L'affaire San Camillo, tra storici scarafaggi dal water e trasformazione in Fondazione
Mercoledi 14 Ottobre 2015 alle 10:39 | 0 commenti
Pubblichiamo la lettera di Vittorio Corradi, ex consigliere comunale e presidente A.I.A.S. Sezione San Bortolo Vicenza, inviata al Direttore di VicenzaPiù
Caro Direttore Coviello, come ricorderà lo scorso anno intervenni sulla questione San Camillio tanto che il titolo dell’articolo da Lei pubblicato ricordo molto forte: …San Camillo, Corradi mi viene da vomitare… Non vorrei essere stato profetico.
Dopo aver letto le chiarissime dichiarazioni del Presidente del Comitato dei famigliari, tra l’altro lamenta come la situazione fosse critica anche con la precedente cooperativa, viene da chiedersi allora cosa sia venuto a fare il commissario mandato dalla regione.
Nella sua dichiarazione il presidente del comitato cita una serie di lettere protocollate e di verbali del comitato famigliari che denunciavano la situazione del San Camillo inviate nel 2014 e 2015 e altre cose molto gravi. Spero che la magistratura, che mi risulta abbia aperto un fascicolo, faccia il suo corso e faccia chiarezza sulle responsabilità .
A chi bazzica un po’ gli ambienti della politica ha certamente capito quanto fosse politico l’ultimo commissariamento. Ricordo quando presiedevo la V° commissione di aver fatto tre o quattro sedute con il CDA dell’Ipab ed emergeva sempre lo stesso problema. Perché la Regione non firmava il famoso accordo di programma che avrebbe risolto tante questioni?
Vede caro direttore su tutta la questione San Camillo alla base di tutto c’è la scelta sciagurata di affidare a terzi, in questo caso cooperative sociali che di sociale hanno molto poco ma di impresa molto e si chiama “gestione per la gestioneâ€, i servizi assistenziali alla persona. Personalmente sono stato sempre contrario e l’ho scritto anche sui muri. Chi prese questa decisione? E quale la motivazione. E qui veniamo alla seconda questione quella economica. Se le rette (quota regionale) sono ferme da anni, se gli standard non corrispondono più ai livelli attuali di assistenza, se non posso sostituire il personale in maternità ecc. ecc. o consegno le chiavi dell’Istituto o trovo le risorse che mi mancano per garantire una assistenza adeguata. Ma non esternalizzo i servizi alla persona. Un conto è l’uso di infermieri come fa in alcuni momenti l’ospedale, un conto è affidare l’assistenza totale di cento anziani con un appalto al ribasso che certamente non ha garantito la qualità .
A suo tempo suggerii di trasformare l’Ipab in Fondazione di Comunità ma mi dissero che era impossibile. Molte persone del settore invece la pensano come me. Quale futuro quindi per le Ipab ha in mente la Regione? A me sembrava una buona soluzione quella della Fondazione, più snella e più rapida nelle decisioni.
Chi vivrà vedrà diceva qualcuno, tanto i nostri anziani possono aspettare.
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