Legge contro l'omofobia: perché il mondo cattolico non la vuole?
Lunedi 15 Luglio 2013 alle 00:18 | 1 commenti
Di Anna Barbara Grotto per Vita gay vicentina
Martedì 9 luglio la Commissione Giustizia ha approvato il testo base della legge contro l'omofobia e la transfobia che andrà in discussione in aula il 22 luglio 2013. È una legge lungamente attesa dalla comunità LGBT (lesbiche, gay, bisessuali, transgender) italiana: infatti l'Italia rimane ancora tristemente uno degli ultimi Paesi in Europa a non avere una legislazione di rilevanza penale contro le violenze e le discriminazioni di cui sono vittime le persone omosessuali e transgender (foto copyright Mofophotographer).
Le obiezioni che in questi anni si sono sentite contro una legge a tutela della minoranza LGBT vertono tutte intorno ad una ipotetica discriminazione al contrario, che tutelerebbe "i gay in quanto gay", di fatto rendendo i crimini contro i gay più gravi rispetto a quelli contro gli etero.
Oltre a far amaramente sorridere (nessuno è mai stato vittima di eterofobia, mentre di omofobia si muore), questa obiezione è totalmente sfalsata da un'errata interpretazione delle istanze che da ormai tanti (troppi) anni, la comunità LGBT, gli avvocati che la difendono e i politici (pochissimi!) che la sostengono hanno portato coraggiosamente avanti.
Innanzitutto non si è mai parlato di "una legge ad hoc per i gay", come ahimé ancora si sente e si legge; si sta invece parlando di un'estensione dell'attuale legge Mancino, che già condanna chi incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Inspiegabilmente mancano in questo elenco due voci importanti: l'orientamento sessuale e l'identità di genere.
Perché?
Non c'è una vera risposta, non una sensata e logica mi viene da aggiungere. Direi piuttosto che è la cultura tipicamente italiana, ovvero marcatamente cattolica, che in tutti questi anni ha rallentato, quando non completamente bloccato, qualsiasi passo avanti che ci potesse non far far chissà che gesto d'avanguardia, piuttosto metterci in linea con l'Europa, in cui abbiamo voluto entrare ma di cui i nostri politici di certo non seguono le direttive in fatto di diritti civili e discriminazioni.
Non si sta chiedendo un trattamento di favore, cosa di cui peraltro godono i vertici religiosi: l'art. 61, infatti, prevede una circostanza aggravante nel caso in cui il reato sia "commesso contro una persona rivestita della qualità di ministro del culto cattolico". A maggior ragione è inaccettabile che le obiezioni alla proposta di legge arrivino dalla Chiesa.
La richiesta è, invece, di aggiungere fra le aggravanti degli atti discriminatori, assieme ai motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi, anche quelli per l'orientamento sessuale e l'identità di genere. Insomma equipararne la gravità .
Mi chiedo come sia possibile che qualcuno si dimostri contrario a questa proposta, che mira a dare il medesimo peso, non a elargire una posizione di privilegio.
Non mi dilungherei oltre circa l'ovvietà di questa proposta di legge; provo invece a dare un altro spunto di riflessione su un argomento che sta riscaldando gli animi degli addetti ai lavori.
Su un aspetto, infatti, Rete Lenford- avvocatura per i diritti LGBTÂ in primis, ma non solo, sta puntando il dito nel tentativo di contribuire al cambiamento del testo base.
Le norme vigenti (contenute nella c.d. Legge Mancino - Reale) puniscono le seguenti condotte, tenute sulla base di motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, o dirette contro gli appartenenti a una minoranza linguistica:
a) la propaganda di idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico;
b) l'istigazione a commettere o la commissione di atti di discriminazione;
c) l'istigazione a commettere o la commissione di violenza o atti di provocazione.
La richiesta avanzata da tempo è l'estensione di tale tutela penale alle persone omosessuali e transgender; invece il testo base che sta per essere portato in discussione in aula si limita ad estendere la tutela penale delle persone LGBT solo relativamente agli atti di discriminazione, lasciando fuori le altre ipotesi.
I motivi?
Molto probabilmente dovuti innanzitutto al fatto che l'attuale governo italiano è, come si suol dire, "delle larghe intese", quindi nessun progetto di legge può andare avanti se non condiviso da PD e PDL (lascio sottintese le elucubrazioni sulle reciproche posizioni). In second'ordine, numerose sono state le manifestazioni di contrarietà a questa proposta di legge espresse dal mondo cattolico; facile pensare che il testo sia stato ritoccato e limitato in seguito a queste ingerenze.
A sostegno di questa teoria, fra tutti gli articoli pubblicati sul tema in quest'ultimo periodo, voglio citare quello di Alfredo Mantovano, pubblicato in data 25 giugno sul sito di Avvenire, dal titolo "Inutile e pericolosa una legge sull'omofobia". Nel tentativo di spiegare perché è giusto essere contrari alla legge contro l'omofobia, Mantovano palesa di fatto i motivi di timore che il mondo cattolico ha nei confronti di uno Stato che tuteli per legge una minoranza contro cui troppo spesso lo stesso mondo cattolico si è scagliato.
"Dunque, il reato o l'aggravante di omofobia per un verso sono inutili; per altro verso sono rischiosi per la libertà dei cittadini" scrive Mantovano, e continua "la probabilità di avvio di procedimenti penali aumenterebbe (...) di fronte a qualsiasi posizione religiosa o espressione educativa, che sostenga la contrarietà al diritto naturale degli orientamenti sessuali diversi da quello eterosessuale".
È questo il punto: i cattolici hanno paura di essere condannati per omofobia?
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.
Quanto poi al timore che una legge sull'omofobia possa essere usata come arma legale, beh, non ho una buona opinione del genere umano e diversi hanno già condannato la chiesa. La storia si ripete sempre.