La lectio magistralis del cardinale Pietro Parolin alla chiusura dell'anno di attività dell'Accademia Olimpica
Sabato 17 Giugno 2017 alle 21:12 | 0 commenti
 
				
		Pubblichiamo di seguito il testo della lectio magistralis tenuta questo pomeriggio dal card. Pietro Parolin, in occasione della cerimonia di chiusura dell'anno di attività dell'Accademia Olimpica, della quale è socio onorario. Il Segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin ha approfittato della giornata anche per una visita a Palazzo Chiericati dove ha ammirato la sua pinacoteca e si è incontrato. con gli amministratori locali.
"La scommessa della fraternità : una riflessione a cinquant'anni dalla Populorum Progressio"
Accademia Olimpica, Vicenza,17 giugno 2017
Sua Eccellenza Mons. Beniamino Pizziol, Vescovo di Vicenza, Signor Presidente dell'Accademia Olimpica,
Illustri Accademici,
Signor Sindaco di Vicenza,
Distinte Autorità civile, religiose e militar i, Gentili Signore e Signori,
Saluto tutti con viva cordialità e ringrazio di cuore per l'alto onore che mi è stato concesso di venire accolto come Accademico Onorario dell'Acca d emi a Olimpica. Vi confesso che la proposta di nomina mi ha causato non poca trepidazione, ma alla fine l'ho accettata, convinto che tale scelta voglia onorare soprattutto Papa Francesco, che mi ha affidato il servizio di Segretario di Stato e possa significare in qualche modo un riconoscimento alla terra vicentina e alla città di Vicenza, per me carissime e alle quali mi sento  molto  legato, nonostante  la lunga assenza.
Sono lieto questa sera di offrire alcune riflessioni nella splendida cornice del Teatro Olimpico, in occasione della cerimonia di chiusura  dell'anno  accademico  dell'Acca d e m ia Olim pica , che si pone come un autentico scrignò d'arte e di storia, di lettere e di studio, di scienza e di cultura nel cuore della città Vicenz a . Come è noto, nel 1556, Elio Belli disegnò l'emblema dell'Accademia: un circo romano per le còrse dei cavalli, accompagnato dell'emistichio virgiliano "Hoc Opus, Hic Labor". Esso, tratto dal Libro IV dell'Eneide (IV, 129), richiama l'avvertimento della Sibilla ad Enea sulla soglia dell'Averno: il difficile non  è entrarvi, ma la vera impresa è uscirne.
Sul piano della riflessione intellettu ale, l'espressione assume i tratti di una immagine emblematica: la vera sfida per l'intelligenza dell'uomo non è tanto quella di constatare l'esistenza dei problemi, quanto la capacit di attraversare il labirinto delle loro asperità, per trovarne, con acume, la soluzione. E  al riguardo, vale anche il richiamo dell'Aligh ieri : "Qui si parrà la tua nobilitate" (lnf. II, 9). Per qu es t o, i Fondatori volevano cogliere la vera sfida dell'intelligenza,  abbracciando  ogni branca del sapere,
con una visione ecclettica ante litteram: dalle arti alla musica; dallo studio della matematica all'esercizio delle  ar mi;  dalla filosofia alla medicina, dalla cosmografia all'architettura, coinvolgendo uomini di scienza e di lettere, e promuovendo  un vero e proprio rilancio della classrcità: basti qui citare il genio del Palladio.
Tutto nasce dalla libertà intellettuale che si  lascia  affascinare dalla bellezza del mondo e ne vuole indagare l'origine  ultima, quella che dà dignità e profondità alle cose che sono. Anche Papa Francesco lo ha ricordato, ricevendo in Vaticano i padri gesuiti della	rivista		"La	Civiltà	Cattolica",	facendo	ricorso	ad	una immagine suggestiva per indicare il cammino e la fatica della riflessione critica, specialmente nell'attuale contesto: quella della navigazione.	Nel  fluttuare  delle  situazioni  storiche,  nel  mutare degli avvenimenti e delle prospettive, il Papa ha invitato a "restare in mare aperto", oyvero in un orizzonte vasto di esplorazione, ove si possono incontrare certamente tempeste e vento contrario,  ma dove si  possono affrontare le grandi sfide, con spirito costruttivo1.
