La domenica no
Domenica 11 Marzo 2012 alle 09:11 | 0 commenti
Di Irene Rui
La domenica era considerata un giorno di riposo: "alla domenica Dio si riposò". La moda diversa sviluppatasi nel nuovo millennio era, quindi, fino all'altro giorno un'eccezione. In onore del Dio mercato, nell'era della globalizzazione, della liberalizzazione, del consumo sfrenato, pur in periodo di crisi, del tutto e subito, anche a scapito della diritto e della dignità di altri, si deve oggi assecondare di più ancora il consumatore. Coloro che vogliono acquistare di domenica ma anche, se non soprattutto, chi entra nei negozi o utilizza le piazze virtuali per una passeggiata solo per gustarsi gli oggetti senza comprarli (magari perchè non può).
Chi fa un giro nei centri commerciali o nei supermercati di Vicenza , in corso Palladio, trova spesso negozi vuoti, o quasi. Una immagine desolante di qualcuno che passeggia, ma non acquista, di negozi deserti con commesse costrette a rimanervi nella giornata, a far nulla, tranne qualche scontrino ogni tanto. Ci si chiede perché liberalizzare gli orari, le aperture domenicali, se non ci guadagna nessuno. Per i centri commerciali sono più spese che guadagni; per i piccoli commercianti sono una disgrazia poiché con la crisi non possono assumere e non sono in grado di far fronte ai nuovi orari; per le lavoratrici e i lavoratori è un maggior stress psicofisico oltre che un crescente sfruttamento non essendo più considerata la domenica come giorno festivo. A pagare sono ancora le donne, come quelle donne che pagarono con la vita l'8 marzo del 1908, donne sfruttate, già abituate a salti mortali per conciliare lavoro e famiglia, ma ora costrette a rimodulare la vita sociale e familiare per lavorare alla domenica.
"Per me significa rinunciare all'affetto del mio compagno e di mia figlia, poiché la domenica era l'unico giorno libero nella mia ditta".
"Ci andava stretto lavorare durante le 20 domeniche poste dalla Regione, ma almeno erano pagate come festive, ora invece sono considerate come gli altri giorni e il festivo è compensato dal giorno di riposo".
"Il giorno libero compensativo mi permetterà di sistemare la casa, ma non di godere della mia famiglia, dei miei amici che in quel giorno lavorano, ci hanno rubato la nostra vita."
Vicino alle casse del Pam, campeggia il cartello nel quale si cercano studenti universitari o quantomeno maggiorenni, per lavorare otto ore settimanali, semplicemente per supplire alle commesse che non vogliono lavorare alla domenica. Una prassi consolidata, un ricatto bello e buono: non vuoi lavorare alla domenica abbiamo l'esercito di riserva.
La domenica lavorativa è solo la ciliegina sulla torta del contratto individuale, sempre più in deroga a quello collettivo dove commesse e commessi si trovano con il giorno di riposo compensativo variabile di settimana in settimana, a seconda dell'organizzazione del mercato, così come sono flessibili le ore e i giorni lavorativi. Part time verticali, flessibilità massima, disponibilità a sostituire il collega ammalato il giorno seguente, o a rimanere qualche ora in più per supplire un ritardo o la mancanza del personale. Flessibilità di mansione: ora cassiera, ora gastronoma, pescivendola, ora scaffalatrice. Lavoratrici che non possono programmare una visita per sè o i propri figli, che per il cambio improvviso di orari, non sanno come andare a prendere i figli a scuola, che non possono organizzare la propria vita.
Il corpo trasformato in mezzo indispensabile per offrire un servizio di vendita, un corpo non più umano, ma una macchina che deve soddisfare gli appetiti dei clienti, alla quale sono chieste gestualità , sorriso e gentilezza, ma anche apatia a servizio della ditta. Una macchina lanciata a pieno ritmo, accesa al momento del bisogno, spenta e parcheggiata quando non serve. Di domenica, di notte, di giorno queste macchine sono chiamate al lavoro, ad incassare e a sistemare scaffali. Il supermercato non chiude, se una macchina si inceppa c'è quella di riserva, lavoratori messi gli uni contro gli altri, quelli contrattualizzati contro i precari della domenica che la fame di lavoro porta ad accettare qualsiasi impiego, considerati macchine, ingranaggi di un sistema liberalizzato e meno umano. Il sistema capitalistico d'altronde, non è mai stato umano e le conquiste dei lavoratori, vedi l'art. 18 dello "statuto dei lavoratori" e altri diritti acquisiti, sono un ostacolo per i padroni, per i governanti servi del Dio mercato, che guardano al profitto e non certo alla salute, al benessere delle risorse umane, che una volta logore o obsolete scaricano e rottamano, usando magari le componenti per aggiustare un'altra macchina il cui motore ha ceduto.
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