La sfida del Giappone, da VicenzaPiù n. 198
Domenica 3 Ottobre 2010 alle 12:25 | 0 commenti
A colpi di yen per sopravvivere a Cina e America. Per favorire le esportazioni la Bank of Japan è intervenuta direttamente sui cambi, provocando così un'alterazione del libero mercato e la protesta degli Stati Uniti (da VicenzaPiù n. 198 in distribuzione)
Spesso si identificano i mercati finanziari con le grandi Borse internazionali sulle quali avvengono gli scambi di azioni delle società quotate.
E' opinione diffusa ritenere che sia in quel contesto che avvengono la maggior parte delle transazioni finanziarie, non è così.
Esiste un mercato finanziario molto più ampio, il cui giro d'affari medio giornaliero è superiore ai 2 trilioni di dollari, una cifra iperbolica.
Tanto per avere un termine di raffronto, l'ammontare di tutte le transazioni che avvengono sui mercati azionari statunitensi non raggiunge il 3% di questo importo.
Qual è quindi questo mercato gigantesco? Il mercato valutario. Ciò che gli anglosassoni chiamano Foreign Exchange o, con un acronimo ormai entrato nell'uso comune, Forex.
Il Forex, per semplificare, è il mercato sul quale vengono negoziate le monete dei vari stati nazionali e quindi si stabiliscono i tassi di cambio fra le varie divise, il cui rapporto, in termine tecnico, prende il nome di cross.
E' facile ora intuire quale importanza assume questo mercato e perché muove volumi così straordinariamente elevati.
Capite bene che le cosiddette "guerre economiche" fra i vari stati nazionali non vengono combattute sui mercati azionari, bensì sul Forex. Spesso queste "guerre" non sono neppure dichiarate, ma i loro effetti sulla popolazione sono comunque dirompenti, anche se non percepiti come tali.
I mezzi di comunicazione di massa, infatti, giornalmente informano sulle variazioni degli indici azionari, più saltuariamente si parla del tasso di cambio, e quasi esclusivamente lo si cita in funzione del prezzo della benzina.
Nella realtà il cross euro/dollaro, ad esempio, ha riflessi sull'intera economia dei Paesi aderenti alla moneta unica, ed i suoi effetti vanno ben al di là del prezzo alla pompa del carburante. Stabilire che il cambio sia 1,20 anziché 1,30 può risultare decisivo per la concorrenzialità delle aziende esportatrici e si sa quale importanza rivesta, proprio in questo contesto economico, la voce esportazioni.
Il boom fatto registrare dall'economia tedesca nel secondo trimestre dell'anno in corso, va ascritto senz'altro al miglioramento (nel senso della diminuzione) del valore dell'euro sia nei confronti del dollaro che dello yen. Prevediamo, ma non occorre proprio essere indovini, che se dovesse continuare il rafforzamento della moneta unica in atto, ben differente risulterà la bilancia commerciale tedesca in questo e nel prossimo trimestre.
Ma in questo articolo non vogliamo occuparci della nostra moneta, bensì di uno scontro (non vogliamo usare il termine guerra, anche se sarebbe più appropriato) in atto fra il dollaro e lo yen.
Non dobbiamo illuderci che, pur trattandosi di due monete di Paesi che sono, geograficamente, distanti da noi, gli effetti di questa "guerra" non abbiano ricadute anche sulla nostra economia.
Senza ombra di dubbio il fenomeno dei carry trade, cioè quelle operazioni per le quali ci si indebita in una valuta che ha tassi di interesse bassi per investire in una con tassi molto più elevati, gioca un ruolo importante, ma non vogliamo entrare nei tecnicismi, ciò che ci preme è valutare l'effetto che provoca questo continuo apprezzamento della moneta nipponica.
L'economia giapponese non si sta distinguendo affatto per vitalità ed efficienza, eppure la propria moneta continua ad apprezzarsi e ciò ha, come ricaduta, di deprimere ulteriormente l'industria manifatturiera del Paese del Sol Levante che, come noto, è molto improntata all'export.
Questa situazione, avete già intuito, porta ad una spirale che, lentamente, ma progressivamente, avvinghia l'intera economia giapponese in una stretta asfissiante ed, alla lunga, mortale. Tutto ciò è acuito da una situazione politica a dir poco confusa, in cui gli scandali si susseguono ed hanno portato al cambio di tre Premier soltanto nell'ultimo anno. E sarebbero potuti essere quattro se, nelle recentissime elezioni che hanno riguardato il partito attualmente al governo (il Partito Democratico) il Presidente in carica Naoto Kan non avesse sconfitto, di misura, lo sfidante Ichiro Ozawa che aveva puntato tutta la sua campagna elettorale sul "raffreddamento" della moneta.
In pratica Ozawa aveva promesso, qualora fosse stato eletto, di far intervenire direttamente la Bank of Japan che avrebbe venduto yen sul mercato aperto per far scendere la quotazione rispetto al dollaro, e dar così un po' di ossigeno all'industria in difficoltà .
Il Premier Kan, pur manifestandosi più prudente, in campagna elettorale, il giorno successivo alla riconferma al vertice, sollecitato da più parti ad agire con sollecitudine, ha fatto proprio il programma del suo sfidante.
Il 15 settembre, alle tre di notte ora italiana (le ventidue a New York), quindi con tutti i mercati occidentali chiusi, la Bank of Japan è intervenuta direttamente sul mercato vendendo 100 miliardi di yen (circa il controvalore di un miliardo di euro), in pochi secondi, quindi, il cambio rispetto al dollaro è passato da 82,85 a 85,65 yen, con un incremento quindi di circa 280 punti base.
L'Istituto Centrale giapponese ha comunicato di aver agito autonomamente, pur sottolineando il fatto di aver informato dell'operazione sia l'americana Federal Reserve che l'europea Bce, le quali non hanno commentato l'accaduto.
Da sei anni, ufficialmente, la Bank of Japan non interveniva direttamente sui cambi. E' innegabile che un intervento diretto di un Istituto di emissione porta ad una alterazione del libero mercato e dagli Stati Uniti, paladini del libero mercato, soprattutto quando torna a loro vantaggio, si sono alzate voci di protesta.
Il Premier Kan, però, si è detto sicuro che nel prossimo incontro che avrà con il Presidente Obama riuscirà a convincerlo del fatto che l'intervento fosse ineludibile, ma ha anche ammonito che qualora il tasso di cambio avesse ancora variazioni significative in senso sfavorevole agli interessi dell'economia nipponica, la Bank of Japan è pronta a ripetere l'operazione anche per diverso tempo.
Citiamo, solo di sfuggita, ma l'argomento meriterebbe un articolo a parte, che quella che sembra una "guerra" a due fra Usa e Giappone, nella realtà è a tre, perché nella partita c'è anche lo yuan cinese che le Autorità monetarie del colosso asiatico si ostinano a mantenere ad un valore prefissato nei confronti del dollaro, cosa che ovviamente aggrava la situazione dello yen.
I rapporti fra Cina e Giappone non sono mai stati così freddi, a causa della contesa sulle isole Senkaku/Diaoyu e sullo sfruttamento di giacimenti di petrolio e gas naturale nel Mar della Cina orientale.
E' quindi evidente che la Cina stia usando anche la potentissima arma valutaria con intenti ricattatori.
Capite bene quali interessi ci siano in gioco, altro che le variazioni di qualche punto percentuale sui mercati azionari, sul Forex si giocano i destini di intere nazioni.
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