Luigi Dalla Via, VicenzaPiù 203: Schio, la rossa democristiana. Voto amministrativo a stranieri
Giovedi 9 Dicembre 2010 alle 01:35 | 0 commenti
di Giovanni Coviello ed Enrico Soli
Il sindaco Luigi Dalla Via racconta la sua città tra passato, presente e voglia di integrazione. Il voto amministrativo va esteso agli stranieri
Quando ha cominciato ad occuparsi di politica?
Ho cominciato già a 19 anni. Fino al diploma all'Itis "De Pretto" di Schio mi sono impegnato nello studio e nel lavoro a casa, ad aiutare i famigliari contadini. Poi sono rimasto disoccupato per sei mesi e quindi ho iniziato a frequentare da un lato la sezione Dc del quartiere Giavenale e dall'altro un gruppo della Coldiretti.
Nel 1980 c'era da fare la lista per le comunali e c'erano degli spazi per qualcuno di nuovo. Mi sono reso disponibile quasi per gioco e, senza particolari meriti ma perché mi conoscevano in quartiere, sono stato eletto in consiglio comunale. Avevo solo ventidue anni e da allora sono ancora qui. A venticinque anni ero già assessore allo sport, il primo amore, quello che non si scorda mai. Poi, dopo varie esperienze in altri assessorati, sono stato vicesindaco con Berlato Sella per nove anni e dal 2004 sono sindaco.
Cosa ne pensa della politica di oggi, o meglio dei nuovi politici?
Per uno come me, che ha fatto una lunga esperienza a livello amministrativo, vedere oggi le trasmissioni televisive è inaccettabile. Una volta si confrontavano idee diverse in un dibattito: oggi invece c'è un scontro di falsità . È un grosso problema dell'Italia.
Svolge ancora un'attività lavorativa aldilà del ruolo di primo cittadino di Schio?
Lavoravo in un'azienda della zona industriale come impiegato in ufficio tecnico, poi acquisti e qualità . Da quando sono sindaco invece sono in aspettativa, come consentito dalla legge. La cosa che più si trascura purtroppo è la famiglia (ho anche tre figli di 20, 18 e 10 anni).
Schio nasce con l'industria, è nota per la cultura operaia: quante aziende sono attive oggi?
Circa cinquecento (per poco meno di quarantamila abitanti). Mi piace far notare che questa città ha una forte ricchezza nelle attività sociali, nelle associazioni di volontariato e nelle cooperative. Questa tradizione deriva dall'aver lavorato fianco a fianco al telaio, anche se ora non c'è più. C'era una dialettica vitale tra mondo cattolico e comunista caratterizzata da una solidarietà positiva. All'interno delle aziende c'era il mutuo soccorso e l'individuo si sentiva parte di qualcosa di più ampio. In piazza, davanti al Duomo, c'è un monumento, l'Omo, dedicato da Alessandro Rossi all'operaio. Centocinquanta anni fa, quando nel resto della provincia c'erano solo contadini. Consiglio a tutti di andare a leggere le frasi fatte scrivere su quel monumento da Rossi stesso.
È rimasta negli industriali scledensi di oggi questa coscienza?
Direi di sì, vivono anche per il territorio, non solo per l'azienda. A Schio gli imprenditori si mischiano con gli altri, da sempre. Non c'è mai stato qua il bar per i "paroni" e il bar per gli operai. Questa specificità di Schio nella provincia si leggeva poi nei risultati elettorali. Nel 1975 qui è stato eletto un sindaco democristiano, un "paron", con l'appoggio del Pci e i socialisti all'opposizione. Nel 1980 abbiamo fatto una giunta pentapartito. Con la fine della Prima Repubblica, la gran parte degli ex Dc qui è confluita nei Popolari, altri sono rimasti a casa e pochissimi si sono trasferiti nel centrodestra. Oggi però il voto si sta omogeneizzando, anche per l'influenza dominante della comunicazione televisiva e perché la differenza tra il tessuto sociale di Schio e quello di altri comuni vicentini sta diminuendo.
Come vive Schio il rapporto con gli immigrati, che qui oggi costituiscono il 13% della popolazione?
Non ci sono grossi problemi. Il fenomeno dell'immigrazione ha ormai vent'anni: i primi ad arrivare furono senegalesi, ghanesi ed ex jugoslavi. Sono qui perché trovano lavoro. L'integrazione qui è reale, anche perché in questo ventennio le amministrazioni, la chiesa e il volontariato hanno accompagnato il processo. È un fenomeno che comunque va seguito visto che oggi un bambino su quattro che nasce qui è figli di stranieri. Bisogna gestirlo in maniera intelligente, da società evoluta e organizzata. In questo senso è importante ciò che si può fare a scuola, visto che si teme ciò che non si conosce: è sempre stato così. È terribile che qualcuno abbia invece strumentalizzato il fenomeno a fini elettorali: così si fanno solo danni perché si rende difficile la convivenza. Bisognerebbe consentire il voto a livello amministrativo: gli stranieri devono sentirsi a tutti gli effetti cittadini, con diritti e doveri come chiunque altro.
Nessun problema neanche con la comunità islamica?
No, dipende da come ci si rapporta: il mondo femminile ha un ruolo importante in questo senso. Il dialogo passa più facilmente attraverso le donne, tanto più che proprio le donne in alcune comunità subiscono discriminazioni rispetto agli uomini . Ho partecipato a una cena organizzata dalle diverse etnie e, oltre ad aver fatto un giro del mondo ... gastronomico, è lì che le donne, tutte, si sono parlate e aperte.
Progetti per il futuro, personali e non?
Davanti ho altri tre anni e mezzo come sindaco e ci sono diverse cose che voglio portare a termine. I cittadini pongono ad esempio il problema del traffico. Stiamo lavorando in maniera forte sulla vivibilità dei quartieri, sulle piste ciclabili. Già adesso molte più persone di prima si spostano in bicicletta. L'opposizione ci sta facendo la guerra, ma io credo nelle mie idee. Anche se dovrò trovare il modo di stare più vicino alla mia famiglia, non solo alla mia città .
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