Quotidiano | Categorie: Religioni

Lettera Pastorale di mons. Pizziol diffusa dopo il pellegrinaggio diocesano a Monte Berico

Di Redazione VicenzaPiù Venerdi 7 Settembre 2012 alle 22:44 | 0 commenti

ArticleImage

Diocesi di Vicenza  -  Si allega di seguito il testo (qui in pdf) della lettera pastorale che mons. Pizziol renderà pubblica questa sera al termine del pellegrinaggio diocesano a Monte Berico.

Il Vescovo Beniamino Pizziol sarà ospite del telegiornale di TVA, sabato  8 settembre, alle ore 19.30 e in replica ale 23.00, in una conversazione di 45 minuti, nel corso della quale risponderà alle domande poste dal direttore Luca Ancetti, a nome dei presidenti provinciali di Assindustria Giuseppe Zigliotto, Artigiani Agostino Bonomo, Commercianti Sergio Rebecca, Coldiretti Diego Meggiolaro, e dei segretari provinciali di CGIL, CISL e UIL Marina bergamin, Gianfranco Refosco e Grazia Chisin.

Beniamino Pizziol , Vescovo di Vicenza - Il racconto dei discepoli di Emmaus. Davvero il signore è risorto

Cari fratelli e sorelle in Cristo, con questa espressione desidero rivolgermi a tutti coloro che, radicati nel Battesimo, si impegnano ogni giorno a vivere la fede cristiana, a partire da contesti, situazioni, luoghi diversi tra di loro, eppure facenti tutti parte di quell'umanità che Dio ama.
Il pensiero va, innanzitutto, alle famiglie, che incarnano quella realtà umana dove si forma la coscienza civile, sociale ed ecclesiale. La famiglia deve occupare un posto principale nelle attenzioni di chi, a livelli differenti, ricopre responsabilità nella salvaguardia e promozione del bene comune e nello sviluppo
della società.
Un secondo pensiero va ai molti laici, uomini e donne, che vivono la loro fede nella storia quotidiana, la quale è pluriforme e proprio per questo stimolante e provocatoria in riferimento alla testimonianza personale e comunitaria del Signore Gesù.
Un terzo pensiero rivolgo al mondo della vita consacrata, ricco di variegati carismi accomunati dal costante richiamo alla Chiesa a vivere la sua missione salvifica in disponibile e sincero ascolto del suo Signore, povero, casto e obbediente.
Un ultimo pensiero va ai presbiteri, primi collaboratori del Vescovo, e ai diaconi, chiamati a servire il popolo di Dio in comunione con il Vescovo e i suoi presbiteri. A loro, in particolare, desidero manifestare la mia vicinanza nella consapevolezza della grazia sacramentale che ci unisce, dono inestimabile di comunione
e di carità per la Chiesa intera.
A questa Comunità cristiana di Vicenza, come ad ogni altra Chiesa particolare presente nel mondo, Papa Benedetto XVI ha chiesto di vivere un tempo prolungato di preghiera e di riflessione sul tema fondamentale della fede. Iniziando l'11 ottobre 2012 e continuando fino al 24 novembre 2013, cercheremo di attuare l'«invito ad un'autentica e rinnovata conversione al Signore, unico Salvatore del mondo», impegnandoci a "ritrovare il gusto di nutrirci della Parola di Dio, trasmessa dalla Chiesa in modo fedele, e del Pane della vita, offerti a sostegno di quanti sono suoi discepoli" nella profonda convinzione che Gesù Cristo "è la via per poter giungere in modo definitivo alla salvezza" (cfr. Motu proprio Porta Fidei).
Tale invito del Santo Padre trova un ulteriore sostegno in due ricorrenze, che non possono essere tralasciate, vale a dire il 50° anniversario dell'apertura del Concilio ecumenico Vaticano II e il 20° di pubblicazione del "Catechismo della Chiesa cattolica".
Scrive al riguardo Benedetto XVI nel citato Motu proprio: "Alla luce di tutto questo ho deciso di indire un Anno della fede. Esso avrà inizio l'11 ottobre 2012, nel cinquantesimo anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo, il 24 novembre 2013. Nella data dell'11 ottobre 2012, ricorreranno anche i vent'anni dalla pubblicazione del Catechismo della Chiesa Cattolica, testo promulgato dal mio Predecessore, il Beato Papa Giovanni Paolo
II, allo scopo di illustrare a tutti i fedeli la forza e la bellezza della fede. Questo documento, autentico frutto del Concilio Vaticano II, fu auspicato dal Sinodo Straordinario dei Vescovi del 1985 come strumento al servizio della catechesi e venne realizzato mediante la collaborazione di tutto l'Episcopato della Chiesa cattolica" ( n. 4).
Per realizzare le indicazioni suggerite dal Papa, dopo aver ascoltato varie espressioni del popolo di Dio, pregato e riflettuto, ho deciso di proporre alla Chiesa vicentina un cammino caratterizzato da due riferimenti precisi: l'itinerario dell'anno liturgico e l'icona biblica dei discepoli di Emmaus.

