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Di Giancarlo Corò: L'eterna modernità del politico, fenomenologia di Achille Variati

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 19 Giugno 2011 alle 14:29 | 0 commenti

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di Giancarlo Corò,

da VicenzaPiù e Ovest-Alto Vicentino n. 215 in distribuzione e sacricabile qui.

Sbaglia chi dice che Variati è un politico della prima repubblica, riciclato nella seconda. Per Vicenza Variati è stato fin dagli anni ’90 un protagonista di quel passaggio epocale della politica italiana, segnato allora dall’affermazione sulla scena nazionale di Berlusconi. Ma se Silvio ha oramai perso lo smalto di un tempo e l’ombra del declino affiora all’orizzonte, Achille appare invece in splendida forma ed è sicuramente pronto a seguire, un attimo prima degli altri, la nuova onda del cambiamento.

Variati sembra infatti vestire perfettamente il carattere del politico moderno: grande capacità di capire gli umori popolari e di aderire al “nuovo che avanza”, senza per questo abbandonare il vecchio, buono o cattivo che sia. Per fare questo, servono principi saldi ma fluidi, una disponibilità a sentire tutti senza ascoltare nessuno, l’intelligenza di promettere ai cittadini ciò che di volta in volta essi chiedono, ma soprattutto di far dimenticare loro gli impegni presi. Serve l’abilità nell’adattarsi ai contesti più diversi, di tenere insieme interlocutori fra loro opposti, spiazzando spesso gli avversari: come esponente del PD dialoga molto più con Tosi che con Zanonato, con Lia Sartori che con Gianni Rolando; come cattolico preferisce confrontarsi con la Cgil piuttosto che con la Cisl, con i “No dal Molin” che con gli Industriali. Dopo tutto, per Variati la politica è lontana da quell’attività che Niklas Luhmann definiva centrale per la società moderna – assumere decisioni collettivamente vincolanti. Per Variati la politica è piuttosto un surfing comunicativo che svolge, tuttavia, una funzione essenziale: rassicurare i propri cittadini. In questo senso Variati è davvero un politico coraggioso, e non è un caso abbia sempre dato il meglio di sé nelle emergenze. E’ stato così nei primi anni ’90, quando Tangentopoli aveva travolto la DC, mentre lui, da gran condottiero, riuscì a traghettare sé stesso e qualche amico nella nuova alleanza “arlecchino”, anticipando la formula dell’Ulivo. Lo abbiamo poi visto guidare con eroica determinazione le squadre di soccorso dopo la grande alluvione dello scorso autunno, riuscendo a presentare al mondo una “città martire”, ma guardandosi bene dall’ammettere che Vicenza investe in difesa del suolo meno di ogni altro capoluogo in Veneto. Il peggio di sé Variati lo offre quando si tratta di decidere davvero: le opere di difesa idraulica, il passaggio dell’Alta velocità, i progetti di sviluppo urbano (quelli reali, non i grandi piani sulla carta), la politica per il traffico, la strategia per le aziende municipalizzate. Decidere è sempre difficile e doloroso. Se è possibile ritardare le decisioni, possiamo stare tranquilli che Variati ci proverà. Ma certe scelte, prima o dopo, bisogna farle. E a tre anni dalla sua elezione viene da chiedersi se, oggi, Vicenza sia più vivibile, sicura, verde, accessibile e, in definitiva, migliore di prima. Qualche dubbio è legittimo. Tuttavia, pochi dubbi ci sono sulla possibilità che Variati venga rieletto. Perché lui sembra più un parroco che un politico, più un pastore che accompagna il suo gregge al solito pascolo che un leader che affronta le sfide dell’innovazione. Perciò, a meno che non scappi qualche sciocchezza a suoi collaboratori – eventualità poco probabile, visto il controllo assoluto sulla coalizione – non si vedono in giro rivali all’altezza. Questa assenza di competizione non è per Vicenza una buona notizia. Fino a qualche anno fa, il soft power variatiano era congeniale ad una città ricca, appagata e senza particolari problemi di identità e sviluppo. Ma oggi, dopo una crisi che ha colpito il cuore industriale del Nord Est e che sta ridisegnando la geografia dello sviluppo mondiale, il momento delle scelte è arrivato. Se vogliamo attirare nuovi investimenti tecnologici e di servizio, realizzare le infrastrutture necessarie ad un territorio metropolitano, dare qualità ambientale e respiro culturale alla città, allora bisogna cambiare marcia. Altrimenti, ci dovremo rassegnare a scivolare sempre più in basso fra le città del Veneto. A quel punto, la rassicurante politica di Variati riuscirà comunque a consolarci.

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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