"Indignato" un termine di moda
Venerdi 9 Novembre 2012 alle 10:52 | 0 commenti
Riceviamo da Italo Francesco Baldo e pubblichiamo
 Uno dei termini più utilizzati nella riflessione e valutazione della politica in Italia e anche a Vicenza nelle piazze e addirittura da rappresentanti delle Istituzioni è "indignato". Il termine è addirittura diventato una parte del Telegiornale di Canale 5. Il termine merita per il suo valore almeno un minimo di analisi. Come ci ricorda il Vocabolario etimologico dell'Enciclopedia Italiana, comunemente "Treccani" il termine deriva dal verbo "indignare"
Il quale assume il significato di "!Muovere a sdegno, suscitare risentimento: ciò che più m'indigna è la sua ipocrisia. 2. Come intr. pron., indignarsi, provare vivo risentimento, non tanto per cosa che ci offende direttamente e singolarmente, quanto per ciò che è in sé riprovevole o che comunque offende il senso morale: m'indignai alla sua proposta; le persone oneste non possono non indignarsi di fronte a questi fatti, a queste ingiustizie." Il termine ha quindi connessione con la morale, che dovrebbe dirigere la politica secondo la filosofia nel suo significato classico, ossia la riflessione morale che cerca il bene, informa la ricerca in politica, ovvero riflessione sul bene comune, da tradursi in bene civile, il diritto che secondo leggi da tutti riconoscibili, distribuisce giustizia ossia ordine virtuoso e quindi morale, tra i membri di uno Stato, e l'economia che riflette sull'utile che è possibile per ciascun membro di una società senza ledere gli altri componenti.
E' bene che ci si indigni, ma spesso lo si fa per motivi soggettivi, per quello che non ci è riconosciuto, per quello che ci manca, ma prende sempre più piede invece la concezione che "essere indignati" significa avere a cuore il senso morale oggettivo, non quello di una parte o di me stesso. E' dal 1992 che la questione morale viene costantemente riproposta, ma da allora mai che si abbia il coraggio di dire quale debba essere la morale. Infatti, non basta dire di "essere indignati" ciò è diventato più un atteggiamento che non una vera riflessione. Se si "è indignati", è necessario chiarire bene a quale MORALE ci si riferisca e se la si abbia. Per fare un esempio, esiste la morale cattolica, che ha ben chiari i doveri morali da erigersi a valori, ossia misure, delle azioni e non sono frutto della coscienza singolare, ma hanno oggettività e spetta ad ogni persona (unione di corpo e anima) realizzarli nell'azione quotidiana. Purtroppo la coscienza morale è stata allontanata dallo stato laico, il quale riconosce, in Italia nella Costituzione solo dei "rapporti Etico-Sociali" (Titolo II), non una vera e propria etica.
Occorrono nuove riflessioni nella politica per superare la nozione solo negativa di "indignato" e prospettare propositività . Purtroppo, figli solo di una visione "ho dei diritti", ciascuno s'indigna a modo suo e non tende a superare la visione singolare. In questo si attua la fine della stessa visione del vivere comune, che non è"quanto io posso ricevere dallo Stato", ma "che cosa compio per il bene civile" della Repubblica Italiana e nell'Impegno per la mia città . Ma siamo lontani, perché anche questi discorsi "morali", come ebbe a dire una giornalista nel lontano 1992, quando scrissi una Lettera a "Il giornale di Vicenza" su questo tema, quello morale, sentenziò che si faceva "del moralismo" e che nessuno aveva diritto a farlo e che ognuno si regolava secondo la sua morale. Proprio qui sta il primo problema, se la morale è solo la mia morale che è intesa, male, come usi e costumi, allora la cosiddetta classe politica e se, come diceva il filosofo Augusto del Noce, se riponiamo la vita comune nell'utile, allora non avremo che una democrazia degli egoismi, dettati dagli appetiti di ogni genere.
Italo Francesco Baldo
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