L'immagine che il Santo Padre ha evocato in quell'occasione, penso abbia molto da dire anche per  quanto  attiene  all'ambito della cultura, dell'arte, della ricerca e dell'impegno per il bene comune. Sappiamo che il nostro tempo è caratterizzato da sfide inedite e da situazioni di grave complessità sul piano locale e su quello internazionale e, tuttavia, questo nostro tempo chiede di essere "abitato" per aprire strade nuove e  favorire  soluzioni creative. Al riguardo, da diversi anni si parla di un'epoca di crisi: sperimentiamo crescenti tensioni, ci troviamo in un orizzonte nel quale molti punti di riferimento sono venuti a mancare, ove il sistema stesso degli equilibri internazionali appare fortemente indebolito e con esso anche alcuni elementi essenziali del diritto. Non viviamo solamente un'epoca di cambiamenti, ma ci troviamo nel cuore di un  "cambiamento  d'epoca".
Per questo ho pensato  di  soffermarmi  nell'odierna  riflessione su "La scommessa della  fraternità,  a  cinquant'anni  dalla Populorum Progre ssio" di Papa Paolo VI. Lo vorrei fare a partire dalle peculiarità della terra vicentina, tracciando come un ponte ideale  tra  passato  e presente,  tra  dimensione  locale  e  globale, e
1 FRANCESCO, Discorso alla Comunità de "La Civiltà Cattolica" , Sala del Concistoro, Palazzo Apostolico Vaticano, 9 febbraio 2017.
poggiandolo sulle fondamenta sicure della nostra cultura e del nostro patrimonio spirituale.
La terra vicentina è una terra aperta verso il mondo. Ciò le deriva dal singolare percorso della sua storia,  dall'essere  stata anche parte integrante di quella Repubblica di Venezia, che col passare dei secoli aveva assunto i tratti di un vero e proprio  crocevia tra le culture e i popoli, a livello commerciale certamente, ma anche sul  piano dell'arte e  della scienza.  Mi limito,  tra  i tanti, a citare un episodio che  mi pare emblematico.
Quando, nel 1519, il nostro concittadino Antonio Pigafetta, geografo, studioso di matematica e di astronomia, si trovava a Barcellona, al s guito del Nunzio Pontificio, Mons. Francesco Chiericati, rimase  affascinato  dall'impresa  della circumnavigazione del globo che Ferdinando Magellano stava organizzando. Co ì con l'appoggio del Rappresentante del Papa, ottenne da Carlo V il permesso di prendere  parte alla spedizione.  La sua presenza sarà provvidenziale, perché dopo la morte di Magellano, avvenuta il 27 aprile 1521, nella battaglia di Mactan (nelle Filippine), insieme a una sessantina di superstiti, Pigafetta potrà portare a termine quell'incredibile impresa, dopo aver doppiato il Capo di Buona Speranza e giungendo a San Lucar presso    Siviglia,   il   6    settembre    15222•       All'origine    di   quella straordinaria avventura, e di altre simili che  la  storia  ha conosciuto, vi era un radicato atteggiamento di fiducia nella provvidenza di Dio, da una part e, e nelle capacità dell'uomo, dall'altra.
