Il punto sui rischi di azionisti, obbligazionisti e correntisti di BPVi, Veneto Banca e di tutte le banche: allarme se il rosso sale a 114 miliardi
Mercoledi 9 Dicembre 2015 alle 10:59 | 0 commenti
Mentre governo, banchieri, risparmiatori, funzionari si accapigliano su salvataggi e interventi più e meno "umanitari" per gli obbligazionisti annichiliti dai salvataggi di quattro piccole banche, una domanda sale. Ma depositi e investimenti dei correntisti italiani sono al sicuro? Non c'è risposta assoluta: il concetto di sicurezza muta dal 1° gennaio, con la direttiva Brrd che imputa ad azioni, bond e depositi oltre 100mila euro la copertura preliminare delle perdite bancarie. Ma un esame dei dati elaborati per Repubblica dalla società di consulenza Prometeia fa capire dove siamo e quanto effettivamente tranquilli si possa dormire.
Prendiamo i resoconti di giugno delle 13 banche più grandi, quelle a controllo diretto della Bce: Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Ubi, Banco popolare, Bpm, Bper, Carige, Popolare Sondrio, Vicentina, Veneto banca, Credem, Valtellinese. E' l'80% del mercato nazionale, mentre le quattro salvate il 22 novembre (prima che la direttiva sul bail in facesse più male) sono l'1% degli attivi.
Le 13 hanno passività aggredibili - dal bail in - per 1.122 miliardi di euro, più 596 miliardi di depositi sotto i 100mila euro quindi garantiti. Lo spaccato è composto da capitale proprio (123,5 miliardi), bond subordinati (60 miliardi), bond senior (555,6 miliardi), depositi sopra i 100mila euro stimati 328,3 miliardi. Per capire come future crisi possano impedire di rimborsare quei passivi stimiamo che le banche nostrane perdano il 3% di tutto l'attivo (che è il dato medio visto in Europa da un quadriennio). E' una stima un po' funesta: in realtà le banche italiane hanno perso il 2,4% circa, pari a 55 miliardi (son 13 in meno). Ecco, se il settore perdesse un altro 3%, nessun titolo subordinato (i più rischiosi, come quelli azzerati nelle 4 banche in Centro Italia) subirebbe tagli; alcuni però potrebbero diventare capitale, per rafforzare gli istituti: con rosso al 3% degli attivi si convertirebbe il 68% di quei bond, con perdite del 2% la conversione riguarda invece 20 miliardi di subordinati. Dal 5% di perdite in su (pari a 114 miliardi) quei bond iniziano a rarefarsi: il 96% del valore si muta in equity, un 4% si azzera. Se si parla dei bond senior, gran parte di quelli circolanti, per vedere uno stralcio da 100 a 99 servirebbe l'8% di rosso in banca. E' come se Intesa Sanpaolo perdesse 53 miliardi; e le 13 insieme, 137 miliardi. I senior invece avvierebbero la conversione forzosa in capitale dal 4% di rosso (ma solo per un 2% di quei bond), mentre con perdite catastrofiche all'8% si capitalizzerebbe un sesto di quei 555 miliardi. Ancor più lontani, dal taglio, tutti i tipi di depositi.
Dati alla mano, pare insomma che la crescita patrimoniale in atto da anni nel settore - su input di Bankitalia e Bce - fino a un Cet1 medio dell'11,5%, offra qualche garanzia. Tutt'altro discorso per Banca Marche, Etruria, Cariferrara e Carichieti: il loro capitale era carente, per questo i 750 milioni di subordinati, in mano a 10.500 portatori, si sono azzerati. Una bomba scoppiata in casa anche per la resistenza della Commissione Ue, che ha impedito, vedendoci l'aiuto di Stato, che a salvarle fosse il Fondo tutela depositi obbligatorio, «meno oneroso e tardivo», come da emendamento (approvato) del parlamentare Pd Renato Soru alla valutazione del rapporto della Commissione sulla concorrenza, che parla di «disparità significative tra paesi membri nell'uso di aiuti di Stato ». Così, mentre l'Abi protesta «Intollerabile che alcuni paesi possano sostenere le banche e altri no: si distorce il mercato», ha detto Antonio Patuelli - il Tesoro pensa alla tecnica: «Studiamo misure di tipo umanitario che vanno incontro alle necessità delle fasce più deboli di risparmiatori coinvolti, nulla a che fare con l'operazione in quanto tale», ha detto il ministro Pier Carlo Padoan. A giorni il coniglio uscirà dal cilindro per entrare nel ddl Stabilità ; ma la strada del nulla osta di Bruxelles è in salita.
Di Andrea Greco, da La Repubblica
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