1. L'anno liturgico aiuta la Chiesa a meglio comprendere "l'opera della salvezza del suo Sposo divino". Un'opera imprescindibile, illuminante, coinvolgente che il Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione sulla liturgia, così descrive: "Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di domenica, (la Chiesa) fa la memoria della Risurrezione del Signore, che ogni anno, unitamente alla sua beata Passione, celebra a Pasqua, la più grande delle solennità. Nel corso dell'anno poi distribuisce tutto il mistero di Cristo, dall'Incarnazione e dalla Natività fino all'Ascensione, al giorno di Pentecoste e all'attesa della beata speranza e del ritorno del Signore. Ricordando in tal modo i misteri della redenzione, essa apre ai fedeli le ricchezze delle azioni salvifiche e dei meriti del suo Signore, in modo tale da renderli come presenti a tutti i tempi, perché i fedeli possano venirne a contatto ed essere ripieni della grazia della salvezza" (SC 102).
Tale percorso, arricchito dalla venerazione della Beata Vergine Maria e dalla memoria dei Martiri e dei Santi, della Chiesa universale e locale, accompagna la vita di fede di ogni cristiano, indicandogli la via da seguire e permettendogli di approfondire la conoscenza del mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo,
il tutto vissuto nella comunione del popolo di Dio. Ma in questo itinerario si inseriscono anche le tappe più personali del cammino di fede, che si compiono nei sacramenti del Battesimo, della Confermazione, della prima Eucaristia, del Matrimonio, dell'Ordine sacro, dell'Unzione degli infermi, della Riconciliazione, come anche nelle esequie. L'anno liturgico è, quindi, esperienza viva, personale e comunitaria di incontro con il Signore Gesù, via, verità e vita, luce del mondo, porta unica per varcare la soglia del mistero divino. Ecco perché esso va conosciuto, amato e vissuto: perché ci guida alla contemplazione della SS. Trinità, principio e compimento di tutto.

