organiche che assicurano dosi di assistenza simili (attorno ai 180/200 minuti al giorno per paziente), ben superiori agli standard di 120 minuti definiti nel lontano 1969.
Le conseguenze
Se la Regione mirasse ad un'applicazione pedissequa dei riferimenti di personale contenuti dei modelli a cui dichiara di ispirarsi, ogni Ulss si troverebbe dall'oggi al domani con circa 200/250 tra infermieri ed Oss in più, circa 6000 in tutto il Veneto. Tanto per capirci, citando l'esempio dell'Ulss 6 di Vicenza, nel reparto di Geriatria di 30 posti letto si dimezzerebbe il personale presente passando dagli attuali 4 infermieri e 3 Oss la mattina a 2 infermieri ed 1 Oss; nelle Chirurgie (48 posti letto) si passerebbe dagli attuali 6 infermieri e
4 Oss a 4 infermieri e 2 Oss. Nelle Medicine (90 posti letto) la situazione sarebbe altrettanto drastica, passando da 11 infermieri e
15 Oss a 5 infermieri e 2 Oss. "Una situazione che sarebbe davvero insostenibile - prosegue il presidente Gianmaria Fanchin - specie se consideriamo che fino a poco tempo fa si perorava la causa di intensificare i Poli universitari infermieristici, mentre oggi ci troviamo a fare i conti con uno dei più bassi rapporti infermieri/abitanti, che in Veneto è pari al 6,3, contro una media europea di 9,6".
Conclusioni
"Noi infermieri vogliamo poter continuare a svolgere la professione che amiamo - conclude il presidente Gianmaria Fanchin - e rasserenare le famiglie sul fatto che continueranno a vedere i propri cari assistiti con serietà e professionalità . È evidente, tuttavia, che se le premesse regionali dovessero tradursi concretamente ai pazienti non sarebbero più garantiti, tra le altre cose, l'accoglienza, l'assistenza ai pasti, la rilevazione del dolore, l'igiene, la sorveglianza notturna assidua e frequente ed il posizionamento sul letto". Il Collegio degli infermieri di Vicenza nei prossimi giorni presenterà i dati della propria analisi anche alle Associazioni per i diritti del malato ed ospedaliere, alle Organizzazioni sindacali ed ai rappresentanti politici locali, affinché siano informati di ciò che sta accadendo ed assumano corrette posizioni in merito.
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