La squadra mobile di Vicenza ha sgominato la banda del "sindaco"
Sabato 31 Dicembre 2011 alle 00:47 | 0 commenti
La squadra mobile di Vicenza ha sgominato la banda del "sindaco". Così era noto perfino tra i clienti il tunisino Alì Ben Massoud ('76), clandestino nel nostro paese, che aveva attivato un complesso sistema di microspaccio tra Campo Marzio, viale Eretenio e il vicolo pedonale Allende. Mesi di indagini, a partire dal blitz che lo scorso maggio ha portato alla chiusura del bar Jona di viale Venezia, vero e proprio covo di spacciatori e consumatori.
Un operazione denominata "Lafandi", in arabo "il capo", dal soprannome di Ben Massoud. 15 le ordinanze d'arresto emesse: a finire in manette, oltre ad Alì, il fratello Walid ('79). Con loro Ayari Sabeur (Tunisia '81), Ajmi Mohamed El Arabi (Tunisia '83), Taoufik Daa (Iraq '56), Ben Fref Samair (Marocco '89), Hachani Mohamed (Tunisia '82) e Zedar Isham (Tunisia '83). Al gruppo si aggiungono Ben Hassen Slah (Tunisia '68) e Afrah Abdelmajid (Marocco '68), arrestati ancora all'avvio dell'indagine. Due i soggetti tuttora ricercati: Chortani Marwen (Tunisia '88) e Arfa Safwen (Tunisia '87). Indagata anche la fidanzata di Alì, la maladense Martina Chilò ('79), già nota alle forze dell'ordine. La banda aveva affinato un sistema efficace e ben rodato: dei veri e propri galoppini in bicicletta mettevano in contatto venditore e acquirente, nascondendo le dosi perfino in bocca e non esitando ad ingoiarle al primo segnale di pericolo. 250 le cessioni acclarate, e ingente anche il sequestro di sostanze messo a segno dagli uomini del vicequestore Michele Marchese: 200g di eroina, 15g di cocaina, 100g di marijuana, 50g di hashish e perfino diverse confezioni di Subutex, medicinale utilizzato nelle terapie da dismissione da oppiacei, sequestro tra i pochissimi registrati in tutta Italia. Il giro d'affari si calcola attorno alle decine, forse centinaia di migliaia di euro. Clienti in particolare giovani, in alcuni casi minorenni, di tutte le nazionalità . Due punti strategici della rete erano l'argine lungo via Giuriolo, e il platano sul fiume all'altezza della salita di Pontara Santa Libera, dove venivano nascoste le sostanze e spesso anche consumate.
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