Manifestazione contro base Usa, PdAC: noi esclusi dal corteo, chi teme nostre posizioni?
Mercoledi 15 Maggio 2013 alle 00:03 | 0 commenti
Dichiarazione del Comitato Centrale del Pdac (sezione italiana della Lit-Quarta Internazionale)
La lotta contro la guerra e la base Usa a Vicenza. Chi ha paura delle posizioni di Alternativa Comunista?
Appello per un confronto pubblico su come rilanciare la mobilitazione
Il 4 maggio, a Vicenza, in occasione della manifestazione contro la base Usa, è avvenuto un fatto grave. Ai compagni della sezione di Vicenza di Alternativa Comunista, e ad altre realtà politiche e sindacali che avevano promosso uno spezzone di classe, è stato impedito di unirsi al resto del corteo contro la guerra e contro la base Usa.
E' stata la Digos a impedire che lo spezzone classista (di cui facevano parte, oltre al Pdac, anche Cub, Usb, la Rete dei Comunisti, Pcl, ecc.) confluisse nel resto del corteo. Non ci stupiamo del comportamento della Digos: il ruolo della polizia è quello di reprimere le manifestazioni di dissenso e perseguitare gli attivisti politici e sindacali. Quello di cui ci stupiamo è un altro fatto: la Digos ha isolato questi compagni perché alcuni Disobbedienti vicentini (legati ai Centri Sociali del Nord Est) hanno concordato con la Digos l'allontanamento dello spezzone classista dal resto del corteo, utilizzando di fatto la polizia come proprio servizio d'ordine.
Le divergenze politiche
Quali sono le motivazioni portate da questo gruppo (una decina circa) di Disobbedienti per impedire allo spezzone classista di raggiungere il corteo? Secondo quanto da loro stessi pubblicamente dichiarato, il motivo era la presenza di Alternativa Comunista nello spezzone classista. Il Pdac di Vicenza è sempre stato in prima fila nella lotta contro la base Usa a Vicenza: basti ricordare che la compagna Patrizia Cammarata (del Pdac di Vicenza) nel 2007, in occasione della più grande manifestazione contro la costruzione della base, fu uno degli oratori che conclusero con un intervento dal palco il partecipatissimo corteo. Non solo. I compagni del Pdac di Vicenza promossero allora, insieme con altri attivisti contro la base, un comitato (il Comitato degli abitanti e dei lavoratori di Vicenza est - Contro la costruzione di una nuova base a Vicenza - Per la conversione della caserma Ederle ad usi civili) che è stato sempre attivo nella lotta contro la base, con una costante presenza settimanale di fronte alla caserma Ederle e un impegno concreto a sostegno dei disertori dell'esercito statunitense.
Perché allora tanta ostilità da parte di questi Disobbedienti vicentini nei confronti del Pdac? Il motivo, per loro stessa ammissione, sta nel fatto che il Pdac ha fatto un bilancio diverso dell'esito delle mobilitazioni contro il Dal Molin, esprimendo giudizi critici nei confronti della decisione dei Disobbedienti di sostenere sia il referendum sia il sindaco del Pd Achille Variati al ballottaggio, durante le ultime elezioni amministrative, in cambio di quelle che il Pdac vicentino ha definito mere concessioni di facciata. Il Pdac, fin da subito, mise in guardia il movimento rispetto alle intenzioni del Pd, allertando che la consultazione sarebbe stata un mezzo per depotenziare la mobilitazione. E così è stato. L'esito del referendum è stato ignorato, la base è stata costruita, la mobilitazione è progressivamente scemata e l'unico "risultato" che dopo anni di mobilitazioni di massa si è riusciti a strappare è stata... la concessione di un parco (definito, con involontaria macabra ironia, "Parco della Pace") nei pressi della nuova base Usa.
E' per questo che, in occasione della manifestazione del 4 maggio, il Pdac ha voluto ribadire la sua posizione: il movimento è stato svenduto dal Pd (e da chi al Pd si è accodato) in cambio del nulla. Sosterremmo la stessa posizione se oggi, in Val di Susa, al posto del proseguimento della lotta sul territorio alcuni esponenti del movimento proponessero un referendum locale contro il Tav: diremmo che non è coi referendum "consultivi" che si strappano risultati, ma solo con la lotta. E, infatti, in Val di Susa, la mobilitazione prosegue, senza illusioni su possibili soluzioni provenienti dalle istituzioni (di centrodestra o centrosinistra).
La necessità di un reale confronto
Comprendiamo che alcuni attivisti dei Disobbedienti possano non gradire le critiche che il Pdac ha mosso loro: siamo abituati a dire sempre quello che pensiamo, consapevoli che spesso questo ci porta in conflitto con chi ritiene che le nostre critiche possano rompere certi "equilibri politici". Crediamo che la reazione scomposta dei Disobbedienti vicentini si spieghi, probabilmente, con una buona dose di consapevolezza del fatto che quello che il Pdac afferma è drammaticamente vero: il Pd e gli Usa hanno vinto, il movimento ha perso (per ora) la sua battaglia. Se lo affermiamo non è per mera critica fine a se stessa: è perché crediamo che sia necessario rilanciare, su basi politiche diverse, la mobilitazione contro la base e contro la guerra, prendendo esempio dalla Val di Susa.
Ma c'è una cosa che riteniamo fondamentale: le divergenze politiche, anche aspre, non devono portare alla rottura dell'unità d'azione contro il comune nemico, in questo caso contro un nemico molto potente, l'imperialismo Usa. Nel movimento - così come nei sindacati e nei comitati di lotta - deve essere garantita la possibilità a tutti i compagni di esprimere posizioni critiche nei confronti della linea politica egemone. Le intimidazioni non possono e non devono prendere il posto del confronto politico aperto e franco.
E' a partire da questa convinzione - che crediamo condivisa anche da tanti e tante compagne del movimento contro la guerra - che, nonostante le intimidazioni subite, Alternativa Comunista propone ai Disobbedienti un confronto politico pubblico sulle rispettive posizioni in relazione alla lotta contro il Dal Molin. Chiediamo a tutte le organizzazioni politiche, di movimento e sindacali che sostengono le ragioni della battaglia contro la base Usa di promuovere insieme al Pdac un'assemblea a Vicenza per discutere di come proseguire e rilanciare la lotta contro la base Usa, fino alla cacciata dell'esercito Usa dalla città . Nella consapevolezza che il movimento può crescere solo se è lasciato spazio al confronto politico democratico tra tutte le realtà di classe e di lotta.
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