Sono tante le figure di vicentini che si sono contraddistinti sia come membri di questa illustre Accademia -  da  Valerio Chiericati a Giacomo da Schio, insieme a Anton Maria Angiolelli, al conte Da Monte, a Giacomo Pagello e Giuseppe Ovetari, al  matematico Silvio Belli, e molti altri - sia come generosi portatori dello spirito di queste terre "fin nei mari estremi". Mi riferisco in particolare a quan ti, senza indugi o calcoli di  sorta, si sono  fatti  annunciatori del Vangelo in terre lontane: dai missionari diocesani, a quelli teatini e di altre famiglie religiose, fino a comprendere molti laici, tra i quali il dott. Anacleto Dal Lago, medico volontario  del CUAMM di Padova, ma partito da Schio con sua moglie nel 1955, che dedicò l'intera vita alla promozione  umana  e  cristiana  in Africa.
Cfr. MAXIMILIANUST RANSYLVANUS e ANTONIO PlGAFETT A, il Viaggio fatto dagli Spagniuoli attorno al mondo, Venezia 1536.
Così si è proiettata verso l'esterno quell'esperienza particolare di essere una "terra .ponte", come lo è stata la Serenissima, tra Oriente e Occidente. Non per nulla il Palladio stesso, da un lato si fece ispirar e dal potente ritorno alle figure classiche dell'architettura, dalle ville per la nobiltà vicentina, alla basilica palladiana, fino al progetto del "Teatro dell'Accademia" e ne rilanciò il valore simbolico ed estetico per una società in rapido cambiamento. Dall'altro, seppe cogliere i segni di un'epoca nuova, coniugando la propria arte con  le  inedite  attese  della  gente  del suo  tempo.  In merito  ha  osservato  il noto storico dell'architettura
James Ackerman: "Se [Palladio] non fosse esistito, si sarebbe dovuto  inventarlo._ E  in  un  certo  senso  egli fu  'inventato':  se  agli inizi della rivoluzione agraria, un gentiluomo quasi di campagna come Trissino non lo avesse tratto dalla sua bottega di tagliapietre, Andrea Dalla 0017-dola non sarebbe diventato Palladio, e tanto meno un architetto. I tempi crearono l'individuo; fortunatamente, quell'individuo era un genio''3.
In pari tempo, dal dinamismo culturale e dal patrimonio cristiano di queste terre si è sviluppata, nel corso dei secoli, una particolare attenzione  per la  promozione  della persona  umane per il suo inserimento in una  comunità  capace  di  garantirne  i diritti e i doveri, rispettandone la dignità. Una tale consapevolezza ha favorito la nascita di organizzazioni sociali di tipo solidale e cooperativo, che hanno lavora to con assiduità ad uno sviluppo sostenibile di questo territorio, specialmente  per  le  fasce  più deboli delle nostre comunità. Ciò è avvenuto ad ogni passaggio d'epoca: dal tempo della riforma agraria, a quello della rivoluzione industriale, fino al rilancio economico e finanziario del secondo dopoguerra.
Oggi  questa  stessa  sfida  assume  una  dimensione  davvero planetaria. Quanto si realizza a livello locale ha una ripercussione quasi immediata anche sul piano globale. Siamo tutti  inter connessi attraverso le maglie digitali di una vera  e  propria comunità virtuale, eppure, mai come oggi,  riemergono  la solitudine individuale, la precarietà del percorso personale e una certa sensazione di poter essere "scartati", sul piano del lavoro e delle proprie attese professionali, o semplicemente perché si viene considerati  inadeguati  rispetto ai  nuovi parametri di sviluppo.
Cfr. J.S. Ac KERMAN,  Palladio, tr.  lt. G. Scattone, Einaudi, Torino 2000.
