Il 15 ottobre è già ieri. E domani?
Domenica 16 Ottobre 2011 alle 22:26 | 0 commenti
 
				
		
Di Marco Santopadre, ControPiano.org
E' possibile tracciare un bilancio della manifestazione di ieri di Roma? Ci proviamo. La cronaca della manifestazione vista dai nostri corrispondenti in piazza.
Come era prevedibile il corteo parte alle 13,30, con mezzora di anticipo rispetto all'orario ufficiale di convocazione. Piazza della Repubblica è già piena e anche le strade attorno si riempiono di manifestanti prima del previsto. I romani si aggiungono come di consueto un po' più tardi ma da tutto il paese sono già arrivati a Roma più di 800 pullman. Lo striscione di apertura si muove verso via Cavour, recita ‘Peoples of Europe rise up!' e poi ‘solleviamoci' in varie lingue ma non in italiano.
Subito dopo un vago ‘Cambiamo l'Europa per cambiare l'Italia' e gli  spezzoni che il "coordinamento 15" ottobre ha deciso di sistemare in  testa. Sotto un sole caldo e in un'atmosfera festosa sfilano i No Tav  della Val di Susa, i No Ponte, centinaia di aquilani con le bandiere  italiane e quelle della città. ‘L'acqua non si vende, l'acqua si  difende' gridano un migliaio di attivisti dei vari comitati per l'acqua  pubblica, mentre un po' più dietro un gruppo di giovani preferisce ‘Non  ci rappresenta nessuno'. Ancora un po' più in là altri ancora se la  prendono coi partiti e coi sindacati confederali. Non mancano slogan più  in linea con la giornata internazionale di ieri come ‘noi la crisi non  la paghiamo' e le parole d'ordine contro il pagamento del debito. La  testa del corteo corre, sembra aver fretta e presto arriva al Colosseo, gli  spezzoni più indietro faticano a starle dietro, mentre Piazza della  Repubblica rimane intasata di gente che fino a tre ore dopo l'orario di  partenza non riesce a muoversi e a cominciare a sfilare. Poi  all'improvviso il primo episodio che rompe il clima ameno e festoso: un  gruppo di incappucciati assalta il supermercato ‘Elite' in Via Cavour:  segnali stradali usati come arieti per togliere di mezzo le serrande,  qualche calcio e l'ingresso è libero, gli incappucciati entrano. E poi  rientrano dentro il fitto serpentone che continua a sfilare più o meno  regolarmente. Ma si capisce già che la giornata sarà più lunga del  previsto e che molti manifestanti, anche giovani, non gradiscono gli  atti di sanzionamento e di sabotaggio che per tutto il percorso  colpiscono banche, agenzie interinali, automobili e mezzi della Polizia e  dei Carabinieri. Mentre via Cavour è un fiume di gente fitto fitto, in  fondo si alza una colonna di fumo nero. Poco dopo le fiamme si levano da  alcune auto date alle fiamme a pochi metro da Largo Corrado Ricci dove  si accalcano fotografi e cameramen. E' proprio in questo punto che si  capisce che la presenza degli incappucciati è massiccia e organizzata.  Sfilano decine e decine di cordoni di ragazzi e di ragazze vestiti di  nero con la faccia coperta e gli zaini pieni di ‘attrezzi del mestiere'.  Qualcuno gli si avventa contro, li accusa di rovinare la  manifestazione. A chi li contesta rispondono ‘andatevene a casa' o  ‘borghesi'. La tensione è alta e qualche macchina fotografica finisce in  pezzi. Poi il clima ritorna più o meno sereno, quando a centinaia fanno  irruzione del Museo del Foro Romano per "riappropriarsi di una cultura e  di un patrimonio messo in vendita". Ma poi arriva l'eco di esplosioni  forti, a via Labicana le fiamme si levano da una sede del Ministero  della Difesa e da alcune automobili. Dal camion della Confederazione  Cobas si accusano i ‘black block' di essere dei fascisti, dei violenti  senza senso, li si invita a scoprirsi la faccia e di andarsene. Ma la  guerriglia non si ferma, anzi. A via Merulana i primi fronteggiamenti  con la polizia e i carabinieri che fino a quel momento non si erano  granché visti, troppo impegnati a blindare tutto il centro della  capitale che la Questura, con l'accondiscendenza delle organizzazioni  promotrici legate al centrosinistra, ha deciso di proibire ai  manifestanti. All'angolo con viale Manzoni i primi scontri, con le  volanti e i furgoni della Polizia che si lanciano a tutta velocità  contro le barricate che gli incappucciati