Banche, il bluff di Fondo Atlante è finito
Mercoledi 21 Dicembre 2016 alle 09:25 | 0 commenti
Il governo stringe i tempi per l’intervento statale nel sistema bancario. Oggi le Camere sono chiamate ad approvare – a maggioranza assoluta – la richiesta di poter sforare i saldi finanziari, come previsto dall’articolo 81 della Costituzione sul pareggio di bilancio. Vista la delicatezza, l’operazione non dovrebbe incontrare ostacoli. Sul piatto ci sono fino a 20 miliardi, in parte per garantire la liquidità e in parte per ricapitalizzare diversi istituti in difficoltà . Preceduto dalla chiamata alle armi per “una rete di sicurezza pubblica†del governatore di Banca d’Italia Ignazio Visco, ieri il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan è andato in audizione alle commissioni Bilancio per chiedere il via libera: alcune banche, ha detto, rischiano la “risoluzione†con “danni incalcolabiliâ€.
L’intervento sarà in due tempi, con diversi decreti. In cima alla lista c’è il Monte dei Paschi di Siena, il cui aumento di capitale da 5 miliardi – curato senza impegno da Jp Morgan e Mediobanca – si chiuderà domani. Oggi si saprà quanti dei 40 mila piccoli obbligazionisti subordinati hanno aderito all’offerta di scambio in azioni lanciata in extremis la scorsa settimana. Ieri si era a quota 500 milioni di euro. Forse oggi si arriverà a 800. Un miliardo lo hanno già convertito i grandi investitori, ne restano da trovare tre. In caso di intervento statale le regole Ue impongono prima la conversione forzata delle subordinate. Mps ne ha in circolazione per 4,3 miliardi. Lo Stato sottoscriverà la quota mancante e poi rimborserà (forse all’80%) i piccoli risparmiatori. Nella lista ci sono anche Carige, CariCesena, Carim, ma soprattutto le due popolari venete (Vicenza e Veneto Banca). La mossa del governo arriva nei giorni in cui sta naufragando il fondo Atlante, messo in piedi in fretta e furia ad aprile proprio per soccorrere le venete e poi aiutare le banche a smaltire le sofferenze (i crediti inesigibili che piombano i bilanci) senza dissanguarsi. Come? Acquistandole a un prezzo più alto di quello offerto dal mercato. Una missione suicida secondo i banchieri di mezza Italia, che però hanno accettato di metterci i soldi, spronati dal governo e dalla Banca d’Italia. Nel fondo sono entrate assicurazioni, fondazioni, la pubblica Cassa Depositi e Prestiti (col 20%) e diverse banche, Unicredit e Intesa Sanpaolo hanno messo circa 1 miliardo a testa. Atlante doveva arrivare a 6 miliardi, ne ha raccolti solo 4,2. Appena partito, 2,5 miliardi se ne sono andati subito per salvare le popolari del Nord Est. “Non ci sarà un Atlante 2â€, avvisò subito l’ad di Intesa, Carlo Messina. A settembre è nato Atlante 2, con altrettante grandi ambizioni e magri risultati. Dei (forse) 3 miliardi raccolti, 1,2 ce li ha messi proprio Atlante 1. Una disfatta che ha scoraggiato l’ideatore del sistema, il dominus delle fondazioni, Giuseppe Guzzetti: “Sono pentito. Il contenuto numero di adesioni rischia di vanificare lo scopo per cui Atlante è natoâ€. Cioè il suicidio per una causa superiore. Oggi nessuna banca italiana ci metterà più un euro e Unicredit ha già deciso di svalutare a zero il valore in bilancio della sua partecipazione: per il nuovo ad Jean Pierre Mustier i soldi investiti non torneranno mai indietro. La disfatta è diventata palese lunedì, quando si è scoperto che la tensione tra il presidente del fondo, Alessandro Penati, e i vertici di Mps li ha portati a un passo dalla rottura. Montepaschi è zavorrata dalle sofferenze. A luglio, pressata dalla Bce, ha deciso di fare pulizia cedendone 27 miliardi a un veicolo esterno al prezzo di 9 miliardi, compensando poi il buco patrimoniale con l’aumento di capitale. È il controverso piano studiato da Jp Morgan che a settembre ha ottenuto dall’allora premier Renzi la cacciata dell’ad Fabrizio Viola - contrario alle esose commissioni chieste dalla banca Usa - sostituito poi da Marco Morelli. Atlante è stato spinto nell’operazione per comprare una parte delle sofferenze (1,6 miliardi) a prezzi favorevoli alla banca. Il veicolo invece non ha i soldi per farlo, ed ecco che Jp Morgan e compagnia offrono un “prestito ponte†da 4,7 miliardi a un tasso del 6,5% (costa quindi 286 milioni). Nei piani, le banche finanziatrici avranno a garanzia del prestito tutte le sofferenze (anche quelle di Atlante). Ma non bastava. Morelli e Jp Morgan hanno così cambiato in corsa i termini del contratto con Atlante per scaricare sul fondo una parte dei costi e dei rischi del prestito. Penati ha detto sabato che non poteva firmare condizioni diverse da quelle già approvate dai suoi quotisti (i soci di Atlante). Per tutta risposta, lunedì Morelli ha fatto uscire un comunicato in cui si indicava nelle “perplessità †avanzate da Atlante la causa dell’eventuale naufragio di tutta l’operazione di salvataggio di Mps. Penati si è così dovuto recare da Messina che gli ha sconsigliato di farsi mettere nell’angolo e di farsi passare per il responsabile del disastro. E in serata ha deciso di firmare il contratto “sfavorevole†dopo che Morelli e il presidente di Mps Alessandro Falciai gli hanno dato una lettera di garanzie sugli eventuali effetti negativi dell’operazione. È questo il quadro in cui si consuma la saga del “veicolo di investimento di iniziativa privata†(Padoan). E lo Stato dovrà intervenire in tempi rapidi, cioè entro fine anno, nelle due venete: hanno bisogno di 2-3 miliardi di capitale fresco per farsi approvare dalla Bce il piano di fusione che Viola è stato chiamato a realizzare proprio da Penati. È la cifra che Atlante ha sborsato solo sei mesi fa per salvarle.
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