Il discorso integrale del sindaco Variati
Giovedi 25 Aprile 2013 alle 16:31 | 0 commenti
Saluto il signor prefetto, le autorità religiose, militari, le autorità civili, parlamentari, regionali, provinciali, il presidente del consiglio comunale, gli assessori e i consiglieri comunali, che con me hanno condiviso l'impegno amministrativo per Vicenza.
Un affettuoso saluto alle associazioni combattentistiche e d'arma, ai volontari della libertà , all'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, all'associazione Internati nei campi di concentramento, all'associazione delle vittime civili di guerra, ai sindacati, tutte associazioni che non mancano mai di essere presenti con le loro bandiere e i loro labari, simboli di storia, di sofferenze e di onore, e poi ai movimenti e alle forze politiche presenti.
E saluto con particolare emozione voi, care concittadine e cari concittadini, che siete venuti anche oggi in piazza, in questa splendida giornata di sole che sorride sulla bandiere e sulle facce di tutti voi, a testimoniare la gratitudine che a distanza di tanti anni ancora sentiamo vivi e forti verso la memoria della Resistenza.
Permettetemi di unire all'emozione una punta di orgoglio. In questi 5 anni in cui sono stato sindaco non abbiamo mai mancato di onorare questa data. L'abbiamo onorata restituendole la piena dignità che merita, e che era stata negli anni precedenti sovente maltrattata. E l'abbiamo onorata invitando a parlare qui, non senza difficoltà , voci autorevoli come quelle di Zanone, Cacciari, Corradini, e accanto a loro l'ottimo Presidente del Consiglio Comunale Gigi Poletto, che una volta ancora ringrazio per il servizio reso alla città in questi anni.
Sono fiero di aver fatto anche questo, restituire al 25 aprile gli onori che merita, e che meritano le vite e il sangue dei tanti che caddero negli anni della Resistenza e della lotta antifascista e antinazista.
Non so chi sarà il prossimo sindaco. Spero che avrà la medesima attenzione, che non è nostalgia o passatismo ma cura della storia e custodia dei suoi insegnamenti.
Spero che avrà la stessa attenzione verso il 25 aprile. In ogni caso, per sicurezza, voglio qui oggi ricordare una volta di più numeri e nomi della nostra Resistenza.
Nella nostra provincia furono 2607 i caduti in combattimento, oppure fucilati o impiccati, 1504 deportati e internati nei campi di sterminio. Nella sola città di Vicenza furono 144 i partigiani caduti, e 64 i decorati al valor militare. E poi, i 62 bombardamenti, le 1735 vittime civili, le case distrutte. La stessa Basilica Palladiana, simbolo della nostra città e tornata ora a rinnovato splendore, in fiamme per le bombe cadute dal cielo.
E i nomi, nomi che non potranno mai essere dimenticati. Come Nino Bressan e Carlo Segato del Comando della "Vicenza". O Fraccon, fondatore della DC vicentina, catturato e deportato per aver messo in salvo gli ebrei, con tutta la sua famiglia arrestata, e il figlio deportato a 20 anni. Antonio Giuriolo, "il capitano Toni" a cui ho reso omaggio appena eletto, ormai 5 anni fa, a Lizzano. E a cui in qualche modo rendiamo omaggio anche oggi, perché dopo di me prenderà la parola Renzo Ghiotto, che con il nome di battaglia di "Tempesta" fu uno dei "Piccoli Maestri" della formazione partigiana proprio di Giuriolo, con Gigi Meneghello che ne avrebbe reso poi immortali i nomi e le storie, e i tanti altri accanto a loro.
Sono, tutti, eroi della nostra città e della nostra terra.
Ma il loro eroismo non fu individuale, o isolato. Non fu l'eroismo di pochi. Fu l'eroismo di una comunità di uomini e donne che attivamente parteciparono alla Resistenza. La seconda medaglia d'oro al valor militare conquistata dalla città di Vicenza fu conquistata collettivamente, con le azioni e il sacrificio di molti.
La Resistenza fu il risveglio collettivo della coscienza, di una nazione e di un popolo.
È un'eredità che siamo chiamati a onorare ogni giorno.
Perché libertà , quella libertà conquistata a così duro prezzo, non significa farsi semplicemente gli affari propri, non significa sfrenatezza, non significa irresponsabilità .
Libertà significa il contrario: significa prendersi cura delle cose comuni, significa misura e intelligenza, significa responsabilità .
Libertà significa responsabilità .
Come quella manifestata nei giorni scorsi dal Presidente della Repubblica, che ha accettato non senza grande sacrificio personale di continuare ancora a servire il Paese, a servire le istituzioni, a custodire la Costituzione.
