Il cambiamento adesso. O sarà troppo tardi
Lunedi 23 Aprile 2012 alle 23:10 | 0 commenti
Di Anna Maria Bellesia
Tira aria di cambiamento in Francia. "Le changement, c'est maintenant" (il cambiamento adesso): così il candidato socialista Hollande ha scosso i francesi. Al grande comizio del 15 aprile a Vincennes, Hollande ha fatto un discorso convincente, dalla prospettiva ampia, sia storicamente sia verso il futuro. Ha promesso "cambiamento", richiamando i valori storici su cui i francesi hanno costruito la loro identità di popolo e di nazione, e i valori dei "padri fondatori" che hanno costruito l'Europa, nella quale le generazioni precedenti hanno creduto.
Basta, dice Hollande, con una Europa debole e dominata dai mercati e dalla finanza. È il momento della "Renaissance". Se eletto, ha promesso di rinegoziare il recente Trattato di bilancio, non ancora ratificato, per ri-orientare questa Europa che ha perso ogni idealità , si è indebolita, si è allontanata dai popoli e piegata al mercato. "È a noi che appartiene il patrimonio delle nostre scuole, dei nostri servizi pubblici, delle nostre università . Sono un bene comune che non deve appartenere ai mercati". E poi quel richiamo forte all'eguaglianza che è "l'anima della Repubblica", e la promessa di una riforma fiscale in cui ognuno sarà chiamato a contribuire in funzione dei suoi capitali e dei suoi guadagni. "Le changement, c'est maintenant" è lo slogan scelto, quanto mai efficace per suscitare speranze e voglia di cambiare. "Viva la Repubblica, viva la Francia" e l'inno nazionale della Marsigliese chiudono i comizi.
Sembra apparentemente paradossale, ma anche la candidata del Front National di estrema destra, Marine Le Pen, arrivata al terzo posto con quasi il 20%, in campagna elettorale ha usato le stesse parole di Hollande: "rinegoziazione dei trattati europei" ed "Europa dei popoli". Entrambi propongono, fra l'altro, il diritto alla pensione a 60 anni per chi ha maturato la necessaria contribuzione.
Il confronto sorge spontaneo con la nostra Italia, con i personaggi che dovrebbero salvarla, con quelli che l'hanno rovinata, con le ricette messe in atto, col divario abissale fra il paese reale e il mondo della politica. Tra chi paga e chi sperpera.
Per far digerire agli italiani le cosiddette riforme, si ripete il ritornello che "ce lo chiede l'Europa". Nessuno ha mai parlato di "rinegoziazione". Un vero cambiamento è impossibile sperarlo, non c'è un leader in grado di proporlo, e i politici sono in altre faccende affaccendati. I tecnici chiamati a salvare l'Italia non hanno idea di cosa sia vivere con meno di 1.000 euro al mese, né di che cosa sia la precarietà , confusa con la flessibilità . "Che noia il posto fisso" è forse la battuta più infelice di Monti. Quanto alla promessa "equità ", abbiamo visto.
Qual è dunque il problema? Chi è a contatto con la gente sente che la rabbia cresce di giorno in giorno. La nostra ormai pseudo democrazia appare ingessata, la classe dirigente è avviluppata in meccanismi perversi e non sanabili.
Ma se gli italiani non possono neppure intravedere la possibilità di un cambiamento, se non sanno più chi votare, se il massimo del rinnovamento è una grande ammucchiata di incollati alle poltrone o un ritorno al passato invece che un futuro diverso, cosa succederà quando non ne potranno più di essere presi in giro? La storia della Francia ci dice che con iniquità ed esasperazione scoppia la rivoluzione. In tempi non lontani, la ghigliottina faceva cadere tante teste. Di sicuro non tornavano più. Historia est magistra vitae.
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