La "guerra per l’acqua" tra veneti e lombardi
Domenica 9 Agosto 2015 alle 21:55 | 0 commenti
Alla diga di Salionze passano ogni giorno migliaia di ciclisti. Nella schiuma sotto le paratie nuotano le folaghe. «Se alzassimo tutte le barriere — scherzano Patrizio Girardi e Cesare Zane, istruttori idraulici — svuoteremmo il Garda e allagheremmo Mantova ». Via mail arrivano gli ordini dell’Aipo, Agenzia per il Po. “Oggi dovete erogare 80 metri cubi al secondoâ€. «Secondo i piani previsti — spiega Paolo Boccolo, direttore generale dell’assessorato al territorio della Regione Lombardia — dal primo agosto avremmo dovuto scendere a 65 mc. Assieme all’Autorità del Po e al ministero dell’Ambiente abbiamo deciso di mantenere la quota di 80mc fino al 10 agosto, per dare una mano alle altre regioni, Veneto compreso». Nessun aumento a 105 mc, dunque. «Anche noi abbiamo gli acquedotti, nel Garda. Dobbiamo alimentarli. E milioni di turisti su tutti i laghi». Il cuneo salino sul delta continua a salire. Unica speranza, una perturbazione vera, che possa ricacciare il sale in Adriatico.
Basterebbe poco, per fare cessare subito la “guerra dell’acquaâ€. C’è un quadro di comando, qui all’“Edificio regolatore del lago di Garda†(per tutti, dal 1950 ad oggi,“la diga di Salionzeâ€) chiuso in un armadio di ferro della ditta Rittmeyer. Ci sono 6 piccole leve con le scritte “Aprireâ€, “Chiudereâ€. Se apri, l’acqua del lago di Garda si riversa nel Mincio e poi nel Po e dà da bere alle campagne e agli acquedotti. Se chiudi, o sollevi le paratie solo di qualche centimetro, il Garda continua ad essere “la più grande riserva di acqua dolce italiana, il 40% del totale†ma fa arrabbiare un gran pezzo di un’assetata pianura padana. In questi giorni la diga sembra una trincea. Il Veneto chiede l’apertura dei rubinetti, la Comunità del Garda risponde picche, la cabina di regia dell’Autorità di bacino del fiume Po cerca di mediare con un compromesso.
Tutto inizia il 27 luglio, quando con una lettera (protocollo 315579) il “dott.ing.Tiziano Pinato, sezione difesa del suolo†a nome della Giunta regionale del Veneto chiede aiuto all’autorità di bacino, alla Regione Lombardia e alla Comunità del Garda per fronteggiare “la crisi idrica del fiume Poâ€. “Il fiume versa in uno stato di crisi tale che necessità di rapide azioni di sostegno della portata e tra gli interventi più efficaci viene individuato l’incremento dei deflussi dal lago di Gardaâ€. Il cuneo salino — spiega il dirigente — è in forte risalita e così viene impedita l’irrigazione dei campi. In pericolo è anche “la centrale di potabilizzazione di Ponte Moloâ€, che serve gli acquedotti dei centri turistici marini del basso Veneto. Non chiede la luna, la Regione dei Serenissimi. Rispetto agli 80 metri cubi al secondo erogati in quei giorni, chiede 25 mc in più fino al 7 agosto e 10 mc in più fino al 16 agosto.
Secca la risposta della Comunità di Garda. «Ho spiegato il mio no — racconta il segretario generale Pierlucio Ceresa — anche alla Cabina di regia. Quei metri cubi in più non risolverebbero la crisi del Po e invece aggraverebbero la situazione del Garda. Io, per salvare il lago, ho anzi proposto di diminuire l’erogazione a 60 metri cubi. Con questo caldo sui 370 chilometri quadrati del Garda c’è un’evaporazione di mezzo centimetro al giorno. Sa cosa significa ? È pari a 4 milioni di metri cubi d’acqua. Abbiamo davanti settimane critiche, non possiamo disperdere la nostra risorsa».
Una delle province venete più colpite è quella di Rovigo. «Il nucleo salino — spiega Giancarlo Mantovani, direttore delle bonifiche Delta del Po e Adige - Po — è già risalito di 15 chilometri, ha superato la statale Romea. Diecimila ettari non sono più irrigabili. Abbiamo perso il primo raccolto di mais, tutto il riso e il secondo raccolto di soia. C’è disperazione, perché non si vedono soluzioni. C’è un’Autorità di bacino che non ha autorità . Per questo già a fine giugno io avevo chiesto lo stato di emergenza. Solo così il potere di decidere passa alla Protezione civile, e si possono aprire quelle paratie che tanti oggi rifiutano di aprire. L’equilibrio del Garda è importante, ma lo sono di più gli acquedotti e i campi che sfamano la gente».
C’è chi non aspetta l’acqua ma la ruba. «Anche da noi, nelle terre dove ancora è possibile irrigare, sono al lavoro i furbetti delle chiaviche. Di notte o di giorno sbarrano con assi o lamiere le canaline e fanno debordare l’acqua. Così allagano i loro campi e tolgono l’acqua a chi magari aspetta il suo turno da una settimana ».
Albicocche marcite sugli alberi. Mucche che producono il 15% di latte in meno. Maiali inappetenti per il caldo. Solo in Lombardia — spiega il presidente regionale della Coldiretti, Ettore Prandini — ci sono stati danni per almeno 200 milioni.
di Jenner Meletti da la Repubblica
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