hanno approntato con fioriere e  cassonetti. I lacrimogeni inondano tutte le strade attorno a Piazza San  Giovanni che si è già riempita e dove sono cominciati i primi  interventi. Improvvisamente la situazione degenera e gli scontri  violentissimi si spargono in tutto il quartiere fino a quando alcune  migliaia di incappucciati ingaggiano la battaglia finale con la Polizia a  due passi dalla Basilica. Una battaglia che dura per ore, mentre il  resto dei manifestanti cercano di allontanarsi bloccati da cordoni di  polizia e carabinieri che incredibilmente sigillano la piazza impedendo  il deflusso di chi cerca di sfuggire agli scontri. E mentre gruppi di  giovani prendono di mira le camionette dei Carabinieri - su una, data  alle fiamme, qualcuno scrive ‘Carlo Vive' - alcuni chilometri più  indietro le forze politiche, sociali e sindacali reduci dall'assemblea  nazionale contro il pagamento del debito del 1° ottobre decidono di  deviare dal percorso ufficiale. Per evitare di portare decine di  migliaia di manifestanti in mezzo al cul de sac di San Giovanni, ma  anche per segnare una distanza politica da come sono andate le cose  prima e durante questa grande manifestazione.
I camion e gli spezzoni  di Roma Bene Comune, dell'USB, della Rete 28 aprile, di parecchi centri  sociali della capitale e di altre città, di Sinistra Critica, della  Rete dei Comunisti e di altre forze della sinistra imboccano viale  Aventino e poi, a Piramide, il corteo si scioglie. Da San Giovanni  tramite le radio di movimento, arrivano notizie gravissime: decine di  feriti nelle cariche e nei caroselli dei blindati lanciati a tutta  velocità contro i manifestanti, blindati in fiamme, cariche contro un  gruppo di ‘pacifisti' che cercano di frapporsi con le mani alzate tra i  celerini e gli incappucciati (!). Si comincia a parlare dei primi  arrestati, poi gli incappucciati si ritirano ordinatamente verso Piazza  Vittorio: qui altri scontri con la Polizia che blinda l'accesso a Casa  Pound per timore che la sede neofascista venga assaltata. Il corteo dei  centri sociali passa a Termini, poi a Castro Pretorio e poi ancora nelle  strade di San Lorenzo già affollata per la movida del sabato sera.
A  decine di migliaia i manifestanti raggiungono i pullman che li  riporteranno a casa. Molti hanno l'amaro in bocca per ‘la manifestazione  rovinata dai violenti'. In un bar a due passi da Circo Massimo  affollato di manifestanti una tv manda in onda il TG3. Il TG targato PD  segue il solito copione: da una parte i teppisti, i violenti, dall'altra  i pacifici e buoni manifestanti che hanno addirittura applaudito le  forze dell'ordine. Nessun accenno alle cariche indiscriminate contro i  manifestanti, a quelli presi sotto i blindati lanciati contro la folla,  agli arresti arbitrari. Gli avventori del bar seguono in silenzio, ma  quando compaiono le immagini degli scontri di San Giovanni e della  camionetta dei Carabinieri assaltata e data alle fiamme qualcuno sembra  apprezzare, mentre la disapprovazione emerge quando il TG3 racconta la  solidarietà di Mario Draghi agli indignati. Fuori a centinaia discutono,  i capannelli sono animati: il commento più comune è che all'indomani i  giornali e le tv controllate da Berlusconi getteranno fango sui  manifestanti definendoli violenti, incapaci di manifestare  pacificamente. Ma qualcuno non è d'accordo: gli scontri hanno rotto le  uova nel paniere soprattutto a quelle forze politiche del centrosinistra  che hanno vissuto il corteo come una spallata a Berlusconi in vista  dell'insediamento di un governo di centrosinistra. La discussione  continua per tutta la serata fino a tarda notte tra le strade e i locali  della movida di San Lorenzo e oscillerà sempre tra questa ambivalente  valutazione.
Quattro-cinquecentomila manifestanti, 90 feriti e una  decina di arrestati: il 15 ottobre è già ieri. Ma da domani il problema  di come canalizzare la rabbia diffusa in forme politiche di conflitto e  di organizzazione sarà al centro della riflessione di quelle realtà  politiche e sindacali che non si accontenta delle sfilate ma neanche  della ritualità del ‘fuoco purificatore'.
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