Il Vicenza, riaperto il libro dei sogni
Sabato 18 Settembre 2010 alle 16:59 | 0 commenti
I tifosi vivono di speranze o di ricordi. Per troppo tempo il pubblico del "Menti" ha vissuto di ricordi. Da quante stagioni allo stadio non ci si divertiva così come nel 4 a 1 al Portogruaro? Forse dal Vicenza che nel 1997-98 partecipò alla Coppa delle Coppe. Dopo c'è stato un altro momento di gioia, nel 2000, con il ritorno in serie A dopo una sola stagione in cadetteria. La città però visse quella promozione come routine.
Poi solo un paio di mesi d'oro con Mandorlini nel 2002-03 e qualche soddisfazione con i giovani di Iachini l'anno successivo. Il secondo Vicenza targato Maran forse non sarà destinato a ripercorrere la straordinaria avventura del gruppo di Guidolin, ma si può già riconoscergli un grosso merito: quello di aver fatto tornare il buon umore alla tifoseria berica. Perché quei tre lì davanti, cioè Baclet, Abbruscato e Alemao, divertono e offrono giocate che fanno sognare. Certo, il sofferto pareggio interno con il Livorno, può aver smorzato un po' gli entusiasmi, ma resta il fatto che da cinque anni i biancorossi non raccoglievano così tanti punti nelle prime quattro uscite e soprattutto l'unica sconfitta sin qui subita, quella rimediata nella gara iniziale di Bergamo, è arrivata al termine di una prestazione comunque positiva in fase offensiva. Per due stagioni- prima con Gregucci e poi con lo stesso Maran- il Vicenza è stato Sgrigna-dipendente. Se il buon Ale era in vena, poteva risolvere da solo la partita. Se invece era in giornata no, per la squadra vicentina diventava notte fonda. Capitolo Bjelanovic. Tra gli addetti ai lavori c'era chi si ostinava a difenderlo sempre e comunque: "Fa un grande lavoro per la squadra" era il leit motiv di alcuni. Nessuno nega l'abnegazione, ma il croato non era un bomber e, a parte Sgrigna, il resto della compagnia non vedeva la porta nemmeno con il cannocchiale. Difficile vincere le partite se nessuno segna. Ci sono volute nove stagioni in serie B per vedere un Vicenza finalmente spettacolare in avanti. Certo, dal 2001 al 2008 abbiamo goduto delle prodezze di Stefan Schwoch, ma quello era un "one man show". Qualche suo ex compagno ricorda ancora oggi che l'attaccante altoatesino, nei suoi momenti migliori, vinceva le partite da solo. Perché faceva reparto da solo. Oggi invece siamo di fronte ad un gruppo di potenziali protagonisti, di gente che può dare soddisfazioni a questi tifosi. Si dice che il pubblico di Vicenza abbia il palato fino, troppo fino, ma è anche vero che, davanti a uno spettacolo appena dignitoso, si scioglie subito. Il mitico Gibi Fabbri, prima di venire a Vicenza, era stato portato in trionfo dai tifosi piacentini nonostante la retrocessione in C. Perché la gente con lui si era divertita. Al decimo anno consecutivo in serie B, il Lanerossi è stato ironicamente soprannominato "il soprammobile della serie cadetta" sulla Gazzetta dello Sport. Una squadra anonima, insomma, che poco ha a che spartire con il suo avventuroso passato fatto anche di (tanta) serie A e (poca) serie C. Quella che doveva essere la prima stagione con una nuova proprietà al timone, si sta rivelando la più convincente annata dell'era Cassingena. Stavolta bisogna dire "bravo" a chi, sempre con il bilancio davanti agli occhi, ha portato a casa giocatori come Baclet e Abbruscato. La difesa appare indebolita rispetto all'anno scorso, ma l'attacco è talmente migliorato che senza dubbio la squadra è complessivamente più forte. Dopo annate terribilmente simili tra loro, siamo pronti a registrare qualcosa di memorabile, comunque vada. Se poi si avverasse un sogno impronunciabile, tanto meglio, ma per ora Vicenza è già contenta così perché ha ritrovato il sorriso e può finalmente guardare al futuro. Per una volta diamo retta alla dirigenza: basta con i ricordi di un passato ormai lontano e godiamoci questa squadra con i suoi pregi e i suoi difetti. Con la speranza di non dover riaprire gli occhi già a Sassuolo.
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