"La nostra storia nelle scarpe" di Antonio Gregolin: fino al 5 agosto a Villaga
Domenica 29 Luglio 2012 alle 02:52 | 1 commenti
La singolare vernice della mostra nazionale pensata dall'artista vicentino Antonio Gregolin, da domani e fino al 5 agosto a Villaga (Vi).
Niente moda, ma solo storia. Quella delle scarpe e degli uomini che s'intreccia fino a diventare una mostra originale e unica nel suo genere, presentata come vernice a Villaga nel Vicentino nella sala sociale dal 21 luglio al 5 agosto prossimo, dalle 18 alle 24. "Terra nelle scarpe: il tempo delle scarpe" (qui la photo gallery)
La storia degli uomini è la nuova creazione a metà tra arte e storia, del poliedrico artista vicentino, Antonio Gregolin che firma l'anteprima di Villaga e annuncia di completare il lavoro nei circuiti nazionali cui la mostra è al vaglio. Scarpe vissute che diventano soggetti e spunti di riflessione storica e contemporanea. Un'intuizione questa che non ha precedenti se consideriamo che tra i pochi artisti che nel tempo hanno ritratto scarpe "vecchie" c'è Vincent Van Gogh, con la sua celeberrima serie di tele sul tema. Quadri ripresi successivamente dal filosofo Heidegger che a metà del ‘900 dedicò un suo trattato proprio sulle vecchie scarpe di Van Gogh. Per il resto, le scarpe hanno continuato a subire il destino di sempre: essere usate, dimenticate e poi buttate. Neppure i detti popolari ancora in voga rendono giustizia alle nostre scarpe. Così, quello che si propone l'artista vicentino è "lasciare raccontare la storia proprio alle scarpe". Dopo le precedenti mostre, Occhi di Terra, lo spettacolo musicale Voci di Terra che sta girando l'Italia, ora è il momento di Terra nelle Scarpe, che completa la trilogia artistica di Gregolin, conosciuto per la sua sensibilità ambientale che mai come in questa occasione diventa un'intuizione contemporanea. "Le scarpe restano al di là delle firme e moda, lo strumento quotidiano con cui noi camminiamo su questa terra. Le nostre idee camminano con le nostre scarpe...". La questione poi s'incaglia nei scogli della società odierna: "Si è perso ciò che Forrest Gump nell'omonimo film dice: dalle scarpe di una persona si capiscono tante cose, dove va, cosa fa, dove è stata!". La scarpa come oggetto, ma anche scultura: "Si ha l'impressione che ammirando le decine di scarpe esposte -spiega Gregolin-, queste sussurrino parole e storie. Il loro valore è forse una eredità che ho acquisito dall'essere figlio di un ciabattino. Mio padre e mio nonno hanno fatto i "scarpari" per una vita a Montegaldella. Morti loro, è scomparsa anche una tradizione paesana e famigliare. Fin da piccolo ho visto scarpe (rotte) ovunque in casa. Scarpe da riparare, con suole aperte come bocche, cucite poi dalle mani artigiane di papà e nonno". Ecco spiegata l'origine contaminazione che ha fatto nascere la singolare esposizione. Non a caso il percorso espositivo parte dalla "genesi delle forme", dallo stesso banchetto originale da "scarparo" che ha ereditato con tutti gli attrezzi del mestiere: "E' difficile spiegare -aggiunge Gregolin- cosa ci sia di artistico in un paio di scarpe vecchie e dismesse. La cosa più istintiva e primitiva -se le si guarda con occhi diversi-, è la plasticità del tempo che le rende forme scolpite e scultoree, visto che le scarpe portano il peso degli uomini, ne trattengono e ne rilasciano lo spirito sotto forma di libertà ". Ma Gregolin sa andare oltre l'arte per l'arte, fino a sconfinare nel sociale e contemporaneo. Esposte sono una ventina di scarpe di personaggi della cultura e spettacolo nazionali e internazionali che hanno raccolto la proposta. Ci sono le scarpe del veronese David Larible, considerato il clown più famoso del mondo. Quelle di Alessandro Zanardi, il pilota che ha perso le gambe e oggi corre grazie a speciali scarpe. A quelle di Moni Ovadia, attore e cantore delle tradizioni ebraiche. Come di pittori quali Toni Zarpellon delle cave di Rubbio (Vi). Fino a quelle dell'arcinoto Marco Paolini. Ma Gregolin annuncia che altre scarpe stanno per arrivare e ostenta dei nomi: da Ermanno Olmi a Celentano, come quelle dell'astronauta Paolo Nespoli. "Tutte figure -assicura l'artista- che hanno un legame speciale con la Terra". Lo stesso vale per le scarpe di un soldato austriaco conservate nel ghiaccio del Lagorai per quarant'anni. Gli zoccoli dei contadini de "L'albero degli zoccoli" di Olmi. Come pure le "scarpe dello spirito" una delle sezioni più interessanti, che raccoglie le calzature "storiche" degli uomini di fede. "Mi sono spinto fin dentro i nostri monasteri e conventi -spiega Gregolin- ed ho scoperto "frati ciabattini", monache di clausura "calzolaie", ognuno con una tipologia di scarpe particolari. Alcune di queste oggi introvabili. Scarpe che sanno ancora d'incenso, preghiera e umiltà . Ho trovato le babbucce in fili d'oro usate per la liturgia dai monaci armeni dell'isola si S.Lazzaro a Venezia. Ma anche i sandali di un moderno pellegrino di Santiago de Compostela. E la ricerca continua...". L'anteprima di Villaga, organizzata in collaborazione con l'Amministrazione comunale e la Pro-loco è una dei fiori all'occhiello della tradizionale sagra di S. Anna che si svolge in questi giorni, affiancata qui ad un'estemporanea di pittura dedicata al frate-artista, fra Cesario Crivellaro, nativo del paese, scomparso prematuramente che ha lasciato mirabili tele. "Ho scelto questo borgo, perché incarna ancora una genuinità sociale che calza bene agli oggetti e alla storia che ho voluto esporre" affiancati a sue opere che trasformano scarpe usate in creazioni artistiche che non sottraggono nulla al tempo, ma anzi aggiungono fascino alla storia. Originale anche l'idea di mettere su ogni scarpa una farfalla, concessa dalla Butterfly Arc di Montegrotto (Pd), quale simbolo dell'anima: "In fondo -conclude l'artista- le scarpe rappresentano la metafora sulla nostra esistenza. Queste scarpe non sono cose morte o da buttare come si vorrebbe credere. Raccontano la vita e noi stessi!" . Non a caso sono attese in queste ore delle scarpe raccolte in uno dei barconi di disperati che sbarcano a Lampedusa: "Questa è la realtà -conclude Gregolin-, spesso di queste persone non rimane che le loro scarpe abbandonate. Scarpe di disperazione che sono l'unico segno della loro disperata esistenza".
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Ho avuto notizia della mostra tramite Angelina Ambrosi Secco, ho letto i vari supporti didattici, purtroppo non son potuta venire a visitarla, né sabato, né domenica.
C'è ancora la possibilità di vederla?
Mi potreste inserire nela Vostra mailing-list?
Grazie. flaviana zenere