Il vecchio Presidente avrebbe potuto dire ai partiti romani: "Non siete stati capaci in due mesi di formare una maggioranza, un governo, di scegliere qualcuno che prenda il mio posto. Problemi vostri! Siete stati eletti voi dai cittadini per fare esattamente ciò che non state facendo, governare. Io ho finito".
Chi avrebbe potuto biasimarlo, a quasi 88 anni, gli ultimi 7 vissuti da Capo dello Stato in alcune delle fasi più turbolente e difficili della storia repubblicana?
E invece Napolitano ha detto, con semplicità : "non posso sottrarmi a questa responsabilità ".
Vedete, la libertà come responsabilità . Come esempio. Come pratica quotidiana.
Siamo circondanti, da troppe parti, da cattivi esempi. Pessimi, più che cattivi. Eppure vediamo anche i segni di un diverso spirito, di un desiderio vero e forte di fare bene, di una voglia di rinascita per il nostro Paese. Li vediamo nel nostro vecchio Presidente fedele a un'idea di dovere antica ma certo non antiquata, o almeno non per noi. E li vediamo nei tantissimi ventenni che si sono candidati quest'anno alle prossime elezioni, per il Consiglio Comunali. Si sono candidati un po' in tutte le liste, e un po' da tutte le parti. Si affacciano alla politica in una delle sue stagioni più buie, quando sembra che la stessa parola sia irrecuperabile, indicibile, quasi un marchio di infamia. E invece questi ragazzi in politica ci vogliono entrare, ma nel senso giusto e vero e nobile della parola: per lavorare a favore della polis, per impegnarsi per la città , per mettere la propria intelligenza e la propria passione al servizio della collettività .
È questo il senso antico di politica: e anche qui, antico, non antiquato. Da qui si dovrà ripartire. Dalla passione e dallo spirito e dalla voglia di mettersi in gioco con gli altri e per gli altri, che scopriamo sui volti di questi nostri ragazzi. Ma che abbiamo già visto tante volte, su tanti volti, in tanti momenti della nostra storia.
Sono le stesse qualità e le stesse facce che avevano i ragazzi che 70 anni fa seppero dire no al regime, alla paura, al conformismo pavido dei più. Erano ragazzi normali, belli e forti e fieri, con gli occhi puri, come tanti dei nostri ragazzi ancora oggi. Ma trovarono nel loro cuore la forza di alzare la testa. Presero le armi. Ripararono in montagna. Si organizzarono. Si diedero nomi di battaglia, come Renzo Ghiotto che è qui accanto a me e che in quella stagione divenne "Tempesta", nome arrembante e guascone per un uomo che conosceva pietà e giustizia. Quei ragazzi divennero Partigiani. Insieme, divennero la Resistenza. Divennero combattenti per la Libertà . E combatterono. E morirono. In azione, o impiccati dal nemico. O sopravvissero, alcuni di loro, fino alla vittoria. Fino al giorno luminoso in cui si poté festeggiare la Liberazione. E poi alcuni di loro, attraverso gli anni a venire, nella ricostruzione del Paese. Nella faticosa edificazione della democrazia. Nello sviluppo e nella crescita tumultuosa. Nell'esercizio delle libertà , nelle battaglie per estendere i diritti civili. E alcuni di loro, così pochi ormai, così dolorosamente pochi, fino ai giorni nostri. Testimoni viventi che ancora parlano al nostro presente. Bellissime e solenni e gigantesche figure che ci invitano alla responsabilità , all'intelligenza, al giudizio, alla dignità , al coraggio, alla libertà .
Figure che ancora oggi ci ricordano, come ce lo ricordano le pagine della storia, della letteratura, della nostra stessa memoria condivisa, che il fascismo fu un male, e che la Resistenza fu riscatto della dignità e dell'anima di un'intera Nazione, fu l'altare civile alla cui giusta causa tante vite vennero immolate, fu il nuovo Risorgimento di un popolo che voleva chiamarsi libero e non più oppresso, fu la più bella e nobile consacrazione di una leva di giovani che mai l'Italia abbia conosciuto.
In tanti, 70 anni fa, morirono per la libertà . Altri videro i loro compagni morire. Oggi, quei morti e quei vivi ancora ci guardano, e con il loro esempio ci ricordano qual è il nostro compito: vivere nella libertà , vivere la libertà , coltivare la libertà , custodire la libertà , e non farcela sequestrare mai più.
Viva la Resistenza!
Viva la Liberazione!
E viva Vicenza!
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