La Camera scarica l'ex "Doge" Galan. Anche la Lega vota per l'arresto
Martedi 22 Luglio 2014 alle 19:30 | 0 commenti
di Davide Pyriochos, Venezie Post
«Favorevoli 395, contrari 138. La Camera approva». La voce della presidente Laura Boldrini consegna alla nuda aritmetica la decadenza dell’immunità parlamentare di Giancarlo Galan, votata dai colleghi verso le 14,30 di oggi pomeriggio. Un voto che forse il deputato – che al momento della decisione era ricoverato nel reparto di Medicina dell’ospedale di Este – sperava potesse essere diverso, ma il dibattito parlamentare non ha lasciato dubbi sull’esito finale sin dalle prime battute.
E tuttavia se il “miracolo†dell’immunità parlamentare a scudo dell’ex Doge non si è verificato, un fenomeno politico a suo modo paranormale va registrato: la resurrezione, per l’occasione, del fu Pdl. Perché Galan, nel suo tenace tentativo di ottenere un rinvio con ogni mezzo consentito, è stato spalleggiato da tre scudieri: Francesco Paolo Sisto di Forza Italia, Antonino Leone del Nuovo Centrodestra e Ignazio La Russa di Fratelli d’Italia. Una convergenza d’altri tempi che alla fine nulla ha potuto contro i numeri di una Camera dove ai voti di Pd, Sel, Sc e 5s si sono sommati pure quelli della Lega Nord.
La battaglia sul piano della procedura parlamentare è stata però articolata. Prima dell’inizio della discussione sull’istanza di carcerazione preventiva chiesta alla Camera dalla procura di Venezia, il capogruppo di Fi Renato Brunetta ha infatti chiesto di rinviare la discussione a «dopo il 20 agosto» così da permettere all’indagato di rimettersi, ed essere presente in Aula per spiegare ai colleghi la sussistenza del fumus persecutionis. Sulla carta la richiesta di “rinvio†poteva strappare qualche voto in più rispetto al voto sul fumus ma l’ipotesi è stata rigettata con uno scarto ampio: 289 voti. A quel punto è scattata la seconda mossa: il deputato Leone di Ncd ha chiesto di modificare l’ordine del giorno, rinviando in tal modo il giudizio finale sull’ex presidente di Regione. Niente da fare: anche questa richiesta è stata respinta. E il terzo tentativo di salvataggio in extremis – con Ignazio La Russa che ha chiesto a Boldrini di rinviare «solo di una settimana» la discussione sulla richiesta di arresto – è stato respinto dalla presidente stessa, per la quale «un voto non era necessario dato che l’Aula si è appena espressa chiaramente e per due volte contro ogni ipotesi di rinvio».
Da lì in poi si è entrati nel merito, e il parere di Mariano Rabino (Sc), relatore di maggioranza che ha redatto l’atto con cui la giunta parlamentare si è espressa a favore del via libera all’arresto, era noto: «La giunta – ha ribadito Mariano in Aula – non ha rinvenuto alcun intento persecutorio». La ragione è che l’inchiesta Mose «getta una luce sinistra su tutto il ceto dirigente di questo paese, non solo sulla classe politica». Tanto più che l’inchiesta conta «40 indagati di cui 25 in carcere e 10 ai domiciliari», «non ha abusato di mezzi invasivi per la ricerca delle prove», ed è caratterizzata dalla «solidità del materiale probatorio». Dall’altra parte i sostenitori della sussistenza del fumus hanno puntato soprattutto sul ritardo dell’iscrizione di Galan nel registro degli indagati. Molto acceso, su questo fronte, l’intervento del forzista Sisto: «Il ritardo d’iscrizione – ha detto – è un classico del fumus persecutionis, perché è un gesto di assoluta inciviltà . A ciò si aggiunga che Galan è incensurato, e il fatto che la testimonianza che smentisce le accuse di Baita non è stata nemmeno comunicata al giudice».
Argomenti che però sono serviti solo a compattare gli ex Pdl, senza convincere nemmeno la Lega. Per il capogruppo Matteo Bragantini, infatti, «qui non si discutono nel merito le accuse. Si deve solo decidere sulla presenza di fumus, che non c’è. E pertanto la Lega voterà a favore della richiesta di arresto». Voto, quello leghista, che è stato duramente stigmatizzato dal forzista Daniele Capezzone: «È un fatto politico rilevante e grave – ha detto l’ex radicale – che la Lega voti per l'arresto di Galan. Il garantismo dovrebbe contare qualcosa nella futura coalizione. O no? E lo dice chi, come me, vorrebbe un accordo con Lega. Ma il giustizialismo è un macigno: il nodo va affrontato».
Com’è naturale, il voto di oggi ha scatenato una valanga di reazioni, soprattutto su Twitter, ma l’incognita che ancora pende sulla vicenda è se alla fine Galan entrerà in carcere oppure se gli saranno concessi i domiciliari o il ricovero in clinica. Se poco dopo il voto alla Camera i medici dell’ospedale di Este hanno infatti comunicato di aver firmato la lettera di dimissioni, i legali di Galan non hanno perso un minuto per chiedere di modificare la misura restrittiva. L’avvocato Antonio Franchini, che assiste Galan assieme al collega Niccolò Ghedini, ha infatti detto che «Una volta concluso il voto, noi abbiamo depositato via fax al gip un’istanza con tutta la documentazione medica, chiedendo i domiciliari. Può succedere – ha aggiunto Franchini – che vada in un centro clinico carcerario a Parma, Opera o Bologna, può darsi che resti qui o che vada in carcere in infermeria. Ma credo non in una cella». Quanto a Galan, non si è smentito nemmeno oggi: «Sono incazzato – ha detto ai giornalisti uscendo in carrozzina dall’ospedale – e sapete benissimo con chi».
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