La scuola, i giovani e l'emotività: un'occasione mancata!
Domenica 9 Ottobre 2011 alle 00:45 | 1 commenti
Da VicenzaPiù n. 220 e BassanoPiù n. 1
Un argomento di cui non si parla quasi mai
Chissà quest'anno se lavorerò, dove farò l'insegnante, quali studenti incontrerò e quale scuola vicentina varcherò. Sono le domande ricorrenti che dall'inizio di ogni anno scolastico perseguitano il precario, inserito nelle graduatorie ad esaurimento, graduatorie che sembrano non esaurirsi mai, visti i continui nuovi inserimenti, e che invece esauriscono solo i docenti.
L'incertezza e la confusione regnano sovrane, non solo nelle scuole e negli uffici istituzionali, ma anche nella vita professionale e personale degli insegnanti. Trovarsi in una costante sensazione di incertezza e di incapacità a costruire progetti non solo didattici, ma soprattutto di vita con gli alunni è mortificante e demotivante.
L'educazione alle emozioni come opportunità di crescita
E così il docente cambia scuola ogni anno, incontra nuovi studenti, adotta nuove metodologie, adegua la didattica. La sensazione che si prova è quella di iniziare a costruire una casa, senza mai arrivare ai piani superiori, continuando a girare i mattoni ai piani interrati. L'essere un insegnante nomade significa instaurare dei legami a metà con i ragazzi perché non c'è il tempo (spesso si arriva in classe quando la scuola è già iniziata da qualche mese!) e l'opportunità di costruire un rapporto di fiducia e duraturo per ciò che riguarda le relazioni affettive, la struttura intellettuale e sensibile. Dati per scontati i contenuti, non si può, infatti, parlare di insegnamento-apprendimento senza gratificazione emotiva, senza l'instaurarsi di relazioni che nutrano l'emotività , educhino ai sentimenti e alimentino il cuore.
"Per come oggi è strutturata la scuola, più impegnata a tamponare situazioni di emergenza piuttosto che attenta al dialogo educativo - racconta Roberto Mascella, docente di arte e immagine presso una scuola media del vicentino, precario da dodici anni - si sta sacrificando gran parte della possibilità affettivo-relazionale tra professore e alunno. Si parla di scuola in termini di scuola-azienda, il che significa non aver capito la differenza tra le due entità : la prima si occupa di cultura e persone, la seconda di investimenti e prodotti. Non si capisce, quindi, come possa la scuola produrre cose e non mi risulta che ci siano investimenti! Ancora una volta la classe dirigente dimostra di non aver capito cosa sia la formazione poiché l'impegno vero nella scuola è strettamente legato alla stabilità di una grande macchina della conoscenza, di cui gli insegnanti sono il carburante. I precari che balzano da una scuola all'altra accentuano quel senso di legame mancato che nei giovani rischia di generare il rifiuto di coltivare emozioni poiché timorosi dell'abbandono. Non dimentichiamo - conclude Mascella - che oggi più che mai i nostri studenti sono assidui consumatori di immagini piuttosto che di relazioni. Avrebbero, quindi, bisogno di essere guidati nell'educazione all'affetto, alla relazione e al pensiero critico, sempre che interessi ancora mantenere questo come un valore".
Anno che viene, scuola in cui vai
Incontrare gli alunni per un anno scolastico, costruire con loro una struttura creativa, percettiva intuitiva e abbandonare tutto ciò dopo una stagione scolastica alimenta l'idea di ambiguità nelle menti degli studenti riferita all'adulto precario. Spesso, inoltre, i giovani provengono da situazioni familiari disgregate, che non costituiscono solidi punti di riferimento.
Quando un docente prende servizio in una scuola, i primi mesi trascorrono attraverso una silenziosa conoscenza reciproca, soprattutto da parte dei ragazzi, che testano il nuovo insegnante, studiandone movimenti, toni di voce e compiendo azioni per osservarne reazioni. Superata la prova e posto il sigillo del merito e della fiducia, gli studenti identificano in quell'insegnante il principale interlocutore della loro emotività , un punto saldo di sostegno alla loro crescita nell'apprendimento e nella personalità . Si liberano le emozioni e si comunica sulla stessa lunghezza d'onda, soprattutto se l'insegnante è anche giovane (e per giovane nel mondo della scuola si intende tra i trenta e quaranta anni, evento comunque raro data la media dei cinquant'anni di età del corpo docente). In questo clima di dialogo e di ascolto, faticosamente raggiunto, l'insegnante lavora bene e gli studenti sono più motivati ad apprendere, non tanto per la valutazione, quanto per la vita. Ma all'avvicinarsi della fine dell'anno scolastico, paura e speranza si leggono negli sguardi dei ragazzi che chiedono...prof sarà con noi anche l'anno prossimo?
"In cinque anni abbiamo cambiato molti professori, per alcune materie addirittura ogni anno. Se il docente è bravo, sia nei contenuti che nelle relazioni, vorremmo che rimanesse, ma quando l'insegnante non ci va il fatto di cambiare ci solleva. Purtroppo però sono quasi sempre i migliori che se ne vanno!" - racconta E. P., studentessa del liceo artistico di Valdagno.
Tu chiamale se vuoi...emozioni
Condivise da chi scrive, che è un'insegnante, sono le parole di Umberto Galimberti ne "L'ospite inquietante", secondo cui i giovani attendono qualcuno che li guidi con autorevolezza nel loro percorso, educandoli all'affettività . Il rischio che corrono è di perdere il contatto con loro stessi nel rumore del mondo. Passioncelle generiche sfiorano le loro anime assopite, acquietate da quell'ideale di vita spacciato per equilibrio e buona educazione, che invece è sonno, conformismo e dimenticanza di sé. Sentimenti che derivano da un'incapacità di senso critico, da condizioni di apparenza e non di sostanza, da una ricchezza del portafogli e non dell'anima, che inaridisce il cuore e diffonde un deserto emotivo.
Mai come in questo particolare momento la scuola sta assistendo ad una radicale trasformazione nella forma e nei contenuti. Un'istituzione che muove circa un milione di persone, oltre a coinvolgere milioni di studenti. Una macchina gigantesca, ma senza anima, quasi inconsapevole del perché esiste e a che cosa serva. Una crisi che trova uno dei principali sintomi nel sostanziale disinteresse di tutte le parti politiche negli ultimi anni.
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