Il paese silenzioso, storia di un Veneto che non c'è più
Domenica 6 Maggio 2012 alle 16:33 | 0 commenti
Da Vicenzapiù n. 233
Memorie di un Veneto rurale raccontate da un giovane esordienteÂ
“Storia della mia gente†è il titolo del libro di Edoardo Nesi premiato con lo Strega nel 2011. Dal canto suo Michele Santuliana, giovane studente di Lettere classiche, ha deciso di raccontare la gente di Sant'Urbano, la frazione collinare di Montecchio Maggiore dove è nato e cresciuto. Insomma, ha deciso di raccontare i suoi paesani, che in qualche modo sono anche i nostri. Lo ha fatto in “Il paese silenzioso – storia di un Veneto che non c'è più†pubblicato da Edizioni Biblioteca dell'Immagine e pronto per gli scaffali delle librerie per i primi di maggio.Michele, cosa ti ha portato a scrivere un libro?
Dopo la maturità sono stato per un anno lontano da casa, nella comunità vocazionale Il Mandolrlo. È stato un anno di scavo interiore e mai come in quel periodo ho sentito la necessità di recuperare i legami con la mia terra. E siccome negli anni vedevo i paesaggi che cambiavano e le persone che scomparivano, ho sentito il bisogno di salvarne una memoria.Â
In che modo?
Sono andato a cercare nei ricordi della mia infanzia e a raccogliere le testimonianze delle persone ricostruendo la storia del mio paese da inizio Novecento fino agli anni del boom economico. Racconto di un mondo contadino, arcaico e ricco di umanità che da piccolo riuscivo ancora ad avvertire ma che ora si va perdendo. L'emozione che provavo nel sentire le storie di quel mondo vorrei donarle a mia volta, questo mi ha spinto a scrivere storie di vita, di dolore, di gioia, di voglia di vivere.
Ma si tratta di fiction o di un reportage storico?
Una base storica c'è, mi son documentato presso l'archivio parrocchiale, ma quasi tutte le vicende sono romanzate anche se tutte partono da un ricordi o frasi che ho raccolto in paese. Queste poi riaccendevano alcune delle memorie della mia infanzia che poi sono il filo conduttore di questo romanzo corale.
Qual è lo scopo di questo testo?
Il libro ha una grande ambizione: vorrebbe restituire la voce del paese che è stato. Sono convinto che mondi così, seppur piccoli, siano rivelatori di qualcosa di più grande, di modi di vedere la vita che valgono in generale. Dico, citando Stern, che al mondo siamo tutti paesani.Â
Per raccontare il tuo paese hai usato il dialetto?
No, a parte alcuni dialoghi. Ho cercato di isolare dialetto per non confonderlo con l'italiano che a volte risulta quasi aulico per poter rendere ironico il tono.
Essendo studioso della lingua, hai preso qualcuno a riferimento?
Certamente qualcuno ritroverà nei miei testi l'influenza di autori veneti molto importanti per me, come Stern e Meneghello. E poi dovrei dire un grosso grazie a Bepi de Marzi e all'amica scrittrice Paola Valente.
I tuoi compaesani si riconosceranno?
Beh, mi sono ispirato ad alcuni di loro, ma nessuno è diventato un personaggio tout court. Per quanto riguarda i nomi, ad esempio, ho mantenuto solo quelli di persone che non ci sono più. Le storie che hanno preso spunto da persone ancora in vita sono le più romanzate di tutte.
Credi che continuerai a scrivere di “paesani�
A me piacerebbe andare avanti, scrivere mi piace. Materiale ce n'è per ulteriori elaborazioni e non solo su Sant'Urbano.
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