Nuova manovra: Stato esattore per privilegiati invece che produttore di lavoro e ricchezza
Sabato 13 Agosto 2011 alle 22:18 | 0 commenti
La nuova manovra approvata dal consiglio dei ministri raddoppia i sacrifici dei cittadini. Una manovra fatta di tagli e tasse che colpiranno soprattutto chi ha sempre pagato. Ma prima di tutto ci si dovrebbe chiedere quale credibilità possa avere un governo che, nel giro di qualche settimana, raddoppia il peso della manovra che raggiunge i 92 miliardi di euro (a fine luglio erano 47 miliardi). Al solito il governo non ha previsto quello che stava succedendo. Miopia, incapacità o qualcosa d'altro?
Adesso si sbandiereranno alcuni tagli ai "costi della politica". La cancellazione delle province sotto i 300.000 abitanti, l'accorpamento dei comuni ... qualcosa, forse. Ma il resto? La crisi resta tutta sulle spalle di chi lavora, dei pensionati, dei giovani che non trovano lavoro.
Il federalismo tanto invocato dalla Lega? E quando mai! Si tagliano i trasferimenti agli enti locali in maniera che questi saranno costretti a cancellare servizi sociali e investimenti per il territorio. Solo per fare un esempio verranno tagliate le risorse per la prevenzione di rischi di dissesto idrogeologico. Tutti avremo meno. Ma pagheremo di più. E pagheremo tutto. E se qualcuno sarà contento delle liberalizzazioni e delle privatizzazioni così tanto esaltate bisogna tenere presente che non sono altro che il regalo ai privati di beni comuni. Si daranno in mano ai ricchi patrimoni che, essendo di proprietà dello Stato o delle Istituzioni locali, appartengono a ciascuno di noi.
E si continua colpendo chi lavora. Il TFR degli statali verrà dato con un ritardo di due anni. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche che non rispettano gli obiettivi di riduzione della spesa potrebbero perdere il pagamento della tredicesima mensilità . Le principali festività civili (il 25 aprile, il 1° maggio e il 2 giugno) verranno spostate alla domenica e non verranno pagate ai lavoratori. Un risparmio? No! Solo un ulteriore "balzello" che colpisce direttamente chi lavora. Le donne lavoratrici dovranno lavorare di più fino a 65 anni.
E i ricchi? Mah, un "contributo di solidarietà " per chi ha redditi medio-alti (oltre 90.000 euro il 5% e oltre 150.000 il 10%) ma solo per due anni. Un sacrificio per nulla strutturale e solo per chi le tasse le paga già e che, magari tanto ricco non lo è. Chi evade e chi possiede le grandi ricchezze ringrazia.
I costi della politica, poi, verranno tagliati dalla prossima legislatura. Anche i "nominati" (perché, ricordiamolo, con la legge "porcata" di Calderoni chi siede nel parlamento oggi non è stato eletto ma nominato dal leader del proprio partito) di questa legislatura ringraziano.
Insomma un guazzabuglio infernale che colpisce a destra e a manca chi ha sempre pagato. Poco, anzi nulla, per la crescita economica e industriale del paese.
Una crisi come l'attuale va affrontata con determinazione e scelte coraggiose. Certo. Ma le scelte coraggiose sarebbero quelle di far pagare quel 10% della popolazione italiana che possiede oltre il 40% della ricchezza del paese. Aumentare i salari e tassare la ricchezza, i grandi patrimoni. Colpire chi le tasse non le paga e non le vuole pagare. Incentivare il lavoro a tempo indeterminato. Far tornare il lavoro in Italia colpendo chi delocalizza e ha delocalizzato solo per ottenere sempre maggiori profitti. Agire con leggi e regole per dare un lavoro sicuro e continuativo a tutti. Investire nella ricerca, nell'innovazione tecnologica, nel sapere. È il "mercato" che deve essere controllato dalle istituzioni pubbliche, dallo Stato e non viceversa. Lo Stato deve essere "laico", non deve guardare in faccia nessuno. Deve soltanto garantire a tutti i cittadini che i principi costituzionali vengano attuati. E, invece, questa manovra è un ulteriore smantellamento della Costituzione perché vengono tagliati i diritti fondamentali al lavoro, a un giusto compenso, al sapere, alla salute. E tutto viene "privatizzato", regalato a qualche ricco che, da domani, diventerà ancora più ricco.
Ci sono due soluzioni per tentare di uscire dalla crisi. La prima è quella di far pagare tutto ai lavoratori e ai pensionati. Spremere chi è già stato spremuto. Ottenere un "pareggio di bilancio" colpendo i ceti medi e bassi. E confidare nel "mercato" quale "grande regolatore" dell'economia. La seconda e quella di prelevare il necessario da chi possiede grandi ricchezze e utilizzare questi denari per rilanciare il sistema produttivo e industriale. Creare un lavoro finanziandolo con una giusta tassazione progressiva. In pratica costruire e realizzare il progetto di un "piano del lavoro" nazionale e locale per la piena e buona occupazione dei cittadini.
Sono due visioni diverse del ruolo dello Stato. Nella prima lo Stato è solo un esattore al servizio di quegli "imprenditori" beneficiari delle privatizzazioni, un "servitore dei capricci del mercato". Nella seconda diventa un produttore di lavoro e ricchezza. In questo caso è il "mercato" che può e deve essere controllato. L'esperienza ci insegna che la prima visione ci sta portando alla rovina. Tentiamo di cambiare prospettiva.
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