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Il territorio e la fabbrica: a Piovene c'è il villaggio operaio

Di Redazione VicenzaPiù Domenica 22 Aprile 2012 alle 22:17 | 0 commenti

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Da VicenzaPiù n. 232, di Guido Zentile
L'urbanizzazione dei nostri territori, in concomitanza con lo sviluppo di un sistema industriale, ha avuto una incidenza primaria nelle località della nostra Provincia dove l'attività imprenditoriale, affinata al sistema del tessile, ha trovato gli elementi base per sviluppare un settore che nei primi anni dell'ottocento aveva una caratterizzazione embrionale a livello familiare (photo gallery).

Gli elementi erano la forza della natura (l'acqua), e naturalmente la forza umana. Entrambi da sfruttare.
L'impatto che questi insediamenti hanno creato sui territori, su piccole realtà comunitarie in cui la densità abitativa era modesta, è stato indubbiamente incidente. Non solo la fabbrica, ma di conseguenza le infrastrutture, quindi il fondamentale trasporto su ferro, e i villaggi: le case per gli operai e gli impiegati.
La rivoluzione industriale arriva anche nell'alto vicentino.
Esempi da evidenziare non mancano, quasi tutte le località protagoniste di questo significativo percorso storico ne sono rimaste coinvolte. I villaggi, a differenza della fabbrica, che pur mantenendo la sua fisicità, ha visto snaturare (se non addirittura dismettere) il suo ruolo di protagonista locale per l'agire globale, sono una realtà ancora oggi saldamente legata al territorio, o meglio alla pianificazione dello stesso. Quartieri inglobati nel tessuto cittadino, o pertinenza dello stesso, slegati dall'odierna fabbrica, costituiscono un agglomerato da tutelare e conservare. E' cambiato il modello imposto da una rigida equazione matematica: si passa dal binomio fabbrica - territorio, al binomio città - territorio (e fabbrica), una visione in cui l'urbanistica, lo strumento sociale, giuridico e tecnico che disegna il volto attuale e futuro delle nostre città, ne è la protagonista.
Villaggi, e non solo, ma anche strutture pubbliche che sono nate con la fabbrica, o immediatamente dopo, o nel lasso di un percorso temporale, costituenti un ruolo che oggi è testimonianza di un'epoca, ma soprattutto di una cultura e di una politica industriale assai paternalistica. Un controllo sociale del lavoratore e della sua famiglia, all'interno di un contesto che programmava l'individuo, dalla nascita fino (ahimé) alla morte.
Basta vedere, ancora oggi, come questi insediamenti sono strutturati, una centuriazione di strade con ai lati le casette operaie, che ricalcano il classico modello a schiera, i villini modesti stile bifamiliare per gli impiegati (il grado sociale si vedeva già nelle tipologia di abitazioni), e separatamente le ville, con parco, per i dirigenti. In altri contesti, ma più recenti, e quindi siamo già nel novecento, la casetta a schiera era sostituita dalla palazzina popolare, in un momento in cui si cominciava a parlare di edilizia sociale, e il Comune assumeva un proprio ruolo, non più limitandosi a rendere disponibili le aree e a rimanere ad osservare.
E' interessante leggere i vecchi documenti ottocenteschi in cui, in quel di Schio, il commendatore Rossi proponeva al Comune le prime convenzioni urbanistiche circa la cessione di aree da destinarsi ad uso pubblico, al fine di ottenere accrediti per costruire le residenze operaie.
Il modello che si è sviluppato con le prime fabbriche era, ed è, una tipologia di pianificazione che fa scuola nel campo dell'urbanistica, contesto visibile in uno status attuale in cui la speculazione immobiliare è la dominante assoluta. Elementi ed aspetti originari che pur nei loro limiti, considerando le esigenze abitative di quel tempo (non sono esasperatamente le attuali), vanno salvaguardati, nonché attuato un idoneo procedimento per quelle strutture che necessitano di essere recuperate.
Ed ecco, quindi, che le amministrazioni comunali, e la Regione con opportune leggi e norme, si adoperano per attuare i processi di panificazione, utilizzando gli strumenti che l'urbanistica oggi riserva: dal Piano Regolatore Generale, al Piano di Recupero ad hoc, ponendo limiti e vincoli di tutela, a strumenti recenti come il Piano di Assetto del Territorio, che intende mettere in soffitta il concetto di zooning, al Piano degli Interventi.
Il Comune di Piovene Rocchette, comune della fascia pedemontana, ai piedi dell'altopiano di Asiago, fa parte di un comprensorio, fra Schio ed Arsiero, in cui l'industria tessile, marchio Rossi, ha avuto una forte incidenza territoriale. Il piccolo quartiere operaio, con i suoi lavatoi pubblici, sorto nella seconda metà dell'ottocento è un raro esempio di archeologia industriale-abitativa, dove villaggio e fabbrica si sono sviluppati contestualmente. Una particolarità in cui si è passati da un economia territoriale agro-montana ad un economia industriale, interessando un ambiente rurale dove l'impronta antropica ha subito una profonda accentuazione. Questo modello di urbanistica primordiale ha iniziato a dare i suoi segni, non solo fisicamente, ma ha inciso anche all'interno di una dinamica sociale della popolazione, modificando stili di vita ed abitudini.
Il villaggio, per le sue peculiarità storiche, è stato oggetto di un attento processo di recupero da parte dell'ATER di Vicenza che gli è valso un riconoscimento nell'ambito di un'edizione di qualche anno fa del premio Piccinato, premio che la Regione Veneto assegna annualmente a selezionati progetti, e agli interventi nuovi e di recupero urbano.
Oggi, come un tempo, il quartiere è abitato. Il P.R.G. del Comune di Piovene Rocchette lo individua come centro storico, quindi con i giusti vincoli di tutela. E' mutata, come già generalmente osservato, la sua collocazione nel territorio: non c'è più un legame diretto con la fabbrica, ma un dialogo con il territorio, con un ambiente che ha alle spalle più di un secolo di storia.
Una memoria che non solo a Piovene, ma anche a Schio ed in altri luoghi, non solo della nostra Provincia, non si deve cancellare, perché fa parte della nostra storia, quella storia dalla quale si mossero i primi processi di pianificazione, in un difficile contesto territoriale riguardoso dell'economia locale, per arrivare, ad oggi, al saccheggio e alla distruzione del territorio, e al tracollo dell'economia locale.


