L'Italia unita che divide gli insegnanti. E' una guerra tra poveri premeditata dai governi
Sabato 30 Luglio 2011 alle 11:49 | 0 commenti
di Luca Fantò
Spostarsi verso i luoghi in cui è più facile trovare lavoro, specie se si tratta di un lavoro qualificato sebbene sottopagato come quello dell'insegnante, è una condizione normale per l'uomo. Non è un caso che nella regione Lazio, con la costituzione delle ultime graduatorie per l'insegnamento, ci sia stato il maggior numero di inserimenti. Dati aggiornati al 13 luglio di quest'anno ci mostrano come siano arrivati oltre seimila potenziali docenti, una percentuale cresciuta del 42% (nel Veneto l'incremento è stato solo del 13%).
I flussi migratori di italiani legati al lavoro hanno caratterizzato l'Italia del secolo XIX e XX. Movimenti migratori che sono serviti oltre che a distribuire la forza lavoro e le ricchezze, a permettere all'intera popolazione di poter partecipare all'evoluzione della nostra cultura nazionale. Chi non ricorda le migliaia di veneti scesi nelle bonificate pianure laziali? In questo naturale carosello di donne e uomini, si inserisce la questione delle cosiddette "graduatorie a pettine". Una questione che ha animato e anima gli spiriti di migliaia di docenti italiani. Una questione oggettivamente difficile da affrontare con serenità poiché tutti noi che lavoriamo nella scuola statale e pubblica, conosciamo colleghi spesso di altre regioni che temono l'arrivo di colleghi, altrettanto spesso di altre regioni, in grado di frapporsi, proprio a fronte del cosiddetto inserimento a pettine, fra essi ed il posto di lavoro. Una situazione che provoca un'amara sensazione di rabbia nel cuore e nella mente di chi osserva dall'esterno o dall'interno senza esserne direttamente coinvolto. Già perché, al di là delle ragioni di chi è favorevole o contrario a questi inserimenti, ciò che colpisce è vedere come la legislazione variegata e singolare prodotta dai governi di ogni colore degli ultimi vent'anni abbia costretto una componente della classe docente al limite dell'isteria, alla diffidenza ed al peggior antagonismo tra i suoi stessi membri. Tutto ciò non è ovviamente casuale. In una società che da decenni cerca di annullare la capacità della scuola pubblica nel formare cittadini critici e competenti, avere dei docenti che per stagioni intere si arrovellano nei calcoli del proprio punteggio e di quello di tutti i loro probabili antagonisti, docenti continuamente stressati non dal proprio lavoro ma dal confronto continuo con una legislazione grottesca e multiforme, non può che essere utile. Si tratta di una vera e propria guerra politica che si combatte sulle teste degli insegnanti e quindi degli alunni. La questione delle graduatorie a pettine è così solo l'ultima di tante geniali trovate ministeriali. Oggi negli istituti scolastici abbiamo docenti non laureati e laureati, titolari per aver vinto un concorso pubblico o un concorso riservato, abilitati in scuole di specializzazione (SISS), non abilitati... La soluzione a questo caos premeditato non può essere certamente quella di stimolare tra i docenti ulteriori e fittizie differenziazioni legate alla provenienza. Cosa che invece alcuni fanno, ignari di contribuire così al raggiungimento degli obiettivi politici trasversali ad ogni maggioranza dagli anni '90 ad oggi. Le cose andrebbero ben diversamente se i docenti riuscissero a sviluppare quella "coscienza di classe" che gli permetterebbe di usare le proprie enormi energie non per impegnarsi in guerre intestine a colpi di ricorsi, ma per contrapporsi efficacemente, tutti insieme allo sfacelo che si sta imponendo alla scuola statale italiana e quindi all'intera società .
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.