2. L'icona biblica dei discepoli di Emmaus, come ricorderete, ha accompagnato i miei incontri con i consigli pastorali parrocchiali e vicariali delle sette zone della Diocesi, nello scorso mese di giugno. Si tratta di un episodio evangelico, che, affiancato all'itinerario liturgico, può aiutare e sostenere l'anno che stiamo
per iniziare. Infatti, l'episodio lucano, immortalato da grandi pittori nel corso della storia, manifesta il paradigma della vita cristiana, vero e sicuro punto di riferimento per il singolo credente e per la Chiesa chiamati a percorrere le strade della storia. Il racconto vede i due discepoli in cammino verso un villaggio
distante alcuni chilometri da Gerusalemme, vale a dire dal luogo dove si era compiuta la vita terrena di Gesù, nella sua passione, morte e risurrezione. Dunque, il cristiano è invitato a comprendere sempre meglio che la Città santa custodisce la memoria del grande mistero del Figlio di Dio fatto uomo. Una memoria preziosa e viva della quale il discepolo non può privarsi, pena la perdita della sua identità di credente.
Il passaggio successivo presenta i due personaggi, di uno dei quali soltanto conosciamo il nome, Cleopa, incamminati verso Emmaus, richiamo al pellegrinaggio dell'uomo. S. Luca scrive che i due discorrevano di quanto era accaduto a Gerusalemme e il loro dialogo venne arricchito dall'entrata in scena di un terzo
personaggio, che risulta essere fondamentale per chiarire la complessità degli eventi accaduti a Gerusalemme. Qui possiamo individuare la ricerca di Dio da parte dell'uomo, fatta di impegno, fatica, gioia, prova, ma costitutiva della persona, necessaria, come ben ha scritto il grande vescovo di Ippona, Agostino:
"Ci hai fatti per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te" (cfr. Confessioni). Un viaggio, quello della vita, che ognuno compie da protagonista, ma con un fedele compagno, il Signore Gesù, che costantemente è vicino all'uomo e ne rispetta, in modo assoluto, la libertà di accoglierlo o rifiutarlo.
Il terzo atto è l'arrivo ad Emmaus, la meta del viaggio, il luogo della rivelazione nel gesto dello spezzare il pane, ma anche dell'inizio della missione. Infatti, i due discepoli riconoscono Gesù, che scompare dalla loro vista, affinché essi, rafforzati e rassicurati dall'incontro con lui, inizino la missione alla quale sono stati chiamati. La paura, le perplessità, i timori sono vinti nel Signore, e sulla sua parola il discepolo è chiamato ad andare per portare al mondo intero il suo messaggio di salvezza. Infine, il viaggio di ritorno a Gerusalemme di Cleopa e del suo compagno avviene in un contesto completamente diverso da quello dell'andata. I due uomini hanno fatto esperienza viva dell'incontro con Gesù, lo hanno riconosciuto nella Parola e nel Pane spezzato ed ora condividono con Simon Pietro e la comunità intera quanto sperimentato. E nelle parole "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Pietro", ricevono a loro volta una testimonianza, dono necessario per poter annunciare al mondo l'amore misericordioso di Dio.
Comprendiamo, allora, come l'Eucaristia domenicale, celebrata da tutta la comunità, è l'evento principale, il cuore della vita cristiana, l'occasione per vivere in maniera autentica la fede nella duplice e concatenata dimensione personale e comunitaria. Con questi sentimenti, cari fratelli e sorelle, vi consegno la presente
Lettera pastorale, facendo mie le parole di Papa Benedetto XVI nel Motu proprio "Porta Fidei": "Possa questo Anno della fede rendere sempre più saldo il rapporto con Cristo Signore, poiché solo in Lui vi è la certezza per guardare al futuro e la garanzia di un amore autentico e duraturo".

(Lc 24, 13 -35)

13 Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14 e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino? ». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome
Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19 Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo
hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano
detto le donne, ma lui non l'hanno visto». 25 Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26 Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27 E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro.
31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32 Ed essi dissero l'un l'altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33 Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti
gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35 Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Il racconto

Introduzione

(Lc 24, 13-14)

Interpretazione

La narrazione inizia con una indicazione temporale: "Ed ecco, in quello stesso giorno, il primo della settimana, due dei discepoli erano in cammino ...da Gerusalemme" (v. 13). È il giorno in cui le donne si recano al sepolcro e trovano la pietra rotolata via (Lc 24, 1). Le donne sono là al sepolcro, ma senza speranza, senza via di uscita da una situazione disperata, perché il corpo di Gesù non c'è. Questa è la premessa del nostro brano.
In questo stesso giorno, i due discepoli lasciano Gerusalemme.
La città di Gerusalemme è per Luca l'obiettivo di Gesù (9,51) ed è pure il centro focale dell'attività pubblica del Maestro di Nazareth, nonché il luogo della sua passione, morte e risurrezione.
Lasciandosi alle spalle la Città santa, i due discepoli sembrano volersi allontanare dal luogo in cui sono accaduti gli eventi fondamentali e decisivi che riguardano Gesù di Nazareth. La loro è chiaramente una "fuga da Gerusalemme"; si allontanano dallo spazio in cui si può incontrare realmente Cristo stesso. Questi
due uomini stanno procedendo in una direzione diametralmente opposta a quella richiesta per essere veri discepoli di Gesù.