Il Santo Padre lo ha puntualmente sottolineato, accogliendo in Vaticano i membri della Global Foundation, il 13 gennaio  scorso: "E' inaccettabile, perché disumano, un sistema economico mondiale che scarta uomini, donne e bambini, per il fatto che questi sembrano non essere più utili ai criteri di redditività delle aziende o di altre organizzazioni. Proprio questo scarto delle persone costituisce il regresso e la disumanizzazione di qualsiasi sistema politico ed economico: coloro che causano o che permettono lo scarto degli altri diventano essi stessi una macchina senza anima, accettando implicitamente il principio che anche loro, prima o poi, saranno scartati, quando non saranno più utili ad una società fondata meramente sull'idolo del 'dio denaro" 4•
Già  nel 1991, San	Giovanni Paolo II, di fronte al crollo dei sistemi politici, che avevano oppresso tanta parte dell'Europa e di altre regioni del mondo, guardando  alla progressiva  integrazione dei mercati appena avviata, e che  oggi conosciamo  con  il termine di globalizzazione, avvertiva circa il rischio che si diffondesse ovunque un'altra  ideologia  altrettanto  radicale,  di  tipo capitalistico. Essa si sarebbe caratterizzata  per  il  rifiuto  di prendere in considerazione i fenomeni dell'emarginazione, dello sfruttamento e dell'alienazione umana, ignorando così le moltitudini che vivono ancora in condizioni di profonda miseria materiale e morale, ed affidandone fideisticamente la soluzione unicamente al libero sviluppo delle forze del mercato. Egli, domandandosi se un tale sistema economico fosse il modello da proporre a coloro che cercavano la via del vero progresso sociale, riteneva che la risposta dovesse essere decisamente negativa: "Questa non è la via!"5•
. In un tale dinamismo, la nostra terra vicentina è pienamente inserita in quanto, con la sua laboriosità instancabile e generosa, ha le caratteristiche per rispondere a quella peculiare vocazione allo sviluppo, che costituisce il cuore del messaggio del Beato Paolo VI nella Populorum Progressio. Infatti, "nel disegno di Dio - afferma Papa Montini - ogni uomo è chiamato a uno sviluppo, perché ogni vita è vocazione''6. È proprio tale costatazione a legittimare l'interesse della Chiesa per le problematiche dello
4 FRANCESCO, Discorso ai partecipanti della "Rome Roundtable" della Global Foundation, Vaticano , 13 gennaio 2017.
5    GIOV ANNI  P AOLO II,  Lettera enciclica "Cente simu s Annu s" , 42.
6    P AOLO   VI,  Lettera enciclica "Popolorum  Progressio"  (di  s egu it o PP), 15.
sviluppo7 , poiché l'uomo deve poter essere messo in condizione di portare a compimento la propria vocazione. Ciò esige di "essere affrancati dalla miseri.a, garantire in maniera più sicura la propri.a sussistenza, la salute, una occupazione stabile; una partecipazione più piena alle responsabilità, al 7:1.i fùori. da ogni oppressione, al riparo da situazioni che offendono la[...} dignità di uomini; godere di una maggiore istruzione; in una parola, fare conoscere e avere di più, per essere di più: ecco l'aspirazione degli uomini di oggi, mentre un gran numero d'essi è condannato a vivere in condizioni che rendono illusori.o tale legittimo desideri.o''8. L'osservazione di Paolo VI appare poi ancor più pertinente e profetica  nell'attuale contesto planetario tanto variegato e complesso da imporre una riflessione appro ondita sul significato e   sulle  caratteristiche  di uno  sviluppo  che   sia  autenticamente  umano.
