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La sindrome giapponese sulle banche da evitare

Di Rassegna Stampa Lunedi 1 Febbraio 2016 alle 10:20 | 0 commenti

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In una parabola irlandese un turista chiede a un passante indicazioni per Dublino. L’uomo ci pensa su e risponde: «Sir, se fossi in lei, non partirei da qui». Anche in Italia si accumulano consigli del genere. Per arrivare a un sistema dove il credito favorisce la ripresa e le banche tornano a essere semplicemente noiose, non partiremmo da qui. Vorremmo un’Unione bancaria europea meno zoppa, una «bad bank» efficace che liberi davvero gli istituti dei loro crediti tossici, e banche meglio in grado di rispondere agli imprenditori meritevoli.

La realtà è che l’Italia invece deve ripartire da qui; criticare le regole europee e il loro arbitro non la sposta di un millimetro. La priorità ora è evitare che l’Italia segua la strada del Giappone degli anni 90, anche perché a differenza di Tokyo non ha una banca centrale attenta solo alle sue esigenze. Dopo l’esplosione di una enorme bolla di debito di un quarto di secolo fa, il Giappone fu reticente e lentissimo nel risolvere i crediti in default delle sue banche e si condannò così lunghi anni di letargo. L’Italia può evitarlo, se parte dalla realtà di oggi. Questa dice che l’accordo fra il governo a Bruxelles per un sistema che alleggerisca le banche dei crediti cattivi è quasi inutilizzabile, a causa di una posizione europea economicamente illogica e giuridicamente debole. Le regole di vigilanza prevedono che ogni banca registri perdite su un intero portafoglio di prestiti, non appena ne venda una frazione a prezzi più bassi di quelli iscritti nel bilancio. Tanto basterà a paralizzare le transazioni, vista la natura minimale dell’intesa conclusa a Bruxelles. La realtà dice anche che le banche italiane, secondo l’Autorità bancaria europea, sono nella media le meno redditizie d’Europa dopo quelle di Cipro. La media non vale per alcuni istituti più grandi e meglio gestiti, e Ignazio Visco ieri ha sottolineato che il rendimento nel settore è tornato a crescere. Ma lo stesso governatore della Banca d’Italia ha aggiunto che l’attuale sovrabbondanza di costosi sportelli bancari in mattoni e cemento è anacronistica, ora che quasi tutti i servizi sono disponibili da un computer o da uno smart-phone. Inclusa Bancoposta, l’Italia ha 80 sportelli ogni centomila abitanti: la più alta densità d’Europa con la Spagna (dove però calano in fretta). L’altro dato da cui partire è che l’Italia deve risolvere questi problemi da sola e con una mano legata dietro la schiena da regole europee che ha firmato nella distrazione quasi generale. L’esito di questa amnesia collettiva è che i crediti inesigibili verranno gestiti con lentezza. Sta partendo un ciclo di fusioni fra istituti dai bilanci fragili con altri più sani; quindi probabilmente arriveranno ulteriori aumenti di capitale di dimensioni nel complesso contenute, in modo da rendere i nuovi insiemi più saldi. Servirà tempo, dopo il molto già sprecato da quando un anno fa il governo ha aperto le banche popolari al mercato. Se prevarranno le solite rivalità fra filiere locali, le integrazioni fra banche diventeranno ancora più lente e non creeranno l’efficienza necessaria ad aiutare l’economia. Visco ieri ha ricordato che il credito riprende a crescere, per le famiglie e le imprese medio-grandi; per le piccole — la stragrande maggioranza dei posti di lavoro — il governatore ha detto che continua a calare. I dati della Banca d’Italia mostrano anche che a fine novembre i depositi bancari sono scesi di 14 miliardi rispetto al mese prima, uno scalino in discesa senza precedenti anche durante il terribile 2012. Questi dati non suggeriscono che il sistema bancario nel suo complesso è fragile — non è così — ma che probabilmente passerà i prossimi anni ripiegato su se stesso per ricostruire fiducia ed efficienza. Solo alcune banche più grandi fanno eccezione. Se dunque l’Italia vuole evitare un futuro giapponese, deve spezzare il silos mentale che induce a far passare sempre tutto dalle banche. Esistono altre possibilità. Le compagnie assicurative hanno un patrimonio da oltre 600 miliardi di euro, fondi pensione e casse previdenziali per 160, le fondazioni di origine bancaria per quasi 50, le venti famiglie più ricche del Paese per 100 miliardi. Se si sommano alle risorse del risparmio gestito, fa un patrimonio da molto più di mille miliardi; investirne il 3% in fondi di credito per imprese non quotate in Borsa significherebbe riportare i prestiti produttivi quasi ai livelli di prima della Grande recessione. Non ci siamo ancora. Manca per esempio una legge che obblighi ogni azienda, anche non quotata, a far certificare da esperti esterni l’autenticità del proprio bilancio. Ma l’occasione per muoversi è ora. La lentezza è un lusso che l’Italia non può proprio più permettersi.

(dal Corriere della Sera)

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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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