Attualizzazione

Può capitare, anche nella nostra storia personale e comunitaria, di "lasciare Gerusalemme", allontanandoci dalla fonte della nostra fede, dal "mistero pasquale", vale a dire dall'evento della morte e risurrezione del Signore Gesù, che si è compiuto a Gerusalemme. Le prove della vita ci hanno lasciati disorientati e
smarriti.
La morte di una persona cara ha provocato in noi un senso di solitudine, di distacco e di lacerazione. La violenza, la brutalità e l'odio ci hanno ferito e hanno provocato in noi un sentimento di impotenza. Il futuro davanti a noi genera incertezza e instabilità.
Ci fa paura lo stato di debolezza, di fragilità, il venir meno delle nostre risorse e delle nostre forze. Davanti a queste situazioni dolorose siamo tentati di abbandonare Gesù e la comunità per cercare altrove" delle risposte alle nostre angosce e al nostro bisogno di felicità.

Fuga
Sulla via di Emmaus

(Lc 24,15-24)

Interpretazione

I due sono dunque in cammino per allontanarsi da Gerusalemme e quindi dalla storia che hanno vissuto con Gesù, ma non riescono a rinchiudere nell'oblio quanto hanno vissuto con lui: "E conversavano tra di loro di tutto quello che era accaduto" (v. 14). È a questo punto che sopraggiunge Gesù, nella figura di un viandante anonimo, che si accosta e si unisce al loro cammino: "Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro" (v. 15b). Purtroppo i due sono incapaci di riconoscere il loro compagno di viaggio: "I loro occhi erano impediti a riconoscerlo" (v. 16). È un impedimento dovuto al loro stato di delusione, al ripiegamento su se stessi, ma più radicalmente è l'impossibilità dell'uomo di vedere il Risorto semplicemente con gli occhi della carne,
senza aprirsi invece alla visione della fede.

Attualizzazione

Molti cristiani, dopo aver ricevuto i sacramenti della vita cristiana, il Battesimo, la Confermazione, l'Eucaristia, la Riconciliazione, hanno lasciato la comunità, forse delusi o forse attratti da altre proposte, specialmente i più giovani, e non solo loro. Presto o tardi, comprenderanno, come i due di Emmaus, che non è possibile accogliere Cristo e poi lasciarlo come se nulla fosse accaduto. Rimane sempre nel cuore e nella mente la "nostalgia di Cristo e della sua Chiesa".
Ma può capitare anche ai credenti di partecipare alla vita della Chiesa e di ricevere i sacramenti senza riconoscere la presenza vera e reale del Signore Gesù. Siamo come trattenuti dentro uno sguardo solamente "carnale"; per questo c'è bisogno di un compagno di viaggio come Gesù o dei suoi testimoni, che aprano i nostri occhi ad una visione di fede.

(Lc 24, 25-27)