La  Populorum Progressio viene pubblicata  nel 1967, appena
due anni dopo  la hiusura  del Concilio  Ecumenico  Vaticano II, il cui ultimo frutto magisteriale era stata la Costituzione Apostolica Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.  Con questa	enciclica,			Papa		Montini	si	colloca		al	culmine		di	un percorso, che aveva lungamente impegnato i precedenti Pontefici nell'affrontare	i		problemi	sociali	dell'epoca	contemporanea, attraverso una serie di documenti che costituiscono il corpus di quella che chiamiamo comunemente Dottrina sociale della Chiesa. La Populorum Progressio è un		punto   di   arrivo importante   di questo cammino, ma soprattutto è  il  punto di  partenza di  una nuova prospettiva, che  nasce  dalla  costatazione che  "oggi, il fatto di maggior rilievo, del quale ognuno deve prender coscienza, è che la questione sociale ha acquistato dimensione mondiale''9. Paolo VI "ribadì	-		afferma			Benedetto	XVI  nella	Cari.tas		in	veri.tate	- l'impre scindibile		importanza  del Vangelo per la costruzione della società secondo libertà e giustizia, nella prospettiva ideale e storica di una civiltà animata dall'am ore. Paolo VI comprese chiaramente come la questione		sociale fosse	diventata	mondiale e	colse il richiamo	reciproco tra	la  spinta		all'u nificazione		dell'u manità e l'id ea le cri.stiano di un'u nica famiglia dei popoli, solidale nella comune fraternità. Indicò nello s viluppo, umanamente e cristianamente inteso, il cuore del  messaggio  sociale cri.stiano e
7 Cfr.  BENE DETI O XVI, Lettera enciclica "Caritas  in  veritate"  (d i seguito CV), 16.
8   PP , 6.
9   PP,  3.
propose la carità cristiana come principale forza a servtzio dello sviluppo"10 .
Papa Montini sembra · dunq-qe porsi 1n modo profetico interrogativi oggi dram maticam en te attuali: quando lo sviluppo è autenticamente umano? Che cosa signifi a syiluppo umano in un contesto globale? Fin da subito  il  Beato Pontefice sgombra il campo da possibili equivoci:  lo svilu ppo  non è  sinonimo di crescita economie  .e  non può ridursi   essenzialmente   ad   essa11. "Per essere autentico sviluppo - afferma - deve essere integrale, il che vuol dire volto alla Rromozione di ogni uomo e di tutto l'uomo. Com'è stato giustamente sottoli eato da un eminente esperto: 'noi non accettù;imo di separare l' economico dall'u mano, lo sviluppo dalla civiltà dove si inserisce . Ciò che conta per noi è l'uomo, ogni uomo, ogni gruppo . d'uomini, fino a comprendere l'umanità intera"'12 . nfatti, seppure  - lo  sviluppo richieda tecnici e conoscenze tecniche, esso ' e sige ancor di più uomini di pensiero capaci di riflessione profonda, votati alla ricerca d'un umanesimo nuovo, che permetta all'uomo moderno di ritrovare se stes so, assumendo i valori superiori d'a more, di amicizia, di preghiera e di contemplazione. In tal modo potrà compiersi in pienezza il vero sviluppo, che è il passaggio, per ciascuno e per tutti, da condizioni meno umane a condizioni più u mane"13•
Con la profonda lucidità di giudizio che lo ha sempre contraddistinto, Paolo VI enuclea le condizioni meno umane, che ostacolano  uno  sviluppo  autentico,  ovvero:  la  carenza  di mezzi
r		materiali    e    morali,    le    strutture    oppressive,    lo sfruttamento   dei lavoratori  e  "l'ingiustizia  delle  transazioni"14 ; e  quelle  più  umane che lo facilitano, ossia: "la vittoria sui flagelli sociali, l'amplia mento delle conoscenze, l'acquisizione della cultura [... ], l'accresciuta considerazione della dignità degli altri, l'orientarsi  verso lo spirito  di povertà, la cooperazione  al bene comune, la volontà di pace [.. . ], il riconoscimento da parte dell'uomo dei valori supremi, e di Dio che ne è la sorgente e il termine [... ], infine e  soprattutto: la fede, dono di Dio accolto dalla buona volontà  dell'u omo , e l'unità nella carità
lO  c v, 13 .
Cfr. PP, 14.
Ibid.
13  PP, 20.
14 Cfr. PP, 21.
del Cri.sto che ci chiama tutti a partecipare in qualità di figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli u omini"15 .
