L'ex padano e la rivincita sulla Manuela
Martedi 26 Febbraio 2013 alle 21:44 | 0 commenti
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Quei ritardi e quelle prospettive nere (vedi servizio precedente) secondo il senatore Alberto Filippi sono una vera e propria mazzata per l'impresa di famiglia. Perché «nessuno ci avrebbe dato un altro finanziamento per realizzare un'altra sede in un altro sito». Di lì a poco la banca chiede anche il rientro immediato per dieci dei venti milioni prestati al gruppo Filippi. «Noi - attacca l'ex esponente del Carroccio - abbiamo onorato gli impegni facendo affidamento anche sulle nostre sostanze, ma la cosa sul piano economico ci sta costando Dio solo sa quanto».
Intanto gli anni passano e a palazzo Nievo si mette in moto l'iter per l'approvazione del piano territoriale della provincia, il Ptcp. Il 29 settembre 2009 in prima pagina il GdV pubblica un articolo a firma di Eugenio Marzotto (direttore della testata è Giulio Antonacci) per il quale Filippi è pronto ad una serie di azioni civili e penali. Il senatore contesta in toto il contenuto delle accuse che lo vedrebbero al centro di una speculazione immobiliare. Filippi non ci sta, parla di poteri economici e politici che tramite i media si starebbero accanendo su di lui. Vede «l'accanimento nei suoi confronti» come un dispetto architettato da qualcuno che non gli perdona di avere soffiato a Dal Lago il posto in parlamento. Alla fine però proprio in relazione a quell'articolo definito infamante Filippi viene convinto dai suoi consiglieri ad accettare di firmare una lettera in cui garantisce al GdV che non procederà sul piano giudiziario contro la testata di via Fermi, la quale è chiamata a sdebitarsi, sostiene il senatore, con una serie di articoli più benevolenti. Filippi però torna a lamentarsi «poiché non appena firmo quella sorta di manleva ricominciano gli attacchi».
E così tra 2010 e 2011 è il momento del gran tourbillon in casa leghista; Stefani e Dal Lago, i rivali di un tempo, si riavvicinano sotto le insegne del cerchio magico bossiano. Dal Lago, un tempo maroniana doc, salta dall'altra parte mentre Filippi converge verso l'ala tosiana del Carroccio, da mesi in avvicinamento ai maroniani. Ne viene fuori una guerra fatta a colpi di espulsioni e provvedimenti disciplinari. Inizialmente è l'ala bossiana che colpisce duro. Non ci sono solo Stefani e Dal Lago, ma anche l'onorevole Paolo Franco, segretario provinciale del partito. I tre onorevoli manovrano per rendere impossibile la vita agli oppositori ed è in questo contesto che secondo Filippi, maturerebbe la sua espulsione dal Carroccio, la quale poco o nulla avrebbe a che fare con le vicende del Cis. Così è in un clima di scontro all'ultimo sangue che sempre secondo Filippi, maturerebbe la manovra con cui nell'aprile 2011 in consiglio provinciale proprio in sede di approvazione del Ptcp, si prova a demolirlo sul piano politico. Una manovra che l'entourage della Dal Lago avrebbe preparato con gli emissari dell'europarlamentare Sergio Berlato del Pdl. «Ma siamo sicuri che Berlato sia stato informato correttamente su come stessero le cose?» si domanda Filippi il quale si lamenta per essere stato oggetto di una campagna denigratoria diretta a più mani proprio perché qualcuno avrebbe voluto fargli pagare il sorpasso a Dal Lago in sede di nomination parlamentare.
Sul portale del Corriere Veneto il 30 luglio 2011 viene pubblicato un lungo servizio di Marco Bonet nel quale si riportano le parole del senatore che nega senza tema una liason tra la vicenda Cis e la sua espulsione dal movimento padano: «In quella vicenda io sono vittima, avrei di che rivolgermi alla procura. Tra Vicenza e Montecchio è stata autorizzata la costruzione di quattro centri commerciali e solo il mio, che era quello con la viabilità migliore e con il maggior vantaggio pubblico, è stato bloccato». Filippi si toglie così un sassolino dalla scarpa e respira altra aria fresca quando Sergio Berlato sul GdV del 17 gennaio 2012 a pagina 21 "assolve" Filippi: «Assistetti al tentativo di liquidare la questione come una bega personale nei confronti del senatore Filippi... utilizzato come capro espiatorio per far passare un piano territoriale che conteneva ben altre problematiche di cui l'area Cis di Montebello pareva essere una delle meno criticabili. Era e rimane un caso politico che interessa migliaia di cittadini e piccoli commercianti che la Lega, almeno a parole, afferma di voler tutelare. Non mi occupo di scelte imprenditoriali altrui... soprattutto se fatte in modo legittimo. A me interessa la posizione politica di un partito per verificarne la coerenza tra quello che predica in campagna elettorale e ciò che pratica».
Sullo sfondo però rimangono i nodi irrisolti. La proprietà di Cis spa, annunciando di volere vendere le aree per fare cassa e per evitare un buco da venti milioni, gonfia i sospetti di chi già dalla fine dei Novanta aveva visto nella operazione Cis una mera speculazione fondiaria e non tanto una opportunità per migliorare la logistica per le imprese vicentine.
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