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Giovedi 27 Dicembre 2018 alle 17:38 da Luciano Parolin (Luciano)
In Panettone e ruspe, Comitato Albera al cantiere della Bretella. Rolando: "rispettare il cronoprogramma"
Caro fratuck, conosco molto bene la zona, il percorso della bretella, la situazione dei cittadini, abito in Viale Trento. A partire dal 2003 ho partecipato al Comitato di Maddalene pro bretella, e a riunioni propositive per apportare modifiche al progetto. Numerose mie foto del territorio sono arrivate a Roma, altri miei interventi (non graditi dalla Sx) sono stati pubblicati dal GdV, assieme ad altri come Ciro Asproso, ora favorevole alla bretella. Ho partecipato alla raccolta firme per la chiusura della strada x 5 giorni eseguita dal Sindaco Hullwech per sforamento 180 Micro/g. Pertanto come impegno per la tematica sono apposto con la coscienza. Ora il Progetto è partito, fine! Voglio dire che la nuova Giunta "comunale" non c'entra più. L'opera sarà "malauguratamente" eseguita, ma non con il mio placet. Il Consigliere Comunale dovrebbe capire che la campagna elettorale è finita, con buona pace di tutti. Quello che invece dovrebbe interessare è la proprietà della strada, dall'uscita autostradale Ovest, sino alla Rotatoria dell'Albara, vi sono tre possessori: Autostrade SpA; La Provincia, il Comune. Come la mettiamo per il futuro ? I costi, da 50 sono saliti a 100 milioni di € come dire 20 milioni a KM (!) da non credere. Comunque si farà. Ma nessuno canti Vittoria, anzi meglio non farne un ulteriore fatto "partitico" per questioni elettorali o di seggio. Se mi manda la sua mail, sono disponibile ad inviare i documenti e le foto sopra descritte. Con ossequi, Luciano Parolin [email protected]
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