.   Nella  Lettera  apostolica· Octogesima   adveniens,  scritta nel  1971    in    occasione    dell'ottan tesimo    anniversario    della· Rerum novarum,  il  Beato  Pontefice  metterà  ulteriormente  in guardia  da  visioni  utopistiche  ed  ideologiche  di  sviluppo,  che non  tengano  conto  della  dimensione  trascendente  che contraddistingue  l'essere  umano.   Di  fronte  ai  progressi  della tecnica,  l'umanità  ritiene  di  potersi  facilmente  affrancare  da qualsiasi legame. "Oggi - osserva ancora Paolo VI - gli  uomini aspirano a liberarsi dal bisogno e dalla dipendenza. Ma questa liberazione s'inizia con la libertà interi.ore chf! essi devono recuperare dinanzi ai loro beni e ai loro poteri.; essi mai vi riusciranno  se  non  tramite  un  amore  che trascend a   l'u omo, e,  di  conseguenza,   tramite   un'effettiva dis ponibilità . al servizio"16 . Più recentemente, Papa Francesco ha evidenziato "la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali[...], che cela una concezi.one di persona umana staccata da  ogni  contesto  sociale  e  antropologico,  quasi come una  'monade',  sempre  più  insensibile  alle  altre  ' monadi' intorno a sé "I 7.
Al contrario, per Papa Montini: "lo sviluppo integrale dell'uomo non può aver luogo senza lo sviluppo solidale dell'u manità . [... ] L'uomo deve incontrare l'u omo, le nazioni devono incontrarsi come fratelli e sorelle, come i figli di Dio"18 • Pu rtr oppo, osservava Benedetto XVI, "la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli"19• Occorre dunque scommettere sulla fraternità, come luogo e possibilità di uno  sviluppo au tentico.  Non c'è crescita , né  sviluppo  nell'assenza  di  legami,  al  massimo  c'è solo l'illusione di un progresso tecnico, i cui  benefici  rischiano tuttavia di essere  oscurati  da  un'umanità  sempre  più  sola  ed alienata.  La  scommessa  della  fraternità  si  basa,  invece, sulla volontà di riconoscere e favorire legami,  sia  orizzontali  -  con  gli altri uomini -  sia  verticali  -  con  Dio  da  cui  tutto  dipende.  La stessa parola "religione" porta con sé l'idea di legami che vengono tessuti.   Lo  sviluppo   per  essere  autenticamente  umano   deve fare
15 lbid.
16  PAOLOVI, Lettera apostolica "Octogesima ad veniens", 45 .
17 FRANCEsco; Discorso al Parlamento Europeo, Stra s bu rgo, 25 novem bre
20 14 .
18   PP, 43.
19  CV, 19.
spazio  al  principio  di  gratu ità20•     Esso,  sostiene  Benedetto  XVI, "dipende soprattutto dal riconoscimento di essere  una sola famiglia, che collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che non vivono semp liceme nte ·l'u no accanto all'a ltro''21•
Alla parola fraternità, umana e soprannaturale22, Paolo VI lega tre doveri: la solidarietà, la giustizia e la carità, che non rappresentano soltanto un atteggiamento virtuoso del singolo, né la regola di condotta dei rapporti interpersonali, ma vere e proprie "virtù sociali", per la dimensione universale che le contraddistingue.
