Matteo Renzi il trasformista
Martedi 3 Febbraio 2015 alle 16:27 | 0 commenti
In teatro il trasformista è quell’attore capace di mutare abito velocemente, famoso fu Fregoli, e oggi il suo scettro in quest’arte è di Arturo Bracchetti, ma questi due grandi attori sono inferiori a quanto riesce a fare Renzi, il capo del Partito Democratico e del, purtroppo, governo. Il quarantenne riassume in sé quella pratica che fu inaugurata nella seconda metà dell’Ottocento dalla Sinistra storica, quel raggruppamento che faceva capo ad Agostino Depretis. La Sinistra storica era una parte del liberalismo e ad essa si contrapponeva la Destra storica che faceva riferimento a Camillo Cavour.
Depretis inaugurò la stagione che giunge sino ad oggi del trasformismo in politica, ovvero ottenere costantemente la maggioranza per governare con qualsiasi accordo lo consentisse. Le intese erano addirittura con i singoli deputati, vedasi Renzi con Alfano. Tale pratica fu portata ai suoi massimi livelli da Giovanni Giolitti, il ministro del malaffare lo dirà Gaetano Salvemnini, membro del Partito socialista che allora non cercava, come oggi, di essere al governo ad ogni costo.   Il trasformismo fu solo interrotto dall’avvento al potere di Benito Mussolini, nel cui partito convivevano tante correnti, ma sempre tenute insieme, fino alla sconfitta dell’Italia nel 1945. Successivamente la Democrazia Cristiana governò quasi “da sola†fino agli anni sessanta del secolo scorso, ma il suo trasformismo era quello che si realizzava tra le correnti. Con il centro sinistra e poi con gli accordi Moro-Berlinguer prevalse quella che c si chiamerà la cogestione del potere che ha portato a tangentopoli. La prospettiva di uscire da questa prassi fu ideato da Berlusconi, ma le necessità di raggiungere la maggioranza soprattutto dopo i trasformistici e cogestiti governi della sinistra, 1906-2001( Prodi, D’Alema, Amato) non consentì un radicale e necessario cambiamento delle Istituzioni della Repubblica Italiana, quel poco fu bocciato dalla sinistra. La crisi economica, la durissima lotta della sinistra contro Berlusconi hanno consentito con vari trasformismi, mentore il Presidente della Repubblica napoletano che ci lascia in eredità il senatore a vita, pagato, Mario Monti, a Matteo Renzi di raggiungere l’ambito scranno di Premier. Immediatamente ha iniziato ad avere due maggioranze, quella di governo, con partiti antitetici per natura nelle parole, ma sodali nel potere, e quella delle riforme (patto del Nazzareno) e, dopo nemmeno un anno, una terza per l’elezione del presidente della Repubblica che gli servirà per altre decisioni istituzionali, come ad esempio i giudici costituzionali, l’organo di autocontrollo della magistratura, ecc. Ma non c’è due senza tre e il quarto va da sé. Nel caso Renzi aspettiamo una quarta maggioranza e via di seguito. Renzi in fondo è erede di quella tradizione della sinistra storica che fu anche della sinistra democristiana e chi ne fa le spese è sempre il cittadino, che vede leggeri, ma spesso solo apparenti cambiamenti, ma nulla mutare. In fondo anche a Vicenza e nel Vicentino le cose sono imitate dalle svariate maggioranze che si sono costituite in Comune e in provincia.
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