Incostituzionali delibere contro mendicità e prostituzione. Gravi affermazioni di Variati
Giovedi 5 Maggio 2011 alle 17:59 | 0 commenti
Riceviamo su [email protected] da Irene Rui e pubblichiamo.
Da qualche giorno riappare alla cronaca la ripresa delle delibere del Sindaco Variati contro la mendicità e la prostituzione. Il buon Sindaco, malgrado la Corte Costituzionale abbia decretato che tali provvedimenti siano in difformità con l'articolo 3, 23 e 97 della Costituzione, non ha spento il suo bollente spirito di inquisitore.
E' assurdo o in malafede affermare che la mendicità non ha a che fare con i poveri. Poiché, ammettendo che vi possano essere delle forme organizzate di sfruttamento della debolezza altrui, di fatto non si colpiscono i veri perseguitori dei reati, ma gli sfruttati e coloro che chiedono veramente per bisogno. E' ignobile e privo di carità cristiana, confiscare i soldi raccolti duramente, perché comunque la concorrenza (se così si può chiamare) e la penuria di clienti (coloro che donano il soldo) è tanta, e poi multare gli indigenti è proprio penoso. E' ancora più disdicevole condannare le persone povere al sostegno caritatevole dei servizi sociali o parrocchiali.
L'accattonaggio nella nostra città è per lo più dovuto ad una crescente povertà causata da un'espulsione di lavoratori che si trovano giovani, ma vecchi per un'occupazione; senza ammortizzatori sociali, venendo meno non solo la cassa integrazione ordinaria, ma anche quella straordinaria; da un lato disoccupati e dall'altro inoccupati, sfrattati dalle loro abitazioni e senza un idoneo sostegno. Queste persone per lo più immigrate, considerate spazzatura non trovano altro modo per sopravvivere che chiedere la carità per mantenere la famiglia, per andare alla mensa dei poveri, dove anche quell'euro è un peso. Questi possono divenire anche vittime di sfruttamento del racket, ma lo sono in minima parte e comunque non si risolve questo disaggio sociale, vietando la libera circolazione del "lavoratore accattone" nel centro storico e nei salotti turistici della città , confiscando i proventi del loro lavoro, o con la carità amministrativa, piuttosto con il punire i veri responsabili. La risoluzione può avvenire solo da una seria politica di inclusione, di organizzazione del lavoro e di investimento economico in ammortizzatori sociali come il reddito di cittadinanza.
L'altra ordinanza da incriminare è quella che riguarda il lavoro della prostituta. Pur riconoscendo i problemi di sicurezza stradale e i disaggi socio-psicologici che tale professione può causare per alcuni cittadini vicentini e non, considero illegale l'apposizione di alcuni veti alle "lavoratrici del sesso". Posso essere concorde che vi devano essere dei luoghi più appropriati rispetto altri dove potere esercitare la loro attività , ma consiglio vivamente gli organi competenti, quindi l'Amministrazione Comunale di Vicenza e anche il Questore, di organizzare un tavolo con le lavoratrici e i lavoratori del settore per risolvere la questione.
Fare riferimento nell'ordinanza, all'offesa del comune senso del pudore, per quanto riguarda l'abbigliamento, di queste signore, al momento che molte altre più o meno giovani, soprattutto in estate, girano in modo discinto, mi sembra una puerile ipocrisia.
Trovo altrettanto grave, che un Amministratore affermi "...che le prostitute sono veicolo di gravi infezioni". Per amor del cielo, defalchiamo tali falsità , non siamo nell'Ottocento o agli inizi del Novecento, dove la povertà induceva ad una scarsa pulizia e comunque erano i clienti a portare le malattie. Non vorrei che se andiamo avanti di questo passo tornassimo ad imporre le odiose visite ginecologiche forzate e magari il marchio di prostituta.
Vede caro Sindaco Variati, oggi le lucciole ci tengono alla loro salute e sono professionalmente a rischio poiché le malattie le contraggono dai clienti, i quali vorrebbero dei rapporti non protetti. Alcune di loro, che lo fanno occasionalmente e magari più deboli e ricattabili visto il loro repellente bisogno, ci cadono. Molte altre invece, coloro che ci vivono sul mestiere, le studentesse e le commesse o qualche brava madre di famiglia, non mettono a rischio la loro salute e il proprio lavoro per accontentare qualche farabutto. Non conviene.
E' anche vero che coloro invece che sono sfruttate dalla malavita, potrebbero essere un fattore di pericolo, ma sta agli organi giudiziari e alle stesse organizzazioni sindacali delle lucciole a salvare queste persone dallo sfruttamento indesiderato. Ciò nonostante queste sono in minoranza, rispetto alle lavoratrici in proprio.
Con i divieti non si risolvono i problemi, si scansano.
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