La solidarietà esige l'assistenza ai più deboli, ovvero che le nazioni più  ricche aiutino quelle più  povere; la  giustizia, nella sua
dimensio_ne   sociale,	richiede	relazioni	commerciali	eque	fra   i
_  popoli  in  una   cornice   di  parità   fra  i  contraenti;   mentre   la  carità nel suo respiro universale implica "la promozione di un mondo più umano per 4'-tti, un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere, senza che il progresso degli  uni costituisca  un ostacolo allo sviluppo degli a ltri''23• Dunque "il tema dello sviluppo coincide con quello de ll'inclu sione relazionale di tutte le persone e di tutti i popoli nell'u nica comunità della famiglia umana , che si costruisce nella solidarietà sulla base dei fondamentali valori della giustizia e della p a ce''24•
Nella prospettiva della fraternità corpprendiamo allora il continuo richiamo di Papa Francesco a costruire ponti, così che "ognuno possa trovare nell'altro non un nemico, non un concorrente, ma un fratello da acc(!gliere ed abbracciare''25•
7 . Se è dunque chiaro che lo sviluppo è autenticamente umano solo quando è integrale, cioè quando coinvolge la persona nelle sue dimensioni spirituali e materiali, e che favorire lo sviluppo umano integrale esige che si costruiscano legami di fraternità , ben si comprende una delle affermazioni cardine della Populorum Progressio: "Lo sviluppo è il nuovo nome della pace''26 . Paolo VI lega così in modo inscindibile due parole centrali del suo
°2    Cfr. 34.
21  cv, 53.
Cfr. PP, 44.
Ibid.
24  cv, 54.
25 F RANCESCO,  Discorso al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede,
22  marzo 2013.
26  PP, 87
insegnamento: l'anelito di ogni uomo alla pace non  può  trovare una risposta convincente se non vengono  create  condizioni  per uno  sviluppo davvero umano ed integrale.
Il cammino della pace esige un 'assunzione di responsabilità da parte di ognuno.  Già  la  Costitu zione  pastorale Gaudium  et  spes del Concilio  Ecumenico  Vaticano  II evidenziava  che: "La pace non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l'equilibrio delle forze avverse [... ]; essa è il frutto dell'ordine impresso nella società umana dal suo divino Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini che aspirano ardentemente ad una giustizia sempre più perfetta'YJ.7• Dono di Dio e opera dell'uomo allo stesso tempo, la pace richiede,  nella  prospettiva  di Papa Mon ti   i, soprattutto  l'impegno  comune degli uomini  di Stato  e degli edu catori28, categorie a lui particolarmente  care  fin  dai tempi trascorsi alla FUCI e in Segreteria  di  Stato.  Oggi, ciò  significa sp cialmente che le autorità pubbliche sono  chiamate  a creare le condizioni per una più equa distribuzione delle risorse e a  stimolare  opportunità  di  lavoro  soprattutto  per i  più  giovani29, ''poiché - come nota ancora Papa Francesco - non c'è vera pace quando ci sono persone emarginate o costrette a vivere nella miseria. Non c'è pace laddove manca lavoro o la prospettiva di un salario dignitoso. Non c'è pace nelle periferie delle nostre città, nelle quali dilagano droga e viole nz a"30 .
8. Quale dunque la responsabilità del nostro tempo? "Possiamo dire - sottolinea Papa Francesco - che la pace è un dono che diviene artigianale . nelle mani degli uomini: siamo noi uomini, ogni giorno, a fare iln passo per la pace, è il nostro lavoro. È il nostro lavoro con il dono ricevuto: fare la pace''31• Con i gesti semplici e concreti che lo contraddistinguono, il Papa indica il metodo di questo lavoro: "come tutte le cose artigianali, si fa nel piccolo per arrivare al grand e''32• La p ce si edifica nel piccolo, nei
27 CONCILIO ECUMENICO VATICANO II, Costituzione pastorale "Gaudium et spes" sulla  Chiesa   nel   mondo  contemporaneo, 78.
28   Cfr. PP, 83.
29 Cfr. FRANCESCO, Discorso in occasione degli auguri al Corpo Diploma tico accreditato  presso  la  Santa  Sede, 9   gennaio 2017.
°3    FRANCESCO,  Discorso ai Ca pi di Stato e di Governo dell'Unione Europea in
occasione del 60° anniversario della firma dei Trattati di Roma, 24 marzo 2017.
