Matteo Marzotto condannato a 10 mesi: 90 giorni per le motivazioni poi 45 per il ricorso. Rimarrà intanto in BPVi, Fiera e Cuoa? Le risposte toccano a lui, a Iorio e a Variati
Giovedi 18 Febbraio 2016 alle 13:39 | 0 commenti
Colpevoli in primo grado, e condannati a 10 mesi di reclusione. È arrivata ieri pomeriggio la sentenza del Tribunale penale di Milano per Matteo e Diamante Marzotto e per Massimo Caputi. Un colpo duro, ma contro cui i difensori dell'illustre vicentino faranno "naturalmente" ricorso mentre i pm . Il caso riguarda la cessione della Valentino Fashion Group al gruppo Permira, una vendita che ha garantito ai soci della Icg (l'azienda lussemburghese International Capital Growth by famiglie Marzotto e Donà Delle Rose era "esterovestita" secondo i pm, prima, e ora anche per il giudice) un plusvalenza di 200 milioni di euro, che ha comportato un'evasione fiscale stimata in circa 71 milioni.
Al di là delle diverse parole (i difensori annunciano ricorso e i pm di Milano Laura Pedio e Gaetano Ruta non hanno voluto commentare la sentenza "per correttezza e per non essere coinvolti in qualunque tipo di valutazione") al momento pesa la condanna, che prevede 10 mesi di reclusione. Pena al momento sospesa, e che rimarrà sospesa proprio per via del ricorso. Si dovranno aspettare i 90 giorni per l'emissione della sentenza, e poi ci saranno altri 45 giorni per attendere l'annunciato ricorso.
Nel frattempo, mentre a Vicenza ci si chiede se Matteo Marzotto rimarrà nel Cda della Banca Popolare di Vicenza e alla presidenze di Fiera di Vicenza e del Cuoa di Altavilla (lo abbiamo chiesto a lui per tutto, a Iorio per la Banca e a Variati, sindaco di Vicenza e presidente della Provincia, per Cuoa e Fiera) è stata predisposta la restituzione dei beni sequestrati ai tre imputati: diverse proprietà di cui è difficile stimare esattamente il valore, ma che ammontavano, tenendo conto però della quota degli altri 8 imputati che hanno patteggiato (e i cui beni sono già stati dissequestrati), a circa 65 milioni di euro. Dieci mesi, a fronte dell'anno e quattro mesi chiesti dal PM Ruta, in quanto è stata accettata l'attenuante per l'avvenuto pagamento ("patteggiati" 57 milioni con addirittura uno sconto di 14 miulioni di euro sui 71 stimati dlla GdF...) del debito tributario.
Fatto sta che nonostante l'eccezionalità della notizia siamo di fronte a un evento che rappresenta solo un primo punto a capo di una vicenda tutt'altro che conclusa. La difesa insiste sull'estraneità dei fatti per i tre imputati. Matteo, Diamante e Massimo Caputi non avrebbero avuto parte nella transazione, e in particolare secondo le loro ricostruzioni la Valentino Fashion Group sarebbe stata venduta "a insaputa" del suo stesso presidente.
E ci sarebbe da aggiungere, quasi come nota di colore: nessuno mette in dubbio che un reato ci sia stato. Se è vero che il patteggiamento di 8 imputati su 11 lascia pensare male, è anche vero che il patteggiamento non è un'ammissione di colpa e che una delle difese possibili sarebbe sostenere che l'operazione di vendita in Lussemburgo era legittima (e recentemente c'e stata un'assoluzione per una controversia molto simile legata al marchio Dolce&Gabbana).
Quello che rimane da stabilire, però, per gli imputanti rimasti "alla sbarra" (ma che non erano presenti di persona almeno alle ultime due sedute), è se siano "concorsi" in un reato che sembra dato per scontato. Insomma, in attesa di ulteriori sviluppi ci sono molti dubbi e poche certezze. Certo è che la Valentino fashion Group non è più proprietà dei Marzotto, ma è dubbio se Matteo fosse favorevole o contrario a questa decisione. Certo è che al fisco italiano sono stati restituiti 57 dei 71 milioni che sarebbero stati evasi...
È, infine, da stabilire, pare, "in che modo" (è quello che chiede la difesa) Matteo e Diamante Marzotto, e Massimo Caputi siano coinvolti in questa vicenda, anche se pare che "in qualche modo" (come sosteneva l'accusa) ne siano invischiati. Un "in qualche modo" che per la difesa è del tutto insufficiente, ma che per il momento al giudice è bastato per emettere un verdetto di colpevolezza.
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