Il Vicenza e la contestazione dei tifosi, il silenzio preoccupante della città
Venerdi 12 Aprile 2013 alle 19:56 | 0 commenti
È passata quasi una settimana dalla vergogna andata in scena allo stadio Menti al fischio finale di Vicenza-Cittadella, gara finita con la vittoria dei padovani per 1-2 e che condanna, salvo miracoli, la squadra del capoluogo berico alla terza retrocessione negli ultimi sette anni. Una settimana e il silenzio sulla vicenda di media, istituzioni e società è sempre più assordante su quello che è successo.
No, il riferimento non è alla prestazione offerta sul campo dalla squadra biancorossa, ma
a quanto accaduto al termine della partita che ha fatto subito salire alla mente i ricordi di quelle vergognose immagini, che hanno fatto il giro del mondo un anno fa, con i tifosi del Genoa che si sono presi il potere di interrompere la partita chiamando i giocatori sotto la curva e costringendoli a gettare le maglie a terra. A Vicenza non si è arrivati a quei livelli anche se, forse memore dell’episodio di Genova, il biancorosso Ciaramitaro si è sfilato per primo la maglia, pensando che il rituale della contestazione prevedesse quel gesto di umiliazione. Una cosa fuori dal mondo.
I tifosi hanno molti modi per dimostrare la loro insoddisfazione; ma non può essere concesso loro di comandare l’uscita dagli spogliatoi dei giocatori per insultarli a piacimento. In più fuori dallo stadio i giocatori del Vicenza sono costretti a uscire dal parcheggio scortati dalla polizia e allora ti sembra di essere quasi in Sudamerica, con i poliziotti con i fucili puntati ad altezza uomo…
Un vicenda che dovrebbe essere stata immediatamente condannata con fermezza da tutte le persone civili e responsabili che hanno un ruolo preponderante in città . Invece, silenzio assoluto. Anzi, ascoltando le parole in sala stampa del presidente del Vicenza calcio Tiziano Cunico non possono che cadere le braccia dallo sconforto: "I tifosi hanno ragione a essere arrabbiati. Sono andato negli spogliatoi a prendere chi mancava della squadra perché era giusto essere lìâ€.
Apriti cielo. Sembra quasi un vanto. La scena, invece, vista dopo il fischio finale di sabato, è qualcosa di preoccupante, che con la civile Vicenza non centra niente; ma soprattutto non ha nulla a che fare con lo sport dove in Italia è associato troppo spesso a un’idea distorta, secondo la quale vincere è obbligatorio e retrocedere è onta intollerabile. Ma quando una squadra e una società dimostrano in modo lampante per diversi anni la loro mediocrità , sono un fatto normale i risultati degli ultimi campionati del Vicenza.
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