31 FRANCESCO, Pi.ccoli artigiani della pace, Omelia mattutina a Santa Mar ta , L'Os se rva tore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVI, n.206, 9 settembre 2016. 32 Ibid.
rapporti prossimi, ovvero in quelli fraterni e come a cerchi concentrici essa poi può espandersi fino ad abbracciare i contesti più lontani e tutta l'umanità. -
Il Magistero pontificio dell'ultimo secolo e mezzo è ampiamente costellato dell'impegno "artigianale" dei Papi per la pace, con importanti tentativi  di  mediazione,  tra  i  quali  vorrei  qui  ricordare in modo particolare quello di Benedetto XV con la  Lettera ai Capi dei Popoli belligeranti, di cui ricorre a breve il centenario. Nel definire la Grande Guerra "un'inutile strage", Papa Della Chiesa esortò i ''popoli e Governi belligeranti a tornare fratelli''33 , proponendo in modo chiaro i termini di una pace ragionevole. Egli espresse l'auspicio che "di fronte ai vantaggi immensi di una pace duratura_con disarmo, le Parti contendenti vorranno esaminarle con spirito conciliante, tenendo conto, nella misura del giusto e del possibile [... ] delle aspirazioni dei popoli, e coordinando, ove occorra, i propri interessi a quelli comuni del grande consorzio umano''34•     Benedetto  XV  si   rese  così  interprete   della  voce  dei popoli, di milioni di uomini e  di  donne  che  imploravano la  fine delle  ostilità.
La nostra terra veneta ebbe modo di conoscere i drammi della Grande Guerra e ne porta per certi versi ancora  i  segni  delle  ferite. Vicenza fu risparmiata grazie al voto che il  vescovo Rodolfi e il sindaco Munzani fecero alla Madonna di Monte Berico, che veglia sulla nostra città. Da quel voto, che Maria benignamente esaudì, sorse la chiesa intitolata a Maria  Regina  della  Pace. Proprio Paolo VI legherà indelebilmente Maria alla pace nella ricorrenza del 1° gennaio, da lui proclamata, sempre nel 1967, Giornata Mondiale della Pace. D'altra parte, per il cristiano la fraternità umana trova il suo significato più  vero  e  profondo proprio nel riconoscimento della figliolanza divina e nell'abbraccio materno  di Maria.
Nel rileggere la Populorum Progresiso riscopriamo un tesoro prezioso del Magistero pontificio, che nel  suo  insegnamento sociale si è sempre mostrato all'anelito di pace e fratellanza, che contraddistingue il cuore  di ogni persona.
Un eloquente episodio, spontaneo e commovente, della Grande Guerra ce ne dà un insigne testimonianza, con la quale vorrei concludere. Dopo neanche sei mesi di guerra, i soldati britannici e tedeschi si erano già perfettamente resi conto dell'assurdità di quel conflitto.  Nei giorni che. precedettero  il Natale  del 1914 1
33 B ENEDETT O XV, Lettera ai Capi dei Popoli belligeranti, 1° agosto 1917.
34 Ibid.
militari degli opposti schieramenti si prepararono come potevano a celebrare la fes ta , lontano dalla casa e dagli affetti . Ben presto dalle opposte trincee si accorsero che la festa che li accomunava era più forte della tragedia che li divideva. La mattina di Natale interruppero    spontaneamente-   le   ostilità   e   attraversarono   le trincee per scambiarsi auguri e regali. In quella circostanza pochi uomini di fede e di buona volontà poterono laddove i potenti fallivano. Quegli uomini mostrarono che la pace e lo sviluppo sono sempre possibili. Essi fioriscono nel profondo di cuori aperti al prossimo e desiderosi di stabilire rapporti di autentica fraternità.
Grazie.
Accedi per inserire un commento
Se sei registrato effettua l'accesso prima di scrivere il tuo commento. Se non sei ancora registrato puoi farlo subito qui, è gratis.
 
  
		
		
	 
				     
				     
				     
				    