Interpretazione

La domanda di questo viandante sconosciuto suona come una provocazione, che causa nei due personaggi una sorta di meraviglia stizzita: non si può essere all'oscuro di fatti tanto gravi e recenti. Infatti, la morte di Gesù è stata pubblica, come il suo ministero, e questo viandante, che li interroga sull'oggetto della loro discussione, non può che essere un forestiero, uno straniero. I due, uno ha nome Cleopa e l'altro rimane anonimo, "si fermarono, col volto triste" (v. 18b). Il cammino si arresta: il cuore non è più dinamico, ma subisce il peso di una depressione che non consente di andare avanti. E così, i due raccontano al viandante
"ciò che riguarda Gesù, il Nazareno" (v. 19), facendo una specie di sintesi del racconto evangelico, privo però della luce della fede. Dicono anche le loro attese nei confronti di Gesù, quanto li aveva affascinati: "Noi speravamo..." (v. 21). Le loro parole tradiscono una visione che Gesù non aveva per nulla appoggiato,
vale a dire un'attesa messianica di tipo politico, secondo la quale il regno di Dio è una realtà mondana, che si manifesta in termini di potere e di successo. I due viandanti di Emmaus implicitamente vogliono così giustificare il loro allontanarsi da Gerusalemme: tutto infatti si è arrestato davanti alla morte e al sepolcro. E se questo è stato trovato vuoto, non significa nulla e le voci delle donne sono solo inattendibili fantasie: "Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l' hanno visto" (v. 24).

Attualizzazione

Dei due discepoli, uno ha un nome mentre l'altro resta sconosciuto. Anche qui vi è un'abile strategia narrativa dell'evangelista: il nome di Cleopa serve ad ancorare alla storia concreta la vicenda narrata. Va ricordato infatti che, nel vangelo di Giovanni, si parla di una "Maria, madre di Cleopa" (19, 25), dando come
assodata la conoscenza di quest'ultimo da parte delle comunità delle origini. Il fatto che l'altro discepolo resti anonimo permetterà ad ognuno, che ascolti con fede il racconto, di potersi riconoscere in lui
e fare la medesima esperienza.
Anche noi, come i due viandanti di Emmaus, di fronte a profonde ed inquietanti domande, che si agitano nel nostro cuore, ci chiediamo se Dio non sia per caso straniero alla nostra vita, incapace di capire i problemi che ci angustiano. Possiamo incontrare difficoltà nel riconoscere Gesù magari dentro certe malattie invincibili o di fronte alla morte, che rimane sempre il mistero più enigmatico della storia. Entriamo in una crisi di fede e, di conseguenza, anche di speranza. Ebbene, il Signore non è estraneo ad alcun turbamento, ad alcuna difficoltà, anche se noi non sappiamo avvertirne la presenza. Dobbiamo, piuttosto, interrogarci su quali siano le nostre attese nei confronti di Gesù. Dobbiamo chiederci: chi è Gesù per me? Per noi? È facile e quasi normale costruirci un Cristo su misura, capace di entrare senza troppi sforzi nei nostri schemi e programmi. Un Cristo così, che non disturba affatto, non è quello autentico. Occorre anzitutto abbattere questa falsa rappresentazione di Cristo e permettere a lui, alla sua Parola, di ricostruire quella vera. Solo così saremo capaci di dare "un senso" anche agli eventi più dolorosi e più inquietanti.

(Lc 24, 25-27)

Interpretazione

Ora, il compagno di viaggio prende la parola e dalla dolcezza passa ad un rimprovero deciso, che deve scuotere i due viandanti: "Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti" (v. 25).
Il rimprovero non è segno di mancanza d'amore, ma di un interesse profondo, per loro, vedendoli oppressi dalla tristezza e prigionieri di schemi inadeguati. Proprio la morte, che essi hanno interpretato come un fallimento, è il senso più alto della missione di Gesù, perché sta al centro del piano salvifico di Dio e dell'attestazione delle Scritture. Queste, infatti, affermano che il Messia doveva passare attraverso il mistero della sofferenza: "Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? " (v. 26). Siamo al cuore teologico del brano. Qui è sinteticamente espresso il mistero pasquale nelle sue due parti costitutive, quella della sofferenza e quella della gloria. Gesù cita Mosè e i profeti. Molto probabilmente saranno stati citati i canti del servo del Signore, soprattutto il quarto, dove si proclama, in forma chiara, che "uno muore per gli altri" (Is 53,6). Si afferma, per la prima volta, che la sofferenza può avere la valenza redentiva: "Per le sue piaghe noi siamo stati guariti" (Is 53,5).
Gesù non è venuto a spiegare la sofferenza in forma astratta, né a sopprimerla, ma a riempirla con la presenza della sua croce. Da allora "tutta la sofferenza che c'è nel mondo non è la sofferenza dell'agonia, ma il dolore del parto" (Paul Claudel). Luca presenta il Risorto che spiega ai due tutto ciò che nelle
Scritture si riferiva a lui. Appare chiaro il principio guida con cui la Chiesa delle origini si accosta alle Scritture d'Israele: esse sono testimonianza del piano divino, che si realizza nel Cristo, vale a dire in Gesù morto e risorto.

Attualizzazione

I due di Emmaus avevano detto di sperare che sarebbe stato Gesù a liberare Israele: ora egli comincia a liberare le loro menti, aiutandoli a comprendere ciò che aveva paralizzato il loro cammino di fede. Le Scritture sono come l'aiuto divino per comprendere il suo piano d'amore e di salvezza per gli uomini e
rileggere la propria esistenza nell'ottica di Dio. Nelle Scritture vi è il segreto per decifrare anche il senso del dolore umano e di avvenimenti che resterebbero altrimenti incomprensibili e deludenti. Nell'oscurità più profonda la Parola di Dio, contenuta nelle Scritture, ci raggiunge come una luce capace di rischiarare noi, il nostro cuore e ciò che stiamo vivendo.
Si tratta di aprire il cuore, di accoglierla, di lasciarsi condurre per mano. Senza pretendere di sapere tutto e subito. Potenza della Parola che un po' alla volta riesce a smuovere certezze ritenute granitiche e fa affiorare una fiducia e una speranza che sembravano impossibili. Potenza della Parola che consola e rende ragione, rimprovera ed illumina, si mostra dolce e al contempo esigente, mettendo ognuno di fronte alle sue responsabilità e decisioni. Potenza della Parola che riesce a scaldare un cuore ormai freddo e a renderlo ardente, capace di accendere altri cuori. Il risultato lo si può leggere con chiarezza nel discorso di Pietro
il giorno di Pentecoste: "All'udire queste cose si sentirono trafiggere il cuore" (At 2,37).

(Lc 24, 28-32)

Interpretazione

Il viaggio volge verso la sua conclusione e viene il momento della separazione, per cui l'anonimo interlocutore sembra voler lasciare i due per proseguire nel suo cammino. Non è solo un trucco narrativo, ma una manifestazione dello stile di Gesù, che si lascia incontrare se si è disposti ad incontrarlo. La richiesta dei due, affinché il loro compagno di viaggio rimanga, dice molto di più dell'uso orientale dell'ospitalità, che prevede pressanti inviti rivolti all'ospite affinché accetti. È, invece, invocazione accorata della presenza del Risorto, specie quando si affacciano le ombre della prova, la notte del dubbio e del dolore: "Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto" (v. 29). Gesù accoglie questa richiesta, accettando l'invito. Ma l'espressione evangelica è assai più forte, in quanto si afferma che "entrò per rimanere con loro" (v. 29b). Non entra semplicemente per condividere un momento fugace o per farsi riconoscere, ma per
"rimanere". Quanto avviene in quella casa ha i tratti di gesti estremamente familiari ed insieme assolutamente singolari. Mettersi a tavola e spezzare il pane è cosa ordinaria, come pure pronunciare la benedizione su di esso. Il tratto singolare è che tutti quei gesti richiamano l'ultimo pasto di Gesù con i suoi discepoli: "Poi prese il pane, rese grazie, lo spezzò e lo diede loro" (Lc 22,19). Adesso quei gesti diventano comprensibili, perché sono stati illuminati dalla Parola. E avviene in loro una profonda trasformazione:
"Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero" (v. 31). I due hanno dunque riconosciuto Gesù risorto, il vivente. Questo riconoscimento prende anche l'aspetto di un fare memoria del cammino fatto con Gesù, dell'esperienza del lavoro intimo che la sua Parola ha fatto nel loro cuore, fino a farlo ardere nel petto. È un fuoco che si è acceso in loro e che non si spegnerà più, perché è come il Battesimo in Spirito e fuoco (Lc 3,16).

Attualizzazione

Ogni domenica coloro che intendono partecipare all'eucaristia si mettono per strada, e non solo in senso metaforico. C'è una strada, breve o lunga, che deve essere affrontata fisicamente. Gli stati d'animo sono i più diversi. Talora anche noi ci ritroviamo nello stato d'animo dei due discepoli. Condividiamo la loro tristezza, il loro smarrimento, la loro fatica a credere. Spesso qualcuno domanda, con aria sorniona: basta andare a Messa per essere cristiani? No. Ma, non è possibile essere cristiani senza andare a Messa.
L'Eucaristia è un passaggio essenziale, essa non conclude, ma apre la strada della testimonianza e dell'impegno. Non possiamo fare a meno di chiederci: perché, dopo aver partecipato all'Eucaristia nella nostra comunità, non torniamo a casa con il cuore ardente? Perché non veniamo trasformati dall'incontro
con il Signore? Perché non avvertiamo un entusiasmo nuovo, che ci fa correre verso gli altri? Nel gesto sacramentale del pane spezzato, c'è tutto Gesù. C'è la sua compassione e la sua tenerezza; c'è l'amore smisurato che lo ha spinto a dare la vita per gli uomini; c'è la sua misericordia ed il suo desiderio di farci entrare in una comunione piena con lui.
Ogni domenica, facendo l'esperienza profonda della comunione con Gesù, possiamo riprendere il cammino della nostra vita con rinnovata speranza.

(Lc 24, 33-35)

Interpretazione

Il ritorno a Gerusalemme è un cammino opposto a quello fatto dai due viandanti poco prima. Se per l'innanzi erano tristi, senza più speranza, ora hanno trovato la gioia, un entusiasmo nuovo, una speranza assolutamente certa. Pur essendo ormai sera e nonostante il viaggio di ritorno a piedi sia piuttosto lungo, i due non esitano a correre a Gerusalemme.
È davvero un giorno che sembra "senza tramonto", perché ormai la luce è dentro di loro. È un giorno che preannuncia l'interminabile tempo della missione della Chiesa, in cui ogni uomo deve essere raggiunto dalla buona notizia. Cleopa ed il suo amico non possono più tenere solo per sé la meravigliosa notizia, ma si devono fare evangelizzatori, annunciatori della risurrezione di Gesù. Il fatto che Gesù li abbia preceduti e sia già apparso a Simone, è segno ulteriore della grazia divina che sta convocando i discepoli dopo lo scacco della morte di Gesù. La condivisione della medesima scoperta li avvince e li fa diventare, in modo nuovo, la comunità dei discepoli di Cristo: "Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane" (v. 35). Questa è la Chiesa, la prima Chiesa: la comunione tra coloro che si riconoscono nella storia di Gesù, il vivente; confessano insieme la loro fede, spezzano il pane e mettono in comune la loro esperienza di discepoli.

Attualizzazione

Ciascuno di noi, oggi, può incontrare personalmente Gesù, crocifisso e risorto, nella comunità cristiana, che fa continuamente memoria della Parola e dei gesti del Risorto. Anche noi siamo chiamati a professare la stessa fede della prima comunità cristiana con le parole: "Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone" (v. 34). L'annuncio del Signore risorto apparso a Simone diventa il sigillo di garanzia dell'autenticità della nostra esperienza di fede. Potremmo dire: "Ubi Petrus, ibi Ecclesia" (dove si trova Pietro, lì c'è la Chiesa). La presenza di Simon Pietro e del successore di Pietro conferisce unità ecclesiale alla comunità degli amici di Gesù. Nella comunità ecclesiale presieduta da Pietro i due di Emmaus sono accolti e ascoltati. La loro esperienza vale come ricchezza carismatica, che porta ulteriore luce nella comunità; la comunità ecclesiale l'accoglie e la certifica come reale e autentica esperienza. Questa deve essere la dinamica ecclesiale, anche ai nostri giorni nei confronti di tutte le nuove realtà carismatiche. È lui, il Cristo Risorto, a formare la nuova comunità dei credenti, che, nella molteplicità dei doni, dei carismi, dei ministeri, attesta la comune fede in Gesù.

Conclusione

Tutti gli uomini e le donne che leggono la mirabile pagina del racconto dei due discepoli sono invitati a ripercorrere la stessa strada. Emmaus diventa il simbolo della vita nuova che rinasce dopo l'incontro con Cristo. Come Cleopa ed il suo anonimo compagno ciascuno di noi è sollecitato a compiere quel cammino e a diventare testimone e annunciatore di speranza.

Vicenza, 8 settembre 2012

+Beniamino Pizziol
vescovo di Vicenza
Proposta Pastorale per l'Anno della Fede

Dopo aver sentito il Consiglio pastorale diocesano, il Consiglio presbiterale diocesano, i Vicari foranei e i Direttori degli uffici diocesani, offro alle comunità parrocchiali, alle comunità dei religiosi e delle religiose, agli istituti secolari, a tutto il popolo di Dio e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, questa
proposta pastorale che mira a introdurre l'Anno della fede, da vivere a livello personale e comunitario, per una rinnovata testimonianza evangelica nella Chiesa e nel mondo.

Desidero ritmare questa proposta seguendo i quattro momenti che si possono cogliere dalla narrazione dell'episodio dei discepoli di Emmaus in Luca 24, 13 - 35:

1. Fuga da Gerusalemme.
2. Sulla via di Emmaus:
a. Di che cosa discutete?
b. Stolti e lenti di cuore a credere.
3. La sosta a Emmaus.
4. Il ritorno a Gerusalemme.
Queste indicazioni intendono delineare l'orizzonte dentro il quale ogni singola comunità ecclesiale è chiamata a declinare, secondo la fantasia suscitata dallo Spirito, i gesti e le parole più convenienti al dinamismo sacramentale dell'anno liturgico.

1. Fuga da Gerusalemme.
Riflessione sui contenuti della fede:
lectio divina su alcune icone bibliche, come itinerario di fede; approfondimento del "Credo apostolico";
studio di un documento o di un tema particolare del Concilio Vaticano II.
Proposta
2. Sulla via di Emmaus.
Testimonianza di fede in tutti gli ambienti dell'umana esistenza: come testimoniare la fede in famiglia (curare la stesura di un sussidio per le famiglie) nella scuola, nel mondo del lavoro, nel quartiere, nel territorio, nel mondo del volontariato e dell'associazionismo, nel tempo libero; alcuni gesti preparatori al Festival biblico, inteso come un "cortile dei gentili", sul tema "Libertà e fede"; l'esperienza del pellegrinaggio nei santuari presenti nel territorio della Diocesi, ma anche a Gerusalemme.
3. La sosta a Emmaus.
A partire dalla celebrazione dell'Eucaristia, dare alla propria vita una forma eucaristica, a livello personale e comunitario: celebrare e vivere l'Eucaristia domenicale e festiva come il centro e il cuore della vita e della missione della comunità cristiana; testimoniare il rapporto inscindibile tra Eucaristia e carità, anche attraverso un gesto di solidarietà a livello diocesano; far generare dall'Eucaristia "nuovi stili di vita", come singoli, famiglie, comunità.
4. Il ritorno a Gerusalemme.
L'Eucaristia è viatico, cibo per coloro che sono in cammino "panis viatorum" (pane dei pellegrini): approfondimento sull'articolo del Credo niceno-costantinopolitano: "Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica"; approfondire il nesso tra fede, vocazione e vocazioni.


Commenti

Ancora nessun commento.
Aggiungi commento

Accedi per inserire un commento

Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.





Commenti degli utenti

Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
